Il complesso di S.Michele a Ripa (nella foto sopra) corre lungo tutto il fronte del porto di Ripa Grande, come si può osservare nella foto sopra. Il nucleo originario fu costruito con le ricchezze di monsignor Carlo Tommaso Odescalchi, che per la sua dedizione fu definito “l’apostolo della carità romana”. Nel 1679 fondò un’opera assistenziale per i “poveri invalidi dell’uno e dell’altro sesso, quanto i fanciulli e le zitelle povere” e nel 1684 avviò la costruzione d’un ospizio a Ripa Grande, dove i ragazzi venivano avviati a varie attività artigianali, ma soprattutto imparavano a lavorare nel lanificio, successivamente perfezionato ed attrezzato per tutte le lavorazioni di qualità raffinata o corrente: questo primo insediamento assistenziale venne ultimato nel 1689. Il 13 giugno 1693 papa Innocenzo XII istituì l’Ospizio Apostolico di S.Michele dei Poveri Inabili, che doveva coordinare più attività assistenziali intorno all’originario edificio. Nel 1708 papa Clemente XI affidò a Carlo Fontana l’ampliamento dell’edificio per accogliere i vecchi dell’Ospizio dei Mendicanti (aperto da Sisto V) e la costruzione di un carcere minorile, per correggere gli adolescenti traviati. In una parte del complesso di S.Michele a Ripa fu istituita una scuola d’arte ed una scuola-officina di arazzi, quella che acquisterà grande fama come l’Arazzeria Albani, dal nome del papa che la fondò e che continuerà a produrre arazzi fino al 1910.
In questa grande costruzione/ristrutturazione venne inglobata la chiesa di “S.Maria del Buon Viaggio“, così denominata perché, prima di uscire dalla Porta Portese, ci si fermava a pregare, dato che l’Agro Romano era terra di briganti e di malaria. Al centro dei vari edifici il Fontana progettò la “Chiesa Grande”, dedicata al Salvatore, alla Madonna ed a S.Michele: questa verrà ultimata solo nel 1834 da Luigi Poletti. Qui, per lungo tempo, confluirono i tre grandi gruppi ospiti del S.Michele, i vecchi, i ragazzi e le donne, rimanendo, però, separati tra loro. Nel 1735 Papa Clemente XII riprese il progetto di Clemente XI ed affidò a Ferdinando Fuga la costruzione del carcere femminile (nella foto 1) sul lato prospiciente la Porta Portese, insieme alla caserma dei doganieri: una lapide (nella foto 2) ne ricorda ancora la costruzione, “CLEMENS XII COERCENDAE MULIERUM ET CRIMINIBUS VINDICANDIS ANNO MDCCXXXV“.
S.Michele a Ripa sopravvisse alla bufera di fine XVIII-inizi XIX secolo, alle spoliazioni, cioè, ed alle ruberie delle truppe francesi, sia repubblicane che imperiali. La prima metà del XIX secolo vide, invece, il momento di maggior espansione dell’immenso complesso: sul lungotevere la facciata si estendeva per 335 metri, era alta 25 metri con una profondità di 80 metri, complessivamente 27.000 metri quadrati di estensione, sebbene 13.000 siano di cortili. Il complesso edilizio fu confiscato dopo l’Unità d’Italia e nel 1871 nacque l’Istituto Romano S.Michele, affidato al Comune. Gli antichi carceri minorile e femminile vennero trasformati in un nuovo reclusorio minorile, in seguito intitolato al suo direttore e grande educatore, Aristide Gabelli. Dopo la trasformazione di Roma in capitale d’Italia, la storia del S.Michele è una storia di continua decadenza e degrado. A parte il carcere minorile, il resto del complesso fu lasciato andare e vi si installarono sempre più artigiani autonomi. Nel 1938 l’Istituto Romano S.Michele trasferì a Tor Marancia i suoi assistiti e si avviò, così, il tracollo definitivo. Nel giro di un trentennio gli edifici, occupati e devastati nel periodo bellico e postbellico da militari, sinistrati e sfollati, decaddero, fino al crollo dei tetti e degli impiantiti. Soltanto nel 1969 vi fu la piena acquisizione da parte dello Stato, che destinò gli edifici, restaurati, a varie amministrazioni del Ministero dei Beni Culturali.