Piazza della Suburra ricorda il nome di un popolare e malfamato quartiere di Roma antica, la “Subura“, che si estendeva dalla zona a ridosso dei Fori Imperiali fino alla “Porta Esquilina“, nella valle compresa tra Quirinale, Viminale ed Esquilino, attraversata dall’asse viario Argiletum – Clivus Suburanus (ripetuto dalle odierne vie di Madonna dei Monti – Leonina – in Selci – S.Martino ai Monti). La “Subura” era divisa in due zone: la “Subura maior“, vicina ai Fori Imperiali e più animata, affollata, rumorosa e pericolosa, era caratterizzata da una fitta e diffusa presenza di case popolari e di botteghe artigiane e commerciali, mentre la “Subura minor“, situata sulle pendici del “Fagutal” (la punta occidentale, dove è situata la chiesa di S.Pietro in Vincoli), dell’Oppius (il Colle Oppio, ovvero il settore meridionale, dove sono le Terme di Tito e di Traiano) e del “Cispius” (la zona settentrionale, dove oggi vi è la chiesa di S.Maria Maggiore), nelle zone più alte e salubri quindi, era caratterizzata dalla presenza di case signorili, come testimoniano il “Vicus Patricius” e il “Vicus Cyspius“, dove abitavano senatori, nobili signori ma anche sede di librai, biblioteche e gente colta. Il nome “Subura” deriva dal termine latino “sub urbe“, ossia “sotto la città”, ad indicare la parte bassa della città rispetto al nucleo originario posto sopra il Palatino: ricordiamo che all’epoca il livello stradale era molto più basso di quello attuale e quindi il dislivello tra la “Subura” ed il Palatino era ancora più accentuato rispetto ad oggi.
In Piazza della Suburra è situata un’edicola (nella foto in alto sotto il titolo), posta all’angolo dell’edificio adiacente alla stazione della Metropolitana, che ricorda la scomparsa chiesa di “S.Salvatore alle Tre Immagini” ed il restauro che ne curò Stefano Coppo, delegato apostolico al tempo di Alessandro VI (1492-1503).
La parte superiore dell’edicola (nella foto 1) è costituita da una lapide dove troneggia il nome di “ALEXANDRO VI PONT MAX“, ovvero “Alessandro VI Pontefice Maximo”, a cui segue un’altra lapide con la scritta “SUBURA” sormontata da una corona. Sotto è situato uno stemma abraso sormontato dalla scritta “OB MAIESTATEM”.
Segue l’iscrizione commemorativa vera e propria (nella foto 2) che così recita: “AEDICULAM SALVATORIS TRIUM IMAGINUM SUBURANI AMBITUS REG MONTENSIUM NEMEMORIA INTERIRET STEPHANUS COPPUS GEMINIANENSIS S IMPEN IN CULCTIOREM FORM REDEGIT AEDITUOQ ANNUOS SUMPTUS PERPETUO CONSECRAVIT“, ovvero “Stefano Coppo di S.Gimignano a sue spese portò in una forma più elegante l’edicola del Salvatore alle Tre Immagini alla Subura nella regione dei Monti affinché non ne perisse la memoria e (la) consacrò in perpetuo stabilendo spese annuali”.
Lo stemma Coppo (nella foto 3), una coppa con fiore nascente tra due stelle, conclude in basso l’edicola, che originariamente era situata, quindi, davanti alla chiesa di “S.Salvatore alle Tre Immagini” (così denominata per le Tre Immagini raffiguranti la Trinità che erano poste sul portale della chiesa) che si ergeva presso la scalinata di S.Pietro in Vincoli ma posta sotto la giurisdizione della chiesa di S.Francesco da Paola, e distrutta nel 1884 nell’ambito dei lavori per l’apertura di Via Cavour.