La chiesa di S.Bibiana (nella foto sopra), situata in Via Giovanni Giolitti, ha origini antichissime: secondo il “Liber Pontificalis” fu consacrata da Papa Simplicio nel 468 sui resti di 11.266 martiri, anche se la leggenda vuole che la chiesa sia stata costruita nel 363, per volere della matrona Olimpina Flaviana, sulla casa di S.Bibiana, dove la santa fu anche seppellita dopo essere stata flagellata a morte durante la persecuzione avvenuta sotto il regno di Giuliano l’Apostata. Nel VI secolo la chiesa era affiancata da un cimitero e la località era conosciuta come “ad ursum pileatum“, forse dall’insegna di una bottega sulla quale vi era riprodotto un orso con un elmo in testa. La chiesa fu riedificata da Papa Onorio III nel 1224 ma poi fu totalmente rinnovata da Gian Lorenzo Bernini nel 1626 su commissione di Papa Urbano VIII. La facciata fu la prima opera di architettura dell’artista: timpano spezzato e balaustre, vani rincassati e portico le conferiscono una dinamica chiaroscurale che, in origine, doveva trovare il proprio culmine luminoso in un grande stemma (oggi scomparso) di Urbano VIII, collocato al centro dell’attico. In occasione di questo rifacimento venne anche demolito il monastero fatto costruire da Onorio III accanto alla chiesa ed occupato per quasi due secoli dalle suore. L’atrio, aperto lateralmente con due arcate, presenta una copertura a botte e tre ingressi, due laterali molto semplici ed uno centrale, sormontato da un timpano spezzato con stemma e da un’iscrizione che ricorda il restauro voluto da Urbano VIII: “URBANUS PAPA VIII AN(NO) SAL(UTIS) MDCXXV“, ovvero “Papa Urbano VIII nell’Anno di Salvezza 1625”.

Ai lati dell’ingresso centrale vi sono due iscrizioni (nella foto 1): a sinistra vi è murata un’epigrafe in lingua latina ma in caratteri gotici di età medioevale (probabilmente del XII secolo) che ricorda il convento ed il cimitero precedentemente adiacenti alla chiesa, mentre sulla destra vi è un’epigrafe del XVII secolo che, traducendo la lapide di sinistra, racconta i momenti principali della costruzione e così recita: “IN QUESTA CHIESA DI S.BIBIANA VERGINE E MARTIRE UNITA DA EUGENIO IV PONTEFICE DEI PONTEFICI ALLA SACROS PATRIARCHALE BASILICA LIBERIANA DI S.MARIA MAGGIORE L’ANNO 1439 E NEL SUO CIMITERIO CHIAMATO DI S.ANASTASIO I PONTEFICE DEI PONTEFICI AD URSUM PILEATUM OVE RIPOSANO UNDECI MILA DUCENTO SESSANTA SEI CORPI DE MARTYRI SENZA FANCIULLI E DONNE CON QUELLO DEL MEDESIMO SANTO PONTEFICE E DEL SUO SUCESSORE S.INNOCENZO I HAVENDOLO AMPLIATO E RISTORATO VI È L’INDULGENZA MASSIMA CIOÈ PLENARIA PRINCIPALMENTE LA FESTA DI TUTTI LI SANTI SINO ALL’OTTAVA DE MORTI”.

Appena oltrepassato l’ingresso, sulla sinistra, protetta da una grata in ferro, si trova il tronco della colonna alla quale S.Bibiana fu legata per essere flagellata a morte (nella foto 2): la colonna appare consumata dal tempo ma anche dal raschiamento di coloro che un tempo ne asportavano la polvere per berla disciolta nell’acqua del pozzo che sorgeva nell’orto adiacente, insieme all’erba che cresceva sul terreno bagnato dal sangue della martire, così da ottenere una pozione alla quale si attribuiva un potere altamente taumaturgico.

L’interno (nella foto 3) è suddiviso in tre navate da una doppia fila di colonne antiche di granito rosso-grigio ed in marmo bianco, sormontate da capitelli di stile composito e corinzio: le pareti conservano affreschi di Agostino Ciampelli e di Pietro da Cortona.

Sull’altare maggiore Gian Lorenzo Bernini pose la statua in marmo bianco di S.Bibiana (nella foto 4), la prima figura completamente vestita scolpita dall’artista: la santa è ritratta presso la colonna alla quale fu legata nel martirio, con la mano destra sollevata, la sinistra, ripiegata sulla gamba destra, che regge la palma del martirio, la testa un po’ reclinata e lo sguardo che si perde nella visione celeste. Il ciuffo d’erba ai piedi della statua allude alla cosiddetta “erba di Santa Bibiana” (eupatorium cannabinum), una sorta d’erba medica di canapa. I resti della Santa, insieme a quelli di sua madre Dafrosa e di sua sorella Demetria, che insieme a lei patirono il martirio, sono conservati sotto l’altare in una preziosa urna di alabastro risalente all’epoca di Costantino.
Nella sezione Roma nell’Arte vedi:
S.Bibiana di G.B.Falda