Piazza del Gesù prende il nome dalla imponente Chiesa del Gesù (nella foto sopra) che qui si affaccia, ma anticamente era denominata “Forum Alteriorum” o anche “platea de Alteriis” per la nobile presenza del palazzo degli Altieri. In antichità sull’area occupata da questa piazza fino alla piazza del Collegio Romano si estendeva la “Porticus Divorum“, una grande area porticata con due tempietti che Domiziano eresse in onore del padre Vespasiano e del fratello Tito. Questa si estendeva per circa metri 77 x 194 e presentava, sul lato corto settentrionale, l’ingresso principale con un monumentale arco a tre fornici, fiancheggiato da due ambienti rivolti verso l’area porticata: qui erano situati due piccoli templi, uguali e simmetrici, dedicati ai due imperatori divinizzati. Nel 1570 la paludosa piazza fu bonificata dai Maestri di Strada con la sistemazione della fogna detta “Minerbae et Camilliani“, ossia “della Minerva e di Camilliano”, in riferimento alla piazza della Minerva ed a “Campo Camilliano”, l’antica denominazione dell’attuale piazza del Collegio Romano. Alla piazza del Gesù è legata una delle più antiche leggende di Roma originata dalla presenza quasi costante del vento in quest’area posta al centro di cinque vie. Si narra che il Diavolo, giunto dinanzi alla piazza del Gesù mentre passeggiava con il vento, fosse entrato nella Chiesa, dopo aver chiesto al vento di aspettarlo lì: ma dalla chiesa il Diavolo non uscì più ed il vento da allora è rimasto nella piazza ad attendere il suo ritorno. La chiesa del Santissimo Nome di Gesù (questo è il nome completo della chiesa) è la Chiesa madre della Compagnia di Gesù e fu costruita tra il 1568 ed il 1584 dal Vignola su commissione del cardinale Alessandro Farnese. Per la facciata fu incaricato Giacomo Della Porta, che completò la costruzione modificando anche la cupola. Questa, all’esterno, poggia su un tamburo ottagonale caratterizzato da otto riquadrature: quattro sono cieche e quattro presentano invece finestre rettangolari sormontate da un timpano curvilineo. Altre otto finestre, di dimensioni minori, quadrate e con timpani triangolari, si trovano nella struttura sovrastante che raccorda il tamburo alla calotta. Quest’ultima, scandita da costoloni in otto spicchi, divisi a loro volta in due sezioni da una sottile nervatura, è coronata da una lanterna formata da otto finestre arcuate e sormontate da timpani triangolari. La chiesa, costruita secondo i rigidi canoni dell’architettura barocca della Controriforma, rappresentò un modello che influenzò anche molte altre chiese europee. Tra il 1670 ed il 1683 Giovanni Battista Gaulli (detto “il Baciccia”) dipinse la volta della navata (il famoso “Trionfo del Nome di Gesù”), della cupola e dell’abside.
L’interno si presenta a croce latina, con una grande ed unica navata sulla quale si aprono le cappelle laterali, tra le quali ricordiamo quella di S.Francesco Saverio, in memoria del grande missionario morto su un’isola della Cina nel 1552, ma soprattutto la stupenda Cappella di S.Ignazio (nella foto 1), costruita tra il 1696 ed il 1700 dall’artista gesuita Andrea Pozzo in onore del soldato spagnolo Ignazio Loyola, che si convertì al servizio della Chiesa nel 1521 dopo essere stato ferito in battaglia. S.Ignazio giunse a Roma nel 1537 e, ottenuta nel 1540 da Paolo III l’approvazione dell’Ordine, fondò la Compagnia di Gesù, inviando missionari ed insegnanti in tutto il mondo. La cappella presenta due coppie di colonne composite che inquadrano la grande statua di S.Ignazio (nella foto 1 a destra) posta all’interno di una nicchia decorata con pannelli di bronzo dorato, lapislazzuli ed altri marmi preziosi. La statua originaria, opera di Pierre II Le Gros, fu realizzata in argento nel 1698 ma venne fusa durante l’occupazione francese del 1798 e ne rimase solo la pianeta: soltanto agli inizi dell’Ottocento furono realizzate da Adamo Tadolini tutte le parti mancanti in stucco argentato e la nuova opera venne inaugurata nel 1804. A coprire la nicchia con la statua di S.Ignazio è collocata una grande tela (nella foto 1 a sinistra), anch’essa opera di Andrea Pozzo, raffigurante il Santo che riceve da Cristo risorto il vessillo con il monogramma del nome di Gesù: una magnifica macchina barocca, ideata dal Pozzo, sale e scende come un sipario grazie ad un meccanismo a bilancieri, lasciando intravedere la preziosa statua soltanto in alcune festività. Sotto l’altare un’urna di bronzo dorato, opera di Alessandro Algardi, conserva il corpo del Santo.
Accanto all’altare di S.Ignazio si trova la Cappella della Madonna della Strada: l’affresco (nella foto 2), databile al XV secolo, fu distaccato dal muro dell’altare maggiore dell’antica chiesa degli Astalli, nota anche come “S.Maria della Strada”, quando venne demolita per consentire la costruzione della Chiesa del Gesù.
Su Piazza del Gesù, adiacente al fianco sinistro della chiesa, si sviluppa il grande isolato costituito dalla Casa Professa dei Gesuiti, mentre sulla destra, attraversata via del Plebiscito, sorge Palazzo Altieri (nella foto 3), costruito intorno alla metà del Seicento su un’area nella quale gli Altieri possedevano già alcune case fin dal 1300, demolite insieme ad altre appositamente acquistate. Il progetto fu promosso, nella prima metà del Seicento, dal cardinale Giovan Battista Altieri che affidò la direzione dei lavori a Giovanni Antonio De Rossi. Quando la famiglia Altieri fu prossima all’estinzione, nel 1669 Emilio Altieri, divenuto pontefice con il nome di Clemente X, concesse a Gaspare Paluzzi Albertoni, marchese di Rasina e marito di sua nipote Laura Caterina Altieri, di continuare anche nel nome il casato: così i lavori ripresero (sempre sotto la direzione del De Rossi e dell’omonimo Matthia De Rossi) ed il palazzo fu ampliato e terminato nel 1675. Il complesso edilizio occupa un intero isolato fra via del Plebiscito, via degli Astalli, via di S.Stefano del Cacco, via del Gesù e piazza del Gesù e si sviluppa attorno ai due cortili, dei quali il principale (quello verso via del Gesù) è definito da un ampio porticato a tre ordini di arcate su pilastri, mentre l’altro (verso via del Plebiscito) è caratterizzato da uno scalone monumentale animato da sculture antiche, tra le quali la celebre statua del “Barbaro prigioniero” rinvenuta presso il “Teatro di Pompeo“. La facciata presenta un bel portale fiancheggiato da due colonne ioniche di travertino che sostengono la loggia sulla quale si apre una porta-finestra decorata da una testa femminile tra due festoni e dallo stemma di Clemente X; i tre piani presentano al pianterreno finestre architravate ed inferriate su davanzale con mensole e finestrelle sottostanti, al primo piano finestre architravate con timpano curvo sopra la stella dello stemma Altieri, al secondo piano finestre con timpano triangolare e, infine, il cornicione a mensole, al quale salgono due fasce bugnate, scandito da stelle e conchiglie. L’ala verso via di S.Stefano del Cacco fu proseguita, dopo la morte del De Rossi, da Alessandro Speroni che costruì una serie di basse rimesse per le carrozze. Le numerose sale del palazzo sono ornate da marmi preziosi e decorazioni scultoree e pittoriche di notevole pregio, come il celebre “Trionfo della Clemenza” di Carlo Maratta che adorna il soffitto del salone delle udienze al primo piano o l’antico mosaico raffigurante “Marte e Rea Silvia”, rinvenuto ad Ostia Antica nel 1783, che costituisce il pavimento del Gabinetto Nobile. Degna di nota è anche l’antica biblioteca, oggi sede dell’Archivio Altieri, un tempo famosa per il numero e la rarità delle edizioni qui raccolte, come il famoso busto di “Clemente X”, realizzato da Gian Lorenzo Bernini ed oggi esposto presso la Galleria Nazionale di Arte Antica di Palazzo Barberini. Palazzo Altieri ospitò cardinali e pontefici ma a noi interessa ricordare in particolar modo un personaggio che abitò per più di 20 anni nell’appartamento dell’ultimo piano con ingresso su via degli Astalli 19 e che rappresenta, insieme a pochi altri, la nostra Roma nel mondo, la grande attrice Anna Magnani, tanto grande che neanche una targa la ricorda: VERGOGNA!
Un’altra presenza importante per la storia di Piazza del Gesù furono i Petroni, oriundi di Napoli ma presenti a Roma sin dal 1407, i quali costruirono qui ben tre palazzi, il più antico dei quali fu costruito nel 1563 dall’archiatra pontificio Alessandro Petroni ma poi trasformato ed integrato nel palazzo attiguo nel 1737 dal conte Alessandro Petroni, che incaricò Ferdinando Fuga di edificare una nuova facciata.
Il nuovo palazzo, oggi conosciuto come Petroni Cenci Bolognetti (nella foto 4), presenta le finestre del pianterreno con timpani mistilinei ed inferriate, le finestre del primo piano con timpano triangolare mentre quelle del secondo piano lo hanno curvo. Il portone di ingresso è affiancato da due lampioni a forma di drago e da pilastri scanalati che sostengono il balcone. Il cornicione, sostenuto da mensole all’interno delle quali vi sono finestrelle, è sovrastato da una balaustra. I due piani sono scanditi da quattro pilastri centrali e due agli angoli a tutt’altezza, scalati con capitello ionico. Il cortile interno presenta una fontana ed un portico. Il palazzo passò ai Bolognetti nella seconda metà del Settecento per divenire poi proprietà di Alessandro Cenci Bolognetti, nipote dell’ultimo Bolognetti e figlio di Virginio Cenci. Il palazzo è noto anche per essere stato per molti anni la sede della Democrazia Cristiana.
Il terzo palazzo, situato su Piazza del Gesù alla sinistra di Palazzo Petroni Cenci Bolognetti, è noto come Palazzo Petroni Borgnana, posseduto dall’archiatra pontificio Alessandro Petroni e passato poi ai Borgnana, come testimonia la scritta “BORGNANA” incisa sull’architrave del portale cinquecentesco (nella foto 5).
La maestosa facciata, che si sviluppa su tre piani, conserva un’edicola settecentesca raffigurante la “Madonna Addolorata” (nella foto 6), che, secondo la tradizione, nel 1796 mosse gli occhi e pianse a causa dell’invasione francese nello Stato Pontificio, insieme ad altre Sacre Immagini, quali la Madonna dell’Arco dei Pantani, la Madonna dell’Archetto, la Madonna della Provvidenza, la Madonna del Rosario o quella posta nella chiesa di S.Niccolò de’ Prefetti. Una piccola cornice ovale a stucco, decorata a fogliame ed appesa ad un nastro metallico, racchiude la tela raffigurante la Vergine ammantata ed a mezzo busto: ricordiamo inoltre che la posizione dell’edicola sacra non è quella originaria perché un tempo era situata sull’angolo smussato del palazzo, dove nell’Ottocento furono aperte due porte. Sotto la Sacra Immagine si legge: “LA SANTITÀ DI N.S.P.P. PIO SESTO / CON RESCRITTO DÌ XV NOVEMB. MDCCXCVI / CONCEDE A TUTTI I FEDELI DELL’UNO E DELL’ALTRO SESSO / DUECENTO GIORNI D’INDULGENZA / DA APPLICARE ANCHE ALLE S.ANIME DEL PURGATORIO / OGNI VOLTA CHE DIVOTAMENTE RECITERANNO LE LITANIE / DI MARIA SS.MA INNANZI QUESTA SAGRA IMMAGINE”.
Nella sezione Roma nell’Arte vedi:
Chiesa del Gesù di G.B.Falda
Chiesa del Gesù di G.Vasi