La strada detta “Canale di Ponte” era costituita dalle attuali Via del Banco di S.Spirito e Via dei Banchi Nuovi ed il nome le derivava o dal fatto che la gran massa di pellegrini provenienti dalle vie circostanti si “incanalava” in questo stretto e breve tratto di strada per traversare Ponte S.Angelo e recarsi in S.Pietro o, molto più verosimilmente, dalle inondazioni del Tevere che appena aumentava di livello invadeva immediatamente questo tratto di strada. Nel 1504 un preesistente edificio fu adattato dal Bramante per ospitare la Zecca pontificia, trasferita qui da Palazzo Sforza Cesarini per volere di Papa Giulio II. La facciata del Palazzo del Banco di S.Spirito (nella foto sotto il titolo), dalla caratteristica linea leggermente concava, fu realizzata da Antonio da Sangallo il Giovane, che la iniziò sotto Leone X (1513-21) e la terminò nel 1520 durante il pontificato di Clemente VII. Il pianterreno è rivestito di bugne che arrivano fino alla sommità del portale di ingresso, sopra il quale quattro paraste scandiscono la parte superiore, al centro della quale è situata una grande nicchia (in realtà più che un prospetto sembra un vero e proprio arco trionfale romano), affiancata da quattro finestre e due oculi. Nella nicchia vi erano lo stemma di Clemente VII, il clipeo con sei palle sostenuto dalla bocca di un leone, e due altri stemmi sottostanti, quello del Cardinale Camerlengo e quello del popolo romano. Vi erano anche due lapidi, una in memoria di Giulio de’ Medici (il futuro Papa Clemente VII), cugino di Leone X, e l’altra dedicata dai magistrati della Zecca al Papa Clemente VII. La Zecca pontificia rimase qui fino al 1541, quando fu trasferita in Vaticano, e l’edificio fu denominato così la “Zecca Vecchia”. Nel 1605 Papa Paolo V fondò il Banco di S.Spirito con lo scopo di accogliere i depositi e di fare prestiti, con la garanzia degli ingenti fondi dell’Ospedale S.Spirito: qui si potevano depositare i denari soltanto per sicurezza perché il banco non corrispondeva interessi, ma gli affari andavano comunque a gonfie vele poiché la gente depositava volentieri i propri risparmi, sapendo che avrebbe potuto ritirarli in qualsiasi momento presentando semplicemente la ricevuta. Il Banco, dopo una permanenza presso il Palazzetto Sterbini, situato sulla stessa via, rinunciò ad insediarsi nel Palazzo Bennicelli che pure era stato acquistato allo scopo ma ritenuto inadatto e si trasferì nel 1667 nel Palazzo del Banco di S.Spirito, rinnovato per le esigenze del Banco dall’architetto Giovanni Tommaso Ripoli, che comunque non modificò l’esterno. Sulla facciata d’angolo, sopra il portale, fu allora inserito lo stemma del papa regnante, Clemente IX Rospigliosi, mentre sulla sommità dell’edificio fu posto l’enorme stemma di Paolo V Borghese, fiancheggiato dalle due statue barocche simboleggianti la Carità e l’Abbondanza. Risalgono invece all’Ottocento lo stemma del Banco di S.Spirito, al centro dell’arco, e la lapide sottostante, che così recita: “A SEMP MEM PAULO V ERECTAM HAS IN AEDES A CLEM VII MEDICE CUDENDIS NUMMIS DESTINATAS AB ALEXANDRO VII NOVA STRUCTIONE MUNITAS CLEMENS IX PONT MAX FELICIBUS AUSPICIIS TRANSULIT STABILIVIT ANNO DOMINI MDCLXVII“, ovvero: “Nell’anno del Signore 1667 con felici auspici Clemente IX Pontefice Massimo trasportò e stabilì in questo palazzo, destinato da Clemente VII Medici a coniare monete e reso imponente con nuovi lavori da Alessandro VII, il Banco di S.Spirito fondato dalla memoria sempre eterna di Paolo V”.
Al civico 42 di Via del Banco di S.Spirito è situato Palazzo Gaddi Niccolini (nella foto 1), sorto sul luogo di una casa della famiglia Strozzi, acquistata dal banchiere fiorentino Luigi di Taddeo Gaddi nel 1518, che provvide a farlo ampliare, secondo il Vasari, da Jacopo Tatti detto il Sansovino, ma l’attribuzione non è certa. Nel Seicento l’edificio passò ai Bandini, poi ai Valdina Cremona, ai Niccolini, mercanti fiorentini divenuti marchesi, agli Amici, che lo fecero ristrutturare nel 1841 ed ai Montani. La facciata presenta un portale arcuato e bugnato sormontato da un balcone, come bugnati sono anche i cantonali; all’angolo con largo Tassoni si affaccia una bella loggia coperta, a finestre serliane, aggiunta però soltanto nell’Ottocento. Notevole anche il cortile, caratterizzato da nicchie con statue e decorazioni a stucchi sotto un fregio a festoni, mascheroni settecenteschi e putti agli angoli. Vi dimorò Michelangelo Buonarroti nel 1544 e nel 1546 e, secondo la tradizione, anche Annibal Caro, il grande prosatore di Civitanova Marche: oggi il palazzo è sede dell’Ambasciata della Repubblica di Argentina.
Via del Banco di S.Spirito custodisce anche la bellissima chiesa dei Ss.Celso e Giuliano (nella foto 2), ricordata sin dal 1008, ma sembra che fosse stata addirittura consacrata da Papa Celestino I nel 432. Anticamente la chiesa si affacciava su Piazza di ponte S.Angelo, con dimensioni maggiori rispetto a quella attuale: Papa Giulio II la fece prima demolire per consentire l’allargamento della strada e poi incaricò il Bramante della ricostruzione. Questi progettò una pianta a croce greca sormontata da cinque cupole, ma il progetto però non fu portato a termine e la costruzione della chiesa, alla morte di Giulio II, fu interrotta per essere poi terminata tra il 1509 ed il 1535, ma a navata unica. Anche questo edificio rinascimentale venne però demolito per volontà di Papa Clemente XIII che fece ricostruire la chiesa da Carlo De Dominicis nel 1735. Nel 1868 la chiesa fu restaurata dall’architetto Andrea Busiri Vici.
La facciata si presenta scandita da lesene e da doppie colonne che sostengono capitelli in stile composito, decorati da rami di palme, corone e dal monogramma di Cristo. Superiormente la facciata, ornata da una grande finestra centinata, si conclude con un timpano mistilineo di derivazione borrominiana. Nella parte inferiore, accanto a due nicchie ornate da una conchiglia, si apre il portone centrale sormontato da un’oculo incorniciato da rami di palma e gigli in stucco. L’interno è a pianta ellittica trasversale con tre cappelle per lato ed un presbiterio rettangolare con cupolino, dove vi è una campana del 1268 tuttora in uso. Notevole la tela settecentesca sull’altare maggiore rappresentante il “Cristo in gloria tra i Santi Celso, Giuliano, Marcionilla (madre di Celso) e Basilissa (moglie di Giuliano)” (nella foto 3), opera di Pompeo Batoni. Dall’antica chiesa dei Ss.Celso e Giuliano fu trasferita e murata sulla parete sinistra di Via Arco dei Banchi la più antica iscrizione che si conservi relativa alle piene del Tevere, datata 1277.