Via della Croce

via della croce

L’origine del nome di questa via è stato oggetto di interpretazioni diverse. Abbandonate le spiegazioni che ne vedevano l’origine dalla sua forma di grande croce o dalla famiglia Croce, possiamo senza dubbio accettare la tesi che ne prevede l’origine dalla croce posta a capo della strada, dal lato della chiesa dei Ss.Ambrogio e Carlo al Corso, come si deduce dalle “Taxae Viarum” del 18 luglio 1567, nelle quali si legge: “strada diretta di S.Ambrogio dove era la croce, per andare alla Trinità a mano dritta”. Aggiungiamo che, in un antico documento (l’atto Palmerio del 1579) è detta “strada della Croce della Santissima Trinità”. Gregorio XIII la fece selciare l’anno dopo (1580) ma il suo tracciamento si deve far risalire al periodo fra il 1529 ed il 1543. Via della Croce era vista come mezzo di collegamento tra il Campo Marzio e la chiesa della Trinità dei Monti e, in conseguenza di tale importanza, regolava la costruzione delle altre strade fra la “via Lata” e via del Babuino dopo la cessione delle terre possedute dal Monastero di S.Silvestro in capite, cessione che formò un insieme di isolati quadrangolari risultanti dai tracciati delle vie e dai confini imposti dalle proprietà. La via fu anche sede, nel Seicento, degli artisti fiamminghi, che, prima di scoprire via Margutta, soggiornarono nella via. Anche nel Settecento la via fu meta di stranieri che, volendo soggiornare per alcuni mesi a Roma, venivano ad abitare nella via, sia per i costi più alti degli alberghi nelle adiacenti vie dei Condotti o del Babuino, sia perché gli abitanti di via della Croce mettevano a loro disposizione le proprie modeste case ammobiliate. La via non è ricca di palazzi di notevole valore artistico, ma, ciononostante, presenta alcuni aspetti interessanti.

palazzo dei telamoni su via della croce
1 Palazzo dei Telamoni

Al civico 70 è situato il cosiddetto Palazzo dei Telamoni (nella foto 1) per la presenza di questo tipo di sculture che affiancano il solenne portale, sul cui architrave poggia una finestra con ampie volute. In realtà questi telamoni, opera di Pietro Bernini, padre di Gian Lorenzo, rappresentano “Ercole ricoperto dalla pelle del leone Nemeo” da lui ucciso in una delle sue mitiche fatiche. Il palazzo fu costruito nel Seicento come ospizio e poi trasformato in ospedale. Sviluppa su tre piani con nove finestre ciascuno, architravate al primo, decorate con stucchi al secondo, incorniciate al terzo. A coronamento un cornicione a dentelli, sopra il quale si trova una sopraelevazione ottocentesca con ampio terrazzo.

palazzo poniatowsky
2 Palazzo Poniatowsky

Al civico 78 troviamo Palazzo Poniatowsky (nella foto 2), costruito nel 1794 da Giuseppe Valadier per il principe polacco Stanislao Poniatowsky, inglobando tre edifici limitrofi appositamente acquistati. Questo palazzo fu chiamato “er grisino” per la sua forma rettangolare stretta su via della Croce, ma con i lati lunghi fino a raggiungere via Vittoria. Autentica dimora principesca, ospitava lo studio e l’appartamento del principe, il personale domestico costituito da un esercito di cuochi, maggiordomi e cocchieri, oltre ad una corte di ben 40 persone.

sarcofago nel cortile di palazzo poniatowsky
3 Sarcofago nel cortile di Palazzo Poniatowsky

Il cortile sembra un piccolo, curato museo di antichità romane, con tanto di copie e reperti archeologici, oltre ad una graziosa fontana che per vasca presenta un sarcofago originale di epoca romana (nella foto 3). Tra il 1811 ed il 1813 frequentò questo palazzo anche il giovane Giuseppe Gioachino Belli, assunto dal principe con “titolo e funzione di segretario”, che poi fu costretto a lasciare l’incarico a seguito di un presunto rapporto amoroso con la compagna del principe, la bella popolana Cassandra Luci, ribattezzata Caterina. Nel 1824 il principe decise di trasferirsi a Firenze e così vendette il palazzo che, dopo vari passaggi di proprietà, fu acquistato da Teresa Boncompagni, la quale fece sopraelevare l’edificio su via Mario de’ Fiori, lo suddivise in singoli appartamenti e poi lo rivendette, cosicché la principesca dimora perse la sua aristocraticità.