Porto Leonino

porto leonino

Il Porto Leonino (nella foto sopra) era situato a valle dell’attuale ponte Principe Amedeo e prese il nome da Papa Leone XII che nel 1827 fece costruire questo piccolo approdo adibito allo scarico delle merci destinate al Vaticano, a definitiva sostituzione dell’antico “Porto dei Travertini“, cosiddetto perché divenne punto fondamentale per i travertini scaricati sulle sue banchine ed utilizzati per la costruzione della basilica di S.Pietro. Il Porto Leonino era situato sulla riva destra del fiume, all’altezza di via della Lungara, quasi dinanzi a palazzo Salviati, con due rampe convergenti che discendono fino alla sottostante banchina. La costruzione del Porto Leonino comportò la rimozione della cosiddetta Fontana dell’Acqua Lancisiana, un’acqua proveniente da una fonte sul Gianicolo, che fu scoperta nel XVI secolo dal medico Alessandro Trajano Petroni. Le proprietà terapeutiche di quest’acqua furono molto apprezzate dal medico di papa Clemente XI, Giovanni Maria Lancisi, il quale, rilevatane l’importanza e l’utilità, negli anni tra il 1714 ed il 1719 la fece incanalare e condurre in parte all’interno dell’Ospedale S.Spirito per uso dei degenti ed in parte all’esterno dell’edificio ad uso della popolazione.

fontana dell'acqua lancisiana
1 Fontana dell’Acqua Lancisiana

A tale scopo venne realizzata una fontana ed i lavori di sistemazione furono diretti da Egidio Maria Bordoni: una lapide commemorativa sovrastava la fontana che venne inaugurata nel 1720. La fontana divenne nota come Fonte Lancisiana, dall’archiatra Lancisi che la fece realizzare, e per la stessa ragione l’acqua denominata Acqua Lancisiana. La costruzione del porto e l’ampliamento del Manicomio di S.Maria della Pietà esistente sulla retrostante via della Lungara, il cui muro di cinta finì a ridosso della fontana, ne determinarono la chiusura: le proteste dei romani furono talmente forti che nel 1830 papa Pio VIII fu quasi costretto a ripristinare l’Acqua Lancisiana commissionando una fontana (nella foto 1) costituita da una conca di marmo sovrastata da un mascherone realizzato nel 1593 da uno scalpellino, Bartolomeo Bassi, probabilmente su disegno di Giacomo Della Porta e proveniente da un abbeveratoio nel Foro Romano

mascherone del porto leonino
2 Mascherone

La costruzione del ponte dei Fiorentini nel 1863 determinò la distruzione del Porto Leonino e la costruzione dei muraglioni del Tevere nel 1897 la fine della fontana, con il mascherone (nella foto 2) inizialmente parcheggiato in un deposito comunale e poi, nel 1936, sistemato in piazza Pietro d’Illiria, a sinistra dell’ingresso al Parco degli Aranci, ad ornamento di un’altra elegante vasca di granito egizio.

fontane al porto leonino
3 Nicchia con fontanella e lapide

Fu deciso inoltre di salvare la fonte e di suddividerla in due “rami” sistemati in altrettante nicchie identiche e simmetriche incassate nel muraglione di arginatura del fiume (una delle quali nella foto 3) e coronate da una semplice cornice. Ciascuna nicchia fu fornita di una doppia bocca da cui l’acqua si riversava nelle sottostanti vasche rettangolari modanate ed ognuna sormontata da un’iscrizione con lo stemma papale di Clemente XI (nella foto 3) e di Pio VIII (nella foto 4.

targa al porto leonino
4 Targa e stemma di Pio VIII Castiglioni

Una ricorda i lavori eseguiti nel 1720 (nella foto 3) e l’altra il restauro del 1830 (nella foto 4) e così, rispettivamente, recitano: “CLEMENS XI P.M. AQUAM SALUBERRIMAM TEMPORIS INIURIA ITA DISPERSAM UT EIUS VESTIGIUM IN RIPA TIBERIS VIX EXTARET NOVO DUCTU PLUMBEISQ. COERCITAM TUBIS EXTRUCTO FONTE MOLLITO ADITU PUBLICO USUI COMMODIOREM UBERIOREMQUE RESTITUIT ANNO SALUT. MDCCXX PONTIFIC. XX APIΣTON MEN YΔΩP”, ovvero “Clemente XI Pontefice Maximo, l’acqua saluberrima andata dispersa per le ingiurie del tempo, cosicché appena venne fuori la sua presenza sulla riva del Tevere, collegata una nuova conduttura con tubi di piombo, costruita una fonte con facile accesso, restaurò per pubblica utilità più comoda ed abbondante nell’anno della salvezza 1720, 20° del suo Pontificato – “Àriston men hýdōr”, che in greco significa “L’acqua è comunque la cosa più grande”. L’altra targa (nella foto 4): “RIVUM AQUAE CUI CAPUT IN VATICANO MONTE BONITATE CAETERIS IN URBE PRAECELLENTEM A CLEMENTE XI P.M. RIPAM USQUE TIBERIS PRIMUM DEDUCTUM PIUS VIII P.M. OB PROLATAS NOSOCOMII AEDES ADITU INTERCLUSO FIRMIORI DUCTU ET AMPLIORI MODULO USUI TRANSTIBERINAE REGIONIS EXTRUCTO FONTE RESTITUIT AN MDCCCXXX ANTONIO GIOIA MAGISTRO GEN S.SPIRITUS ALOYSIO LANCELLOTTO CUR VIAR ET AQUAR“, ovvero “Il rivolo d’acqua, la cui sorgente (è) nel Monte Vaticano, eccellente per qualità più di altre in città, da Clemente XI Pontefice Maximo condotta per la prima volta fino alla riva tiberina, Pio VIII Pontefice Maximo, interrotto l’ingresso a causa dell’ampliamento delle case dell’ospedale, restaurò con una condotta più stabile e con una tubazione più grande, fonte costruita ad utilità della regione transtiberina, nell’anno 1830 Antonio Gioia Commendatore di S.Spirito, Aloysio Lancellotti Presidente delle Strade e delle Acque”. Purtroppo la seconda targa contiene un errore in quanto afferma che la sorgente dell’acqua Lancisiana aveva origine dal colle Vaticano mentre è noto che proveniva dal Gianicolo. Nel 1950 il flusso idrico della fonte venne interrotto per “sospetto inquinamento” e così le cannelle dell’Acqua Lancisiana, mute ed abbandonate, le due nicchie con le iscrizioni e le due rampe convergenti che conducono al greto del Tevere costituiscono oggi tutto ciò che rimane di questo pezzo di Roma antica.