Via di Porta Angelica prende il nome dalla omonima porta edificata da papa Pio IV nel 1563 e che si apriva lungo il nuovo tratto di mura che, lungo l’asse piazza del Risorgimento-via Porcari-via Alberico II, si congiungeva con i bastioni di Castel S.Angelo. Porta Angelica, così denominata dal nome di battesimo di papa Pio IV, ovvero Giovanni Angelo Medici, fu costruita come alternativa a Porta del Popolo per i pellegrini che provenivano da nord ed erano diretti alla Tomba di Pietro: per questo motivo il pontefice fece realizzare anche una via lunga e diritta, chiamata Strada Angelica (oggi corrispondente a via Ottaviano-via Barletta-viale Angelico) e che, dopo avere costeggiato il Tevere per circa 1 km, si congiungeva con la via Cassia all’altezza di ponte Milvio.
La Porta era priva di merli (come possiamo notare nella foto 1) e la sommità piana veniva utilizzata per esporvi le teste dei condannati a morte, racchiuse entro gabbie in ferro, severo e terribile monito alla cittadinanza ma anche ai pellegrini che entravano a Roma: soltanto nel 1840, con papa Gregorio XVI, l’usanza fu interrotta. Porta Angelica si apriva, come si può osservare nella pianta del Nolli del 1748, proprio in corrispondenza di via di Porta Angelica e fu demolita nel 1888, insieme all’intero tratto di mura collegato a Castel S.Angelo, nell’ambito dei lavori di urbanistica che dovevano rendere più moderno e fruibile il quartiere di Borgo.
Alcuni resti della Porta sono stati appesi sul tratto di mura (nella foto 2) che si affacciano su piazza del Risorgimento: si tratta della coppia di angeli, un tempo situati ai lati della porta all’interno di apposite nicchie che si fronteggiano con rametti di palma tra le mani, al centro dei quali è situato lo stemma di Pio IV Medici, privato delle sei palle che ne costituiscono l’emblema araldico, che ornava la chiave dell’unico fornice. Sotto si trova l’iscrizione lineare che un tempo correva sotto l’attico e che così recita: “ANGELIS SVIS MANDAVIT DE TE VT CVSTODIANT TE IN OMNIBVS VIIS TVIS“, ovvero “(Egli) ti ha inviato i suoi angeli affinché ti custodiscano in tutte le tue vie”. Le basse mura, invece, che costeggiano via di Porta Angelica (sul lato destro andando verso piazza S.Pietro) risalgono al 1929 quando, a seguito del Concordato, vennero fissati i confini tra lo Stato Italiano e la Città del Vaticano: a ricordo dell’evento fu apposto, ad angolo con piazza del Risorgimento, il grande stemma di papa Pio XI Ratti.
Lungo questo tratto si apre, in corrispondenza di Borgo Pio, la Porta di S.Anna (nella foto 3), un moderno accesso alla Città del Vaticano, così denominata dall’adiacente chiesa di S.Anna dei Palafrenieri (nella foto 4). Questa chiesa, dal 1929 situata all’interno della Città del Vaticano, fu realizzata tra il 1565 ed il 1583 da Giacomo Barozzi detto il Vignola su commissione della Confraternita dei Palafrenieri (o Parafrenieri, ovvero gentiluomini di corte con particolari mansioni di fiducia). Sotto il pontificato di Clemente XI l’architetto Alessandro Specchi completò la facciata con l’aggiunta della balaustra e dei due campanili, mentre i due angeli furono realizzati dagli scultori Michel Maille e Francesco Moderati. Nello stesso periodo fu realizzata l’apertura del finestrone sulla facciata e l’inserimento della cornice ovale che contiene “S.Anna e la Madonna“. L’interno è a pianta ellittica e custodisce alcune opere interessanti, come i quattro affreschi raffiguranti la “Vita di S.Anna“, opera del pittore tedesco Ignazio Stern, mentre le conchiglie con festoni, alle quali sono illusivamente appesi i quattro affreschi, e gli angeli in stucco che sorreggono le ghirlande sopra le porte sono opera di Giovan Battista de Rossi.
L’altare maggiore conserva oggi una tela raffigurante “S.Anna e la Madonna“, opera di Arturo Vigliardi eseguita nel 1926; originariamente però, nel 1583, vi era un quadro eseguito da Giovanni Marcho raffigurante “S.Anna e la Madonna con Bambino“, successivamente sostituito, nel 1775, in occasione dei lavori di costruzione del presbiterio eseguito da Sebastiano Orlando, da una macchina processionale, di gusto barocco, che sosteneva il gruppo della “Vergine e S.Anna” (nella foto 5), già esistente nella chiesa, ma in una posizione diversa. La macchina fu smontata nel 1870 e sostituita da un’altra: quest’ultima e gli angeli in legno dorato della prima sono tuttora visibili nella chiesa di S.Caterina della Rota. Queste macchine processionali sono collegate all’antica e famosa tradizione della “precescione delle panze”, come la chiamavano i borghiciani, ovvero la processione delle partorienti: il 26 luglio, giorno della festa liturgica della santa, al rullo dei tamburi la processione partiva dalla chiesa di S.Maria in Campitelli ed avanzava preceduta da una compagnia di granatieri, alla quale facevano seguito gli stendardi dei Palafrenieri; seguivano i lanternoni, ossia coloro che erano incaricati di portare le pesanti lanterne processionali, poi la banda militare e le “ammantate”, ovvero le future partorienti avvolte in mantelli che ne nascondevano il viso, che tenevano una candela in mano, nella speranza che il parto sarebbe stato breve quanto la consumazione della candela stessa. La processione era chiusa dal gruppo scultoreo della “Vergine e S.Anna“, trasportato sulla pesante macchina di legno da 24 uomini. Il 30 maggio 1929 Pio XI istituiva la Pontificia Parrocchia di S.Anna in Vaticano, affidandone la cura agli Agostiniani, che tuttora la officiano.
La via termina con due fornici (nella foto sotto il titolo) aperti per motivi di viabilità nell’antico tracciato delle Mura Leonine, uno da Pio IV nel 1563 (quello a destra) e l’altro dal Comune di Roma nel 1933 (quello a sinistra), sopra i quali vi sono conservate una serie di lapidi a testimonianza dei vari interventi. Il fornice aperto da Pio IV presenta, al centro dell’architrave sul lato verso piazza S.Pietro, un’iscrizione che recita così: “PIUS IV MEDICES PONTIFEX MAX. VIAM ANGELICAM / TRIBUS MILLIBUS PASUUM AD CASSIAM DUXIT“, anche se la distanza tra la Strada Angelica e la via Cassia era di almeno un terzo più breve. Ancora più in alto uno stemma di Urbano VIII sormonta un’altra lapide che ci informa sui restauri operati da quel pontefice, compresa la copertura del passaggio: “URBANUS VIII MAX DEDUCTUM IN ARCEM LATENTI FORNICE TRANSITUM A VATICANO RUINAM MINANTEM CONSTABILIVIT TECTOQUE MUNIVIT ANNO MDCXXX PONT. VIII“. Sul versante opposto del fornice, quello su via di Porta Angelica, vi è un’altra iscrizione risalente al 1634 che così recita: “URBANUS VIII PONT MAX GEMINAS HASCE INSCRIPTIONES QUAE OLIM A S.LEONE IV IN LEONIANAE URBIS MONUMENTIS POSITAE FUERANT EX OBSCURI ORIBUS LOCIS ANNO SALUTIS MDCXXXIV PONT XII“. Sotto questa iscrizione, in una posizione purtroppo difficilmente visibile e leggibile, si trovano altre tre lapidi, risalenti all’epoca della prima edificazione del muro da parte di Leone IV. In una si riesce a leggere semplicemente “CIVITAS LEONIANA“, in un’altra “TEMPORIB DOM LEONIS Q P P HANCPAGINE ET DU […]AS TURRES ALTISINE MILITIA CONSTRUIT“; nella terza “HANC TURREM ETRAGINEUNA F ACTA A MILITIAE CAPRACORUM TEM.DOM.LEONIS QUAR PP EGO AGATHO E […]“. Un’ultima iscrizione più recente, posta sotto le precedenti e probabilmente proveniente dalla porta Angelica ci informa, a completamento di quanto già trovato sul lato opposto, che “PIUS IV MEDICES PONTIFEX MAX. PORTAM ANGELICAM IUXTA CASSIAM APERUIT MDLXIII“. L’altro fornice, quello aperto dal Comune di Roma, presenta in alto, su entrambi i lati, lo stemma sabaudo, mentre al centro dell’architrave è situata la seguente iscrizione: “NELL’ANNO MCMXXXIII XI E.F. FU APERTO QUESTO SECONDO FORNICE“, al centro della quale è posto lo stemma del Comune di Roma.