Piazza di S.Egidio prende il nome dall’omonima chiesa che vi sorge (nella foto sopra), dedicata al santo benedettino dell’VIII secolo, nativo della Provenza, patrono degli storpi e dei mendicanti. La prima chiesa di S.Egidio venne fondata sull’area di un’altra chiesa preesistente, “S.Lorenzo de Curtibus” o “de Janiculo“, acquistata nel 1610 da un pio e ricco macellaio, Agostino Lancellotti, che decise di demolirla e riedificarla. La nuova chiesa venne così dedicata a S.Egidio ed affidata, insieme all’annesso convento, alle Carmelitane Scalze, che precedentemente abitavano in una casa attigua all’antica chiesa di S.Lorenzo. Nel 1610 papa Paolo V concesse alle monache di trasformare gli edifici di loro proprietà in un unico monastero di clausura, al quale si aggiunse nel 1628 un’altra chiesa adiacente, la chiesa di “S.Crispino e Crispiniano“, ex “S.Biagio in Trastevere“, affidata alle religiose da papa Urbano VIII: due chiese erano troppe persino per loro e così fu deciso di riedificare quella dedicata a “S.Crispino e Crispiniano“, sulla quale sorse l’attuale chiesa di S.Egidio, e di demolire l’antica chiesa di S.Egidio, sulla quale fu invece costruita un’altra ala del convento. La chiesa di S.Egidio, costruita anche grazie alle sovvenzioni di Filippo Colonna, fu dedicata alla “Madonna del Carmelo“, come si legge tuttora sopra la porta d’ingresso: “B.V. MARIAE DE MONTE CARMELO DICATVM A SALUTIS MDCXXX“, ovvero “Dedicata alla Beata Vergine Maria del Monte Carmelo nell’anno di grazia 1630”.
La facciata, ad un solo ordine, presenta un portale ed un ampio finestrone decorato; fasci di paraste sostengono il timpano con decorazione a dentelli. L’interno, a navata unica, conserva il “Monumento funebre di Veronica Rondinini Origo” di Carlo Fontana e un “S.Egidio” del Pomarancio. Dopo il 1870 il monastero venne espropriato dallo Stato Italiano, che nel 1875 lo passò al Comune di Roma. Dal 1918 l’edificio fu sede del sanatorio antimalarico per l’infanzia “Ettore Marchiafava” e poi, restaurato tra il 1969 ed il 1973 dagli architetti Attilio Spaccarelli e Fabrizio Bruno, divenne la sede del Museo del Folklore e dei Poeti Romaneschi, che aprì al pubblico nel 1977, presentando materiali relativi alle tradizioni popolari romane provenienti dal Museo di Roma. Oggi una parte dell’ex monastero ospita l’Istituto Professionale per i Servizi Commerciali e Turistici “Vincenzo Gioberti” (con ingresso su via della Paglia), una parte la sede della Comunità di S.Egidio (al civico 3a di piazza di S.Egidio), nata nel 1968 per iniziativa di Andrea Riccardi e dedita all’attività di evangelizzazione e di vicinanza ai poveri, per cui, dal 1986, è stata riconosciuta dalla Santa Sede come “Associazione pubblica laicale della Chiesa Cattolica”; infine, una terza parte ospita (al civico 1b di piazza di S.Egidio) la sede del Museo di Roma in Trastevere (nella foto 1), aperto al pubblico nel 2000 nei locali del precedente Museo del Folklore e dei Poeti Romaneschi, ristrutturati e riadattati per consentire un uso più funzionale alle moderne esigenze museografiche. La collezione permanente del Museo mostra gli aspetti salienti della vita popolare romana dalla fine del Settecento alla seconda metà del Novecento: nucleo storico della raccolta sono le “Scene romane“, caratteristiche ambientazioni, con manichini in costume a grandezza naturale, di alcuni momenti di vita quotidiana romana dei primi decenni dell’Ottocento, ispirati ai disegni di Bartolomeo Pinelli.
Nella sezione dedicata al “Carnevale romano” vi sono stampe e dipinti relativi alle principali usanze e tradizioni dell’antica festa che nella Roma papale diveniva occasione di divertimenti particolarmente sfrenati: in particolare, si trova esposta una scultura in terracotta di Achille Pinelli conosciuta come “Barbaro, barbaresco e maschere” (nella foto 2), realizzata nel 1833, che rappresenta proprio una scena del Carnevale romano. L’esposizione prosegue con alcuni costumi folkloristici, ricostruzioni di scene di vita della campagna romana e quadri di feste popolari; inoltre, raccolte di stampe ed acquarelli, tra cui la celebre serie “Roma Sparita” di Ettore Roesler Franz, esposta a rotazione per motivi conservativi. Al fine di permettere ai visitatori di vedere tutti gli acquerelli che compongono l’intera serie, è stata allestita una postazione multimediale con tutti i 119 acquerelli. Fanno parte della collezione del Museo anche i materiali appartenuti al poeta Carlo Alberto Salustri, ovvero Trilussa, compresi l’Archivio fotografico e l’Archivio cartaceo, donati dopo la sua morte al Comune di Roma ed in parte esposti nella videoinstallazione denominata la “Stanza di Trilussa”. Degna di menzione la biblioteca fondata nel 1983 con delibera comunale, contenente circa 3.000 volumi sulla vita sociale, le feste popolari e le tradizioni romane dal Seicento all’Ottocento.
All’angolo della piazza con via della Scala, sulla parete laterale della chiesa di S.Egidio, è situata una delle più grandi e suggestive Madonnelle di Roma, quella dedicata alla “Madonna del Carmelo” (nella foto 3). L’immagine è dipinta direttamente sul muro e raffigura la Madonna in cielo, seduta sulle nubi e con le braccia alzate, tra angeli e testine di cherubini, mentre la parte inferiore dell’affresco risulta purtroppo rovinata. La cornice modanata in stucco è rettangolare ma con gli angoli superiori smussati. Due lesene laterali terminano con due capitelli sorretti da testine alate da cui pendono festoni verticali di fiori. Al di sotto è collocata una mensola ed un cartiglio su cui in passato vi era scritto “MATER DECOR CARMELI ORA PRO NOBIS“, ovvero “Madre, Bellezza del Carmelo, prega per noi”; un tempo vi era pure un inginocchiatoio, un’acquasantiera ed una lampada. La grandiosa edicola settecentesca è arricchita da un baldacchino a cuspide in legno e lamiera, con una croce superiore ed i bordi a pendagli.
Di fronte alla chiesa è situato Palazzo Velli (nella foto 4), costruito alla fine del Quattrocento per questa potente famiglia, che annoverò tra i suoi membri anche Conservatori in Campidoglio. Nel Seicento l’edificio fu venduto separatamente: la parte sinistra, con il portone bugnato al civico 7, all’Ospizio dei Pellegrini e Convalescenti, come indica la tabella marmorea sovrastante l’architrave, divenendo poi proprietà degli Orsini, il cui stemma (un orso che sostiene una rosa rossa) campeggia ancora sopra il portone d’ingresso; la parte destra, con il portale al civico 9, andò invece alla basilica di S.Maria in Trastevere e vi si insediò il Conservatorio della Divina Clemenza, detto anche “Rifugio”, sovvenzionato da nobili romani e dedito all’assistenza alle giovani povere votate alla religione o maltrattate dai mariti. La facciata è di due piani, ciascuno di sei finestre, con cornici marmoree quelle dell’ultimo, con architrave quelle sotto: si noti lo stemma con l’albero sradicato con due stelle d’oro, stemma dei Velli, lo stesso che compare sull’originale inferriata al centro.