La chiesa di S.Eligio degli Orefici (nella foto sopra) sorge sull’omonima via di S.Eligio, una via così denominata, evidentemente, dopo la costruzione della chiesa, ma che fino alla metà del Cinquecento era indicata come “vicolo che si dice strada nuova che conduce a piazza Padella”, una piazza scomparsa in seguito alle demolizioni avvenute nel 1939 per la costruzione dell’attiguo Liceo Classico Virgilio. L’Università degli Orefici ed Argentieri si stabilì nel 1509 nella casetta cinquecentesca (in primo piano nella foto sopra ed ancora oggi appartenente al Collegio degli Orefici) dove promosse la costruzione della piccola chiesa, dedicata al collega e patrono S.Eligio. Alla decorazione della chiesa contribuirono attivamente le rispettive corporazioni dei mestieri, con donazioni di arredi, paramenti e suppellettili, nonché con generosi lasciti di denaro. Particolarmente ricercate e famose furono le maestranze scelte dagli Orefici, che per la realizzazione della loro chiesa scelsero nientedimeno che Raffaello; questi fu l’autore del progetto, ma ai lavori, che nella prima fase durarono dal 1516 al 1583, contribuirono architetti quali Baldassarre Peruzzi ed Aristotile da Sangallo.
Nonostante nel 1599 fosse stato costruito lo sperone di rinforzo sull’angolo della chiesa, nel 1601 un crollo comportò la distruzione della facciata, che fu ricostruita da Flaminio Ponzio ed ultimata nel 1620 da Giovanni Maria Bonazzini. Il Ponzio, architetto di fiducia di papa Paolo V, riedificò il prospetto secondo l’impostazione di Raffaello: la facciata (nella foto 1) è a due ordini, quello inferiore con portale d’ingresso in travertino originario del 1551 (nella foto 2), affiancato da due coppie di paraste e sormontato da un timpano triangolare e dall’iscrizione, qui posta nella ricostruzione del 1620, che così recita: “SANCTO ELIGIO TEMPLUM PICTURIS SIGNIS VALVIS MARMORE ATQUE OMNI ORNAMENTO CORPUS AURIFICUM FECIT ET EXORNAVIT“, ovvero “La Compagnia degli Orefici costruì a S.Eligio una chiesa e l’adornò con pitture, immagini, porte, marmi, e con ogni altro ornamento”.
L’ordine superiore presenta un finestrone affiancato da due coppie di paraste, mentre un timpano triangolare, sormontato da una croce, conclude la facciata. L’edificio presenta all’interno una spazialità raccolta ed armoniosa, impostata su una planimetria a croce greca: l’abside presenta affreschi che risalgono al 1575 e raffigurano la “Santissima Trinità” e “Madonna con Bambino e Santi” di Matteo da Lecce e “Profeti e Apostoli” di Taddeo Zuccari. Il pavimento, originariamente in cotto “arrotato tagliato con astrico sotto”, fu sostituito nel 1864 dall’attuale composto con lastre di marmo bianco e bardiglio recuperate dalla chiesa di S.Paolo fuori le mura, distrutta nell’incendio del 1823. La copertura, portata a compimento dal Peruzzi nel 1548, è costituita da un tamburo cilindrico con finestre rettangolari sul quale si imposta la calotta, ricoperta in piombo, e ripartita da costoloni che terminano alla base di un’elegante lanterna. Notevole l’affresco risalente al XVIII secolo che si trova sul prospetto esterno della casetta cinquecentesca, detta, per la sua posizione ad angolo, la “Casa del Cantone”, raffigurante S. Eligio vescovo.