Le origini dell’Accademia di S.Luca risalgono al XV secolo, quando un’antica compagnia di pittori, appartenente all’Università delle Arti della Pittura, si riuniva nella demolita chiesa di S.Luca all’Esquilino, nei pressi della Basilica di S.Maria Maggiore. Per iniziativa di Girolamo Muziano il sodalizio ebbe un riconoscimento ufficiale da papa Gregorio XIII con una bolla del 1577, con la quale veniva costituita l’Accademia delle Arti della Pittura, della Scultura e del Disegno, dedicata a S.Luca in ricordo dell’antico istituto. Nel 1588 Sisto V donava all’istituzione l’antica chiesa di S.Martina, che l’Accademia fece poi ricostruire da Pietro da Cortona dedicandola anche al loro protettore, S.Luca, e con l’aggiunta di una palazzina come sede. Da allora l’attività ebbe un’organizzazione finalizzata alla riforma artistica ed all’educazione dei giovani, con precisi statuti compilati nel 1593 da Federico Zuccari, al quale si deve la “simbolica” fondazione dell’Accademia. L’istituto s’impegnò in una attività didattica, sotto la guida di un “principe” come direttore, mediante conferenze, corsi di pittura, scultura ed architettura. L’approvazione dei primi Statuti conosciuti dell’Accademia dei Pittori e Scultori di Roma risale al 1607; soltanto durante il Principato di Pietro da Cortona, dopo il 1634, gli Architetti entrarono a far parte dell’Accademia con pari autorità di Pittori e Scultori. Gli statuti subirono vari cambiamenti nei secoli successivi e lo stesso Napoleone li riformò, assegnando all’Accademia alcuni locali per l’insegnamento nel Collegio Germanico Ungarico di S.Apollinare. Nuovi statuti si ebbero nel 1817 con Canova “principe”, ma con la direzione effettiva dell’istituto assegnata ad un presidente che, dopo la morte dello scultore, rimase in luogo di quella del “principe”. Questi statuti furono in vigore fino a tutto il 1873, ma dal 1845 le scuole dell’Accademia avevano trovato più ampi locali a Ripetta, passati in seguito all’Istituto di Belle Arti, che il Governo Italiano istituì togliendo all’Accademia l’esclusività dell’insegnamento artistico. Grande fu l’importanza dell’Accademia nei secoli anche per le donazioni e lasciti degli artisti accademici e per i favori dei pontefici, come la concessione di ottenere, nel giorno di S.Luca, la grazia di un condannato a morte e della cittadinanza romana agli accademici residenti decisa da Pio VI nel 1791. La fama dell’Accademia fu accreditata dalla celebrità dei vari principi e presidenti, sempre artisti, italiani e stranieri, come Federico Zuccari, Carlo Fontana, Ferdinando Fuga, Giovanni Paolo Pannini, Anton Raphael Mengs, Antonio Canova, Bertel Thorvaldsen. L’emblema dell’istituto consiste in un triangolo equilatero formato da un pennello, uno scalpello ed un compasso, nel quale è racchiuso il motto di Orazio “AEQUA POTESTAS“. Ricchissima la collezione di opere d’arte che l’accademia ha sempre vantato, iniziata con i doni che gli stessi accademici erano obbligati a fare in occasione della loro nomina; singolari, tra l’altro, i ritratti e gli autoritratti degli accademici che vennero formando la Galleria dell’Accademia di S.Luca, rimasta proprietà dell’accademia stessa. Quando la sede presso la chiesa dei Ss.Luca e Martina fu demolita nel 1934 per l’apertura di “via dell’Impero” (attuale via dei Fori Imperiali), l’Accademia trovò la sua sede in palazzo Carpegna (nella foto sotto il titolo), ove ancora oggi risiede. Questo palazzo fu costruito tra la fine del Cinquecento ed i primi del Seicento da un allievo di Giacomo Della Porta per la famiglia Vaini, originari di Imola. Successivamente divennero proprietari i Carpegna, che l’acquistarono insieme ad altre costruzioni limitrofe e ne affidarono l’ampliamento a Francesco Borromini: è suo il grande portale a bugne con le sottili colonne che sorreggono le mensole del sovrastante balcone e, in fondo al portico d’ingresso, il geniale portale “traforato” di stucchi per mascherare una rampa elicoidale, che sarebbe risultata altrimenti sgradevole esteticamente, venendo a tagliare obliquamente l’arcata d’ingresso.
Questa scenografica struttura (nella foto 1) è costituita da due colonne che sorreggono altrettante cornucopie rovesciate che si incontrano intorno ad un clipeo con la testa di Medusa; dai capitelli pende una folta ghirlanda di fiori e foglie intrecciate. Il palazzo conserva inalterate le forme originali, con la facciata che sviluppa su tre piani: al pianterreno, accanto al già menzionato portale d’ingresso, vi sono quattro finestre architravate ed inferriate; al primo piano cinque finestre architravate, delle quali quella centrale corrisponde alla porta-finestra che introduce al balcone, mentre al secondo piano cinque finestre incorniciate. Agli angoli sono situati cantonali a bugne, mentre su tutto domina un ricco cornicione a mensole e dentelli. I vari piani del palazzo ospitano, oltre ai saloni di rappresentanza dell’Accademia, situati al piano nobile, la Biblioteca donata nel 1877 al Comune di Roma dall’architetto Antonio Sarti e specializzata in opere sulle belle arti; infine, al terzo piano, la Galleria. Quest’ultima, costituitasi nel tempo grazie ai doni degli accademici, è stata notevolmente arricchita dalla donazione fatta dal barone Michelangelo Lazzaroni all’inizio del Novecento.
Notevoli le opere di grande prestigio: tra queste degne di menzione sono il “Putto reggifestone” (nella foto 2), un frammento di affresco di Raffaello Sanzio (donato dal pittore Jean Baptiste Wicar) che lo avrebbe dipinto nel 1512, tre oli su tela di Tiziano raffiguranti “San Girolamo”, il ritratto di “Marino Corner” ed il ritratto di “Ippolito Riminaldi”, un altro olio su tela della prima metà del XVII secolo di Peter Paul Rubens raffigurante “L’Abbondanza coronata dalle Ninfe” ed un bel “Campo Vaccino” di Nicolò Codazzi. Nel Settecento il palazzo fu ereditato dal marchese Emilio Orsini de’ Cavalieri Sannesi, che tra il 1732 ed il 1736 ne affidò il completamento e l’adeguamento strutturale all’architetto Francesco Ferrari. Passato successivamente in proprietà delle famiglie Patrizi Naro e Colligola Monthioni, dalla metà dell’Ottocento fino al 1882 ospitò la famiglia di Luigi Pianciani, primo Sindaco di Roma dopo l’Unità d’Italia.
Nel chiostro dell’Accademia è situato l’Achille morente (nella foto 3), una scultura realizzata da Filippo Albacini nel 1854, come ricorda la targa scolpita sulla base. La figura incarna l’ideale classico perseguito dal suo autore con una perfezione anatomica ispirata ai modelli di Antonio Canova. Un’altra versione dello stesso soggetto è conservata a Chatsworth House, in Inghilterra, e fu eseguita nel 1823 per William Cavendish, VI duca di Devonshire: l’estrema somiglianza tra le due opere fa supporre che l’opera romana sia stata destinata all’Accademia di S.Luca a causa della venatura di marmo apparsa sul volto di Achille, mentre quella prevista per il duca fu rifatta utilizzando un nuovo blocco di marmo.