La chiesa di S.Agata dei Goti, detta anche “in Subura” (per la vicinanza alla Suburra) o “in Monasterio” o “de Caballo” (per la vicinanza a Montecavallo), fu fondata nel V secolo da Flavio Ricimero, console dell’Impero d’Occidente. La chiesa è dedicata alla Santa nativa di Catania, sicuramente una delle martiri più famose dell’antichità cristiana: la tradizione narra che S.Agata fu denunciata come cristiana da un suo corteggiatore respinto, il console Quinziano, durante la persecuzione dell’imperatore Decio nel 251 e di conseguenza arsa viva. L’anno dopo la sua morte l’Etna eruttò molta lava e minacciò di distruggere Catania. Allora gli abitanti recarono il velo candido della fanciulla dinanzi al magma infuocato ed il vulcano si arrestò. Sin dal V secolo la chiesa di S.Agata divenne un centro di raduno della comunità gotica di Roma, la quale propagava il culto ariano da essa professato: soltanto nel 593 la chiesa venne consacrata da Gregorio Magno alla comunità cattolica con il titolo di “S.Sebastiano e S.Agata“. Fu restaurata sotto papa Leone III (795-816) e probabilmente fu proprio in questa occasione che venne costruito il monastero benedettino, i cui ultimi resti medioevali andarono distrutti nel 1926 per la costruzione della Banca d’Italia. La facciata (nella foto in alto sotto il titolo), incastrata tra due corpi di fabbrica dell’antico monastero ed eretta nel 1633 da Domenico Castelli, è costituita da un ordine unico con due coppie di paraste.
Il portale d’ingresso è sormontato da un rilievo in stucco (nella foto 1) raffigurante “S.Agata tra due cherubini“, opera di Francesco Ferrari del 1729.
Dal portale si accede, tramite una doppia rampa di scale, ad un quadriportico (nella foto 2), situato ad un livello inferiore rispetto alla strada e con un museo lapidario, al centro del quale si trova un bel pozzo cinquecentesco con la scritta “SEMPER” ed uno stemma mediceo: ciò fa ritenere che fu costruito proprio in occasione della visita di Clemente VII de’ Medici al cardinale rettore della chiesa Nicolò Ridolfi, suo nipote.
L’interno di S.Agata dei Goti (nella foto 3) conserva in parte la struttura del V secolo, con aggiunte barocche ed ottocentesche: a tre navate, è divisa da arcate su 12 colonne (originariamente erano 16 ma 4 furono poi murate per chiudere le ultime due arcate) con capitelli ionici. Al centro della navata centrale si può ancora ammirare parte del bellissimo pavimento cosmatesco, risalente alla seconda metà del Quattrocento e realizzato per volontà del cardinale Francesco Gonzaga. Sull’altare maggiore si trova un ciborio cosmatesco del XII secolo con quattro colonnine in pavonazzetto con decorazioni cosmatesche e copertura a tempietto. Nel catino absidale è situato l’affresco raffigurante la “Gloria di S.Agata” di Paolo Gismondi del 1636, che sostituì l’antico mosaico del V secolo raffigurante “Cristo Giudice” andato distrutto nel XVI secolo a causa del crollo absidale.
L’altare di S.Agata fu voluto dal cardinale Podocataro nel 1504: al centro è situata una statua in legno della Santa (nella foto 4) di anonimo del XVIII secolo. Nel 1579 papa Gregorio XIII concesse chiesa e monastero ai monaci di Montevergine, che nel 1729 riedificarono dalle fondamenta il monastero; nel 1809 i monaci lasciarono la chiesa, che divenne scuola delle Maestre Pie Filippine e quindi sede del Collegio Irlandese per volontà di Gregorio XVI. Tra il 1925 ed il 1933 il monastero benedettino fu demolito per i lavori di ampliamento della Banca d’Italia: il Collegio Irlandese quindi si trasferì nella sede di via degli Ibernesi e la chiesa venne affidata alla Congregazione delle Sacre Stimmate di Nostro Signore Gesù Cristo. Il campanile, che risale alla prima metà del XII secolo, contiene 4 campane, del 1580 la maggiore, del 1756 la minore, le altre del 1600 e del 1761; da segnalare che nel 1622 la struttura venne mozzata durante lavori di restauro.
Un ingresso secondario su via Panisperna presenta una lapide (nella foto 5) che ricorda che “In questa diaconia di S.Agata dei Goti traslati dai loro sepolcri sulla via Appia riposano i corpi dei martiri greci Ippolito, la sorella Paolina col marito Adria e i giovani figli Maria e Neone“. I martiri greci compirono il martirio durante la persecuzione di Valeriano e furono in grande venerazione nella Roma cristiana: le spoglie dei martiri sopra descritti furono traslate dalle catacombe di S.Callisto nella chiesa di S.Agata nell’VIII secolo per preservarle dalle scorrerie dei Barbari.