Via dei Prefetti

via dei prefetti

Via dei Prefetti (nella foto sopra) prende il nome dalla chiesa che qui sorge, S.Nicola dei Prefetti, detta anche S.Nicolino per la sua ridotta dimensione. L’origine del suo nome risulta ancora piuttosto incerto: una tesi vuole che derivi dalla giurisdizione che il Prefetto in carica avesse sulla chiesa, mentre un’altra tesi vuole che derivi dalla vicinanza della chiesa con il palazzo della famiglia de Vico (sul luogo dell’attuale Palazzo di Firenze), che a lungo esercitò la Prefettura di Roma come carica ereditaria, tanto da poter utilizzare il titolo di Prefetti per cognome del casato, i Prefetti de Vico. Probabilmente il primo membro fu Giovanni Maledictus, che ottenne l’investitura direttamente dall’imperatore Federico I nel 1167, mentre l’ultimo fu Giacomo, decapitato nel 1435 presso la rocca di Soriano.

s.nicola dei prefetti
1 S.Nicola dei Prefetti

La chiesa (nella foto 1), secondo la tradizione, risale ai tempi del pontefice Zaccaria (741-752), ma la prima menzione risale al 1186, in una bolla di Urbano III, e successivamente, nel 1192, nel Liber censuum ecclesiae romanae del cardinale Cencio Savelli (o Cencio Camerario, poi Onorio III) con il titolo di S.Nicolao Praefecti. Nelle sue vicinanze sorse la prima dimora dell’Ordine dei Chierici Regolari (o Teatini), fondato nel 1524 da S.Gaetano da Thiene, al quale Clemente VII affidò la chiesa fino al 1527. Nel 1567 Pio V concesse la chiesa ai Padri Domenicani di S.Sabina, i quali ristrutturarono l’edificio inglobandolo nella costruzione del nuovo convento: questi lavori, iniziati nel 1582 e proseguiti a più riprese fino al 1730, cancellarono definitivamente il carattere medioevale della chiesa antica. Nel 1848 S.Nicola fu ceduta alla Confraternita del Ss.Crocifisso Agonizzante che provvide, su progetto del confratello Paolo Belloni, alla trasformazione del presbiterio ed alla nuova decorazione interna. La facciata, posta tra le due ali del convento, si presenta ad ordine unico tra lesene corinzie, al centro delle quali apre un bel portale con timpano curvo fiancheggiato da tre finestre per lato disposte su tre piani. In alto, il grande timpano triangolare con cornice spezzata presenta un medaglione in stucco raffigurante il Beato Pio V, mentre sull’attico soprastante è situata la croce fiancheggiata da quattro vasi fiammeggianti in travertino. L’interno, ad aula rettangolare con volta a botte, presenta due altari per parte, mentre il profondo presbiterio quadrato è coperto con volta a crociera. La chiesa conserva una Sacra Immagine della Vergine del XVII secolo, precedentemente situata presso un botteghino del Lotto posto nelle vicinanze, denominata “Mater Misericordiae”, che divenne famosa nel 1796 quando fu vista muovere gli occhi e piangere a causa dell’invasione francese nello Stato Pontificio, insieme ad altre Immagini Sacre quali la Madonna dell’Arco dei Pantani, la Madonna dell’Archetto, la Madonna della Provvidenza, la Madonna del Rosario o la Madonna Addolorata. L’evento causò inevitabilmente un enorme afflusso di devoti che mise in crisi la viabilità della zona per cui fu deciso di trasferire la Vergine all’interno della chiesa di S.Nicola.

palazzo valdina cremona
2 Palazzo Valdina Cremona

Al civico 17 di Via dei Prefetti è situato Palazzo Valdina Cremona (nella foto 2), o quanto rimane del grande palazzo che un tempo occupava tutto l’isolato tra piazza di Firenze, via di Campo Marzio ed il vicolo che ha preso il nome appunto dai Valdina. Il palazzo rimase integro fino alla metà del Settecento, quando le vicende edilizie della zona ne determinarono la demolizione di circa tre quarti. La facciata attuale è piuttosto modesta, con tre piani e bugnatura d’angolo rimaneggiata nell’Ottocento, quando si ebbe anche la sopraelevazione con terrazza. Al pianterreno apre un portale rettangolare bugnato, sulla destra del quale una targa ricorda che “QUESTA CASA ABITÒ DAL XX FEBBRAIO MDCCCXXX (20 febbraio 1830) AL V GENNAIO MDCCCXXXI (5 gennaio 1831) SAMUELE FINLEY BREESE MORSE INVENTORE DEL TELEGRAFO ELETTRO-MAGNETICO SCRIVENTE”.

lapide in distici latini a via dei prefetti
3 Lapide in distici latini

Degna di nota è sicuramente la deliziosa lapide in distici latini (nella foto 3) situata nel breve androne del palazzo: questa lapide originariamente era situata sopra una fontanella (ormai scomparsa) posta all’angolo tra via dei Prefetti e via della Lupa, toponimo derivante appunto dalla fontana costituita da una testa di lupo, emblema araldico della famiglia dei Capilupi, proprietari del palazzo al quale la fontana si appoggiava. La lapide così recita: “LAC PUERIS LUPA DULCE DEDIT NON SAEVA GEMELLIS SIC VICINE LUPUS DAT TIBI MITIS AQUAM QUAE FLUIT ASSIDUE QUAE LACTE EST DULCIOR IPSO PURIOR ELECTRO FRIGIDIORQUE NIVE HINC IGITUR LYMPHAS BENE TERSA SEDULUS URNA ET PUER ET IUVENIS PORTET ANUSQUE DOMUM FONTICULO PROHIBENTUR EQUI PROHIBENTUR ASELLI NEC CANIS HINC FOEDO NEC CAPER ORE BIBIT MDLXXVIII”, ossia “Come la lupa mansueta diede ai gemelli dolce latte, così il lupo, fattosi mite, qui presso ti dà l’acqua che scorre perennemente e che è più dolce dello stesso latte, più pura dell’ambra, più fredda della neve. Perciò da qui portino a casa l’acqua nell’anfora ben pulita i ragazzi, i giovani e le donne anziane. È proibito bere a questa fontanella ai cavalli e agli asini; e neppure il cane e la capra vi bevano con il lurido muso – 1578“.

fontana nel cortile a via dei prefetti
4 Fontana nel cortile

Dopo l’androne si apre un piccolo cortile nel quale, addossata ad una parete, è situata una fontanina (nella foto 4) composta da una vasca semicircolare sovrastata da una struttura dalla quale l’acqua fuoriusciva da una bocchetta. Al centro di questa struttura è murata una lapide, quasi illeggibile, che così recitava: “SIT PROCUL A NITIDIS VITRO CERTANTIBUS UNDIS DEXTERA QUAE HUMANO SANGUINE TINCTA RUBET SIT QUOQUE LINGUA PROCUL QUAE NIGRO INFECTA VENENO VIBRAT IN AETERNUM SPICULA SAEVA DEUM IMPURO NON ORE LICET MANIBUSQUE CRUENTIS VIRGINEI PURAM SUMERE FONTIS AQUAM MDLXXVIII”, ovvero “Da queste chiare acque che competono con il vetro per la trasparenza, sia lontana la mano che è rossa perché macchiata di sangue umano. Sia pure lontana la lingua che, infetta di nero veleno, scaglia crudeli dardi contro Dio Eterno. Non è permesso prendere la pura acqua di questa Fonte Vergine con bocca impura e mani insanguinate 1578”.