Via dei Vascellari prende il nome dai vasellai, ovvero gli artigiani che fabbricavano e vendevano i vasi di terracotta (detti anche “vaselli”, cioè piccoli vasi), che in questa strada avevano i loro fondachi. Secondo alcuni potrebbe anche derivare dai fabbricanti di vascelli, vista la vicinanza della via con il porto di Ripa Grande, ma il termine con il quale questa zona veniva denominata nel Medioevo, ovvero “dei Boccalari (fabbricanti di boccali) a Ripa“, sembrerebbe più confermare la prima ipotesi. Al civico 61 di questa via è situato palazzo Ponziani (nella foto sotto il titolo), un edificio molto importante dal punto di vista storico, sia perché risale all’epoca medioevale (fu costruito intorno al Trecento) sia perché fu la casa dove visse e morì Francesca Bussa, ovvero S.Francesca Romana o, come veniva chiamata a Roma, “Ceccolella”. Francesca sposò a soli 12 anni Renzo Ponziani, della ricca famiglia di “macellari” romani, e qui visse insieme ai suoceri, Andreozzo Ponziani e Cecilia Mellini, ed al cognato Paluzzo, sposato con Vannozza De Felicibus. Fu un matrimonio di interesse ed infatti il suo unico pensiero fu quello di compiere opere di bene, seguita in questo dalla cognata Vannozza. Così palazzo Ponziani divenne un ritrovo per poveri ed affamati, dove Francesca impegnava tutti i mezzi finanziari della famiglia. Naturalmente ciò portò a gravi conflitti con il marito e con il suocero, finché la famiglia fu allietata dalla nascita di tre figli, dei quali uno solo sopravvisse, Battista. Francesca fu madre e moglie perfetta, ma non rinunciò alla sua missione, tanto che fondò anche una comunità religiosa, quella delle Oblate di Monte Oliveto, che avranno poi una loro sede a Tor de’ Specchi. Dopo la morte del marito, avvenuta nel 1436, Francesca si ritirò proprio nel convento delle Oblate, convinta di non tornare mai più a palazzo Ponziani. Invece, nel 1440, fu costretta a ritornarvi per assistere il figlio malato di peste, ma dopo averlo guarito, si ammalò lei stessa e fu costretta a rimanervi per farsi curare: vi morì dopo alcuni giorni, il 9 marzo 1440. Alla sua morte il palazzo passò in eredità al figlio e quindi alla nipote, Vannozza, che lo portò in dote sia al primo marito Mattia Muti che al secondo, Giovanni Battista Forteguerri, che piazzò il suo stemma all’angolo dell’edificio con via dei Salumi, tuttora perfettamente visibile. Il palazzo passò in seguito agli Altieri, sotto i quali divenne gradatamente un granaio, finché nel 1799 fu concesso al sacerdote don Gioacchino Michelini, parroco della chiesa di S.Salvatore, che lo trasformò in ricreatorio per i ragazzi poveri di Trastevere. Nel 1807 il sacerdote, insieme al canonico Antonio Muccioli, convertì il ricreatorio in luogo di adunanze per esercizi spirituali chiamati “mute”, da praticare per otto giorni, come preparazione alla Prima Comunione. Si chiamò Opera Pia di Ponterotto, dal vicino ponte Senatorio, ed arrivò ad ingrandirsi, alla morte del suo fondatore don Gioacchino, avvenuta nel 1825, quando l’Opera Pia fu diretta da monsignor Belisario Cristaldi, con l’acquisizione di una casa attigua di proprietà delle sorelle fiorentine Rilli. Qui svolse la sua opera di apostolato Giovanni Mastai Ferretti, da semplice canonico, e vi compì visite apostoliche da papa, con il nome di Pio IX, come ricorda una lapide. Un’altra lapide ricorda che qui papa Giovanni XXIII celebrò una messa il 23 maggio 1959 e distribuì la Prima Comunione a 40 bambini. Attualmente l’Opera Pia ha mutato nome in Casa di S.Francesca Romana e funziona come pensionato per studenti e pellegrini. Le facciate del palazzo presentano due ordini di finestre, al primo piano architravate con cornici di marmo, al secondo semplici; al pianterreno si aprono porte e finestre a tutto sesto.
Al civico 44 di Via dei Vascellari possiamo notare una bella costruzione a torre (nella foto 1), decorata con vari inserti in marmo, posti anche a decoro delle finestre, e due belle colonnine, una posta a delineare una finestra bifora al primo piano, l’altra a sostenimento ed a decoro di due balconcini angolari dell’ultimo piano. L’edificio custodisce anche una bella statua della Madonna denominata “Madonna dell’Immacolata”, inserita nel muro all’interno di un arco a mattoni, ed una lapide in memoria del partigiano Ciai Maitardi che vi nacque e che così recita: “NEL GIORNO CHE VIDE NASCERE LA REPUBBLICA ITALIANA TRASTEVERE ONORA IL PARTIGIANO OMERO CIAI (MAITARDI) CADUTO A SESTRI LEVANTE PER LA LIBERTÀ D’ITALIA”.
All’angolo di Via dei Vascellari con Via dei Salumi si trova l’antica chiesa, oggi sconsacrata, di S.Andrea dei Vascellari (nella foto 2), risalente ai tempi di Pasquale I (817-824) con il titolo di “S.Andrea de Scaphis“, probabilmente in riferimento agli scafi del vicino porto di Ripa Grande e dedicata al santo protettore dei pescatori. Nel 1574 la chiesa fu affidata all’Università dei Salumieri, che nella prima metà del Seicento si unì alla Confraternita del Ss.Sacramento di S.Cecilia; nel 1666, restaurata, fu affidata alla Confraternita dei Vascellari divenendo così oratorio con il nome di “S.Andrea dei Vascellari”. Dopo il 1942, quando la Confraternita si sciolse, l’oratorio fu sconsacrato ed adibito ad usi civili, mentre gli arredi furono trasferiti nella vicina chiesa di S.Cecilia. Durante la ricorrenza del “Corpus Domini” da qui partiva la cosiddetta Processione dei Bucaletti (i caratteristici boccali di coccio fabbricati dai vascellari, promotori della processione) durante la quale si trasportava la “Madonna del Carmine“, ovvero la stessa della “Festa de Noantri“: la processione fu vietata da papa Gregorio XVI nell’Ottocento a causa delle frequenti risse ed accoltellamenti che avvenivano alla fine, causate probabilmente dalle enormi quantità di vino che venivano distribuite. La facciata della chiesa, risalente al rifacimento del 1666, è molto semplice: divisa in due ordini orizzontali, separati da un marcapiano marmoreo, presenta al pianterreno un bel portale rinascimentale, inquadrato da una cornice marmorea; al secondo ordine si trovano due finestre inferriate, mentre un timpano triangolare conclude la facciata. L’oratorio oggi è sede di una falegnameria: si noti, all’angolo con via dei Salumi, un pezzo di colonna incassata nel muro.