La Piazza del Campidoglio sorge sull’Asylum, la depressione situata tra l’Arx ed il Capitolium, le due sommità del Campidoglio. Qui sorge uno dei monumenti più importanti della città, il Tabularium, anche se anticamente l’ingresso avveniva dalla parte del Foro Romano. Quest’area, come un po’ tutto il Campidoglio, dopo aver conosciuto gli splendori della Roma antica, fu progressivamente abbandonata alla fine del mondo antico, fino a ridursi nel Medioevo a pascolo di capre, motivo per il quale fu significativamente chiamato “Monte Caprino”. Ma già dal XII secolo, quando il Tabularium fu scelto come sede del Comune, tutta l’area vide una lenta ripresa, anche se la definitiva rinascita avvenne nel XVI secolo, quando Papa Paolo III Farnese, in occasione della visita a Roma dell’imperatore Carlo V, chiese a Michelangelo di preparare un progetto per sistemare la piazza: questi pensò di rinnovare le facciate del Palazzo Senatorio (corrispondente all’antico Tabularium) e del Palazzo dei Conservatori, di costruire un terzo edificio, il Palazzo Nuovo, così da formare una piazza di forma trapezoidale, abbellita da sculture classiche, e disegnò la pavimentazione. I lavori iniziarono nel 1546 ma andarono così a rilento che Michelangelo fece in tempo a sovrintendere soltanto alla doppia scalinata che porta all’ingresso del Palazzo Senatorio: la piazza fu completata nel XVII secolo, in modo fedele al progetto originario.
La grande scalinata progettata da Michelangelo ma realizzata da Giacomo Della Porta che permette di accedere a Piazza del Campidoglio, la cosiddetta “Cordonata”, presenta alla base una coppia di leoni egizi di basalto nero con venature rosse rinvenute nell’Iseo Campense (uno dei quali nella foto 1), mentre nella piazzetta adiacente era posto l’obelisco che fu poi donato a Ciriaco Mattei e che oggi è situato nella Villa Mattei.
Salendo la scalinata incontriamo, nel giardino che la fiancheggia, il piccolo monumento in bronzo dedicato a Cola di Rienzo (nella foto 2), opera di Girolamo Masini, posto su una base composta da frammenti scultorei ed epigrafici vari realizzata dall’architetto Francesco Azzurri: l’inaugurazione avvenne il 20 settembre 1887. Al termine della Cordonata vi sono poste le colossali statue dei Dioscuri, Castore e Polluce (nella foto in alto sotto il titolo), rinvenute intorno alla metà del Cinquecento nella zona del Circo Flaminio, probabilmente in corrispondenza del Tempio dei Castori e qui collocate tra il 1585 ed il 1591.
La balaustra è corredata dai cosiddetti “Trofei di Mario” (uno dei quali nella foto 3), due rilievi marmorei di età domiziana, rappresentanti trofei, rinvenuti nella Mostra dell’Acqua Giulia e qui trasferiti nel 1590. Accanto ai Trofei troviamo la statua di Costantino sulla destra e di suo figlio Costantino II sulla sinistra, rinvenute nelle Terme di Costantino, mentre alle estremità sono situate due colonne miliari della via Appia, quella del I miglio alla destra e del VII miglio alla sinistra.
Arrivati a Piazza del Campidoglio ci troviamo dinanzi il Palazzo Senatorio, alla sinistra il Palazzo Nuovo ed alla destra il Palazzo dei Conservatori, mentre al centro della piazza sorge la statua equestre di Marco Aurelio (nella foto 4), realizzata verosimilmente nel 176 d.C., insieme ai numerosi altri onori tributati all’imperatore in occasione del suo trionfo sulle popolazioni germaniche, o nel 180 d.C., subito dopo la sua morte. Il luogo di collocazione originario non è certo: oggi si ritiene che la statua, eretta per dedica pubblica, sia stata innalzata o nel Foro Romano o nel luogo dove sorgeva il tempio dinastico presso l’attuale piazza Colonna, ma non presso il Laterano, come per molti anni si è ritenuto. La presenza presso il Campus Lateranensis viene menzionata a partire dal X secolo, ma è probabile che vi si trovasse già alla fine dell’VIII secolo, come confermerebbe la contemporanea scelta fatta da Carlo Magno di innalzare davanti al suo palazzo ad Aquisgrana una statua equestre molto simile (presa a Ravenna) ad imitazione di quanto visto a Roma nel Campus Lateranensis. La statua era situata dove oggi si trova l’obelisco Lateranense, all’interno della villa di Domizia Lucilla, la madre di Marco Aurelio, posizionata su un basamento all’interno di un tempio dedicato a Vesta ed alle Vestali. Per secoli rimase lì, unica statua bronzea intatta di un imperatore romano giunta fino a noi: si ritiene che la sua salvezza sia stata la sua errata identificazione con l’imperatore cristiano Costantino. Il restauro più antico da noi conosciuto risale agli anni 1466-68, durante il pontificato di Paolo II, al quale seguì, nel 1834, quello effettuato dal sovrintendente ai monumenti Carlo Fea, il quale praticò un’incisione nel cavallo, al fine di togliere dall’interno l’acqua infiltrata che, con il suo peso, poneva in serio pericolo la stabilità dell’opera. Ma fu nel 1538 che la statua ebbe nuova vita, ovvero quando Michelangelo la volle, con felice intuito, al centro di Piazza del Campidoglio sopra un antico basamento marmoreo (si ritiene proveniente dal Tempio dei Dioscuri). Il basamento, disegnato dallo stesso Michelangelo e decorato con gli stemmi del Senato e di papa Paolo III Farnese, sei gigli in campo d’oro, presenta tre iscrizioni. La prima, situata sulla parte anteriore, così recita: “AUGUSTINUS TRINCIUS IACOBUS BUCCABELLA CAESAR DE MAGISTRIS CONSERVATORES CUR(AVERUNT)”, ovvero “I Conservatori Agostino Trincio, Jacopo Boccabella, Cesare de Magistris curarono”. La seconda, posta sulla parte destra (verso il palazzo dei Conservatori), imitando le iscrizioni di età romana, celebra l’imperatore: “IMP(ERATORI) CAESARI DIVI ANTONINI F(ILIO) DIVI HADRIANI NEPOTI DIVI TRAIANI PARTHICI PRONEPOTI DIVI NERVAE ABNEPOTI M(ARCO) AURELIO ANTONINO PIO AUG(USTO) GERM(ANICO) SARM(ATICO) PONT(IFICI) MAX(IMO) TRIB(UNICIA) POT(ESTATE) XXVII IMP(ERATORI) VI CO(N)S(ULI) III P(ATRI) P(ATRIAE) S(ENATUS) P(OPULUS) Q(UE) R(OMANUS)”, ovvero “All’imperatore Cesare Marco Aurelio Antonino Pio Augusto Germanico Sarmatico, Pontefice Massimo, figlio del Divo Antonino (Pio), nipote del Divo Adriano, pronipote del Divo Traiano Partico, figlio del pronipote Divo Nerva, insignito della 27° Potestà Tribunicia, Imperatore per la sesta volta, Console per la terza volta, Padre della Patria, il Senato ed il Popolo Romano”. La terza, situata verso palazzo Nuovo, ricorda come il pontefice volle qui trasferire la statua dal Laterano: “PAULUS III PONT(IFEX) MAX(IMUS) STATUAM AENEAM EQUESTREM A S(ENATUS) P(OPULUS) Q(UE) R(OMANUS) M(ARCO) ANTONINO PIO ETIAM TUM VIVENTI STATUTAM VARIIS DEIN(DE) URBIS CASIB(US) EVERSAM ET A SYXTO IIII PONT(IFICE) MAX(IMO) AD LATERAN(ENSEM) BASILICAM REPOSITAM UT MEMORIAE OPT(IMI) PRINCIPIS CONSULERET PATRIAEQ(UE) DECORA ATQ(UE) ORNAMENTA RESTITUERET EX HUMILIORI LOCO IN AREAM CAPITOLINAM TRANSTULIT ATQ(UE) DICAVIT ANN(O) SAL(UTIS) MDXXXVIII”, ovvero “Paolo III Pontefice Massimo, innalzata la statua bronzea equestre dal Senato e dal Popolo Romano a Marco Antonino Pio ancora vivente e in seguito, per le vicende della città, abbattuta e dal sommo pontefice Sisto IV collocata presso la basilica lateranense affinché conservasse la memoria storica dell’ottimo imperatore e ripristinasse le glorie e gli ornamenti della patria romana, trasferì da un luogo più modesto nella Piazza del Campidoglio e dedicò nell’Anno del Signore 1538”. La statua raffigura Marco Aurelio con la tunica e la clamide, mentre ai piedi indossa calzari di cuoio; con la mano destra fa il segno dell’adlocutio, espressione del potere invincibile del sovrano, mentre con la sinistra, per la particolare posizione delle dita, teneva probabilmente le briglie del cavallo. Il cavallo incede maestoso con una zampa alzata, sotto la quale, secondo tradizione, in origine doveva trovarsi la testa di un barbaro con le mani legate dietro la schiena, simbolo delle vittorie militari dell’imperatore. La statua originariamente era in bronzo dorato, come rivelano ancora alcune dorature presenti sia sul cavallo sia sul cavaliere: la leggenda vuole che quando tutto l’oro sarà riapparso, allora canterà la “civetta”, ovvero il ciuffo di peli situato tra le orecchie del cavallo, per annunziare la fine del mondo e l’inizio del Giudizio Universale. L’attentato dinamitardo del 20 aprile 1979 in Piazza del Campidoglio danneggiò il basamento marmoreo e fu così che le successive indagini disposte dall’Amministrazione Comunale rivelarono che la statua equestre presentava gravi processi corrosivi in atto ed una preoccupante situazione statica, in particolare a causa delle fessure localizzate nelle zampe.
I lavori di restauro iniziarono nel 1981 e si conclusero nel 1988 ma la statua non fu più riposizionata al centro di Piazza del Campidoglio al fine di tutelarla dai possibili danni causati da un’esposizione all’aperto e preservarne l’integrità: oggi una nuova grande aula vetrata, costruita all’interno di quello che era denominato il “Giardino Romano” del Palazzo dei Conservatori, accoglie la grande statua equestre di Marco Aurelio (nella foto 5) mentre quella situata sul basamento della piazza è soltanto una copia realizzata nel 1997 dai tecnici della Zecca dello Stato.
Il Palazzo Senatorio (nella foto 6), così chiamato perché qui espletava le sue funzioni il Senatore, una specie di sindaco nominato a vita tra i patrizi romani, è oggi la sede ufficiale del Comune di Roma. La facciata fu eretta dal 1582 al 1605, su progetto di Michelangelo ma realizzata da Giacomo Della Porta e Girolamo Rainaldi: fu in questa occasione che la facciata venne rivolta nella posizione attuale, perché un tempo guardava verso il Foro Romano. La facciata è ripartita da lesene corinzie lungo tutto il primo ed il secondo piano; il portale centrale, che immette nell’Aula Senatoria sovrastata dalla lapide in lode di Clemente VII, è raggiungibile tramite una scala a doppia rampa in travertino, con la fronte ornata da una nicchia centrale in cui è posta la dea Roma, originariamente una statua di Minerva in porfido e marmo del I secolo d.C., ai lati della quale sono situate le due statue del Tevere a destra e del Nilo a sinistra, ambedue provenienti dalle Terme di Costantino: la statua del Tevere rappresentava in realtà il Tigri, con tanto di tigre sottrattale e sostituita con la lupa capitolina e con altri attributi del dio Tiberino. Sotto la dea Roma è sistemata una fontana, costituita da due vasche sovrapposte, opera cinquecentesca di Matteo da Castello. Due avancorpi laterali movimentano la facciata, ornata da finestre a timpani curvi e triangolari alternate al primo piano, quadrate incorniciate al secondo e sovrastata da una balaustra con statue. Domina la piazza l’antica torre campanaria, restaurata da Martino Longhi il Vecchio intorno al 1580. La storica campana, detta dai romani “Patarina”, fu presa in guerra dai Romani ai Viterbesi nel 1200 ed annunciava eventi storici o circostanze importanti, come l’elezione del pontefice, la sua incoronazione o morte, il passaggio del corteo papale o, come ricorda lo storico Pietrangeli, la morte del “Gran Turco”, avvenuta il 2 giugno 1481. Quella attuale nulla ha a che vedere con la storica Patarina: essa è soltanto la seconda erede, dopo quella posta in loco sul finire del Cinquecento (poi fusa da Pier Francesco Censori, capo dei bombardieri di Castel S.Angelo) e risale all’inizio dell’Ottocento. A metà altezza vi è un orologio ed alla sommità una croce rivestita da lamine dorate. Le sale interne custodiscono cimeli, reperti archeologici, oggetti e memorie della Roma pagana e cristiana: la Sala Rossa conserva dipinti cinquecenteschi di Francesco Bassano, la Gialla il celebre arazzo del Seicento, la Verde l’Aurora di Pietro da Cortona ed una copia di un quadro del Tiziano.
Il Palazzo dei Conservatori (nella foto 7, così chiamato dai Conservatori del popolo romano, che costituivano, insieme al Senatore, la suprema magistratura della città) venne realizzato, a partire dal 1563, da Giacomo Della Porta sulla base dei progetti di Michelangelo, modificando un preesistente edificio medioevale, già sede delle corporazioni professionali delle arti e dei mestieri. Nell’edificio trovò posto sin dalle origini la più antica raccolta d’arte pubblica di Roma, nata nel 1471 con le donazioni fatte da Sisto IV al popolo; in seguito vi affluirono sculture etrusche e romane, ma la raccolta si arricchì notevolmente nella metà del Cinquecento con le opere rimosse dal Vaticano per volere di Pio V perchè raffiguranti divinità pagane. Nel 1748 vi fu collocata, al secondo piano, la Pinacoteca, posta nella nuova ala creata da Ferdinando Fuga. Nel 1876 il palazzo divenne museo ma le stanze dell’appartamento vero e proprio dei Conservatori furono usate dal Comune come sale di rappresentanza. La facciata è caratterizzata dalle gigantesche paraste, presenti anche sul prospetto dei Palazzi Senatorio e Nuovo, e dal coronamento con balaustra e statue; al pianterreno un porticato con colonne architravate affiancate da pilastri conservava, dal 1473 fino alla sistemazione michelangiolesca della piazza, la statua bronzea della Lupa capitolina.
Fino a poco tempo fa la scultura (nella foto 8) era considerata un oggetto di produzione etrusca, risalente ai primi decenni del V secolo a.C. La lesione alle zampe posteriori (come ancora si può notare) veniva attribuita ad un fulmine, fatto questo che voleva identificarla con la statua bronzea raffigurante Romolo allattato dalla lupa parimenti folgorata nel 65 a.C. sul Tempio di Giove Massimo dove era conservata. Nella tradizione romana tutte le statue colpite dai fulmini divenivano sacre e non più visibili: questo divenne il motivo, sempre secondo la tradizione, per cui la Lupa scomparve dalla vista per secoli, per riapparire soltanto nel Medioevo. La verità oggi sembra diversa, perché studi ed analisi recenti sostengono che la statua risalga direttamente al periodo medioevale, in un’epoca compresa tra l’XI ed il XII secolo d.C., eseguita con la tecnica di fusione chiamata “a cera persa indiretta” attraverso un calco ripreso dall’originale etrusco, mentre la lesione alle zampe altro non sarebbe che un difetto di fusione. Fatto inconfutabile è che nel periodo medioevale la scultura non si trovasse in Campidoglio: tesi piuttosto comune è che si trovasse sulla facciata dei Palazzi Lateranensi ma alcuni documenti antichi ed un disegno del 1438 testimoniano anche di una lupa situata all’esterno della Torre degli Annibaldi, su una base di pietra sostenuta da grappe infisse nel muro, dove presiedeva alle esecuzioni dei condannati, accanto alla quale venivano inchiodate le mani mozze dei ladri colpevoli di aver trafugato oggetti sacri o preziosi nelle chiese, in particolare nella vicina basilica di S.Giovanni in Laterano. Comunque sia, la statua di cui parliamo fu donata nel 1471 da papa Sisto IV ai Conservatori, insieme a 10 fiorini d’oro per il suo trasferimento e per il rifacimento dei gemelli, seriamente danneggiati, poi ricostruiti da Antonio Pollaiolo.
Nel 1586 fu posizionata su un piedistallo al centro della stanza della Lupa: quella sulla colonna onoraria all’imbocco di Via di S.Pietro in Carcere (nella foto 9) infatti è soltanto una copia. Le sale del Palazzo dei Conservatori contengono opere d’arte immense, come la scultura dello “Spinario“, un affascinante bronzo del I secolo d.C. raffigurante un giovanotto che cerca di rimuovere una spina dal piede; due oche di bronzo rinvenute negli Horti Sallustiani e donate da papa Benedetto XIII che le aveva acquistate, in ricordo delle oche che salvarono Roma; la testa di Costantino II proveniente dalla Basilica di Massenzio; la “Venere Esquilina“, scultura del I secolo a.C., associata al culto di Iside; inoltre, quadri del Caravaggio, Guercino, Tintoretto, Veronese, Tiziano. Nella Sala degli Orazi e Curiazi vi è posta la “Statua in trono di Urbano VIII” del Bernini che scatenò, nel 1635, un putiferio: infatti era proibito elevare in Campidoglio statue raffiguranti persone viventi, ma in seguito ad una legge che abrogava tale divieto, fu decretata l’esecuzione della scultura del pontefice regnante. Ma il popolo non volle saperne e tanto fu il malcontento che la statua dovette essere trasportata in Campidoglio di notte e di nascosto ed affinché la cosa potesse essere digerita fu fatta una speciale distribuzione di pane e viveri.
Il Palazzo Nuovo (nella foto 10), progettato da Michelangelo ma realizzato dal Vignola per volere di Clemente VIII Aldobrandini, fu completato nel 1655 da Girolamo e Carlo Rainaldi: qui precedentemente vi era soltanto un muro per contenere il terreno a ridosso della chiesa di S.Maria in Aracoeli. Nel 1734 divenne il primo museo pubblico al mondo per volere di Papa Clemente XII Corsini. La facciata, ad un piano, è scandita da otto lesene, con capitelli corinzi, due delle quali fanno da cantonale: su di esse corre un ampio fascione con ricco cornicione. Il portico si apre tra coppie di colonne, dove si trovano lo stemma di Alessandro VII e due iscrizioni a ricordo, una del re Carlo Alberto e dello Statuto promulgato nel 1848, l’altra del 25° Anniversario del Risorgimento: da qui si accede al cortile, dove è situata la statua di Marforio. Il Palazzo ospita pregevolissime opere classiche, come il gruppo di statue bronzee donate da Sisto IV nel 1471 (delle quali faceva parte anche la Lupa), una collezione di statue egizie, 65 busti di imperatori romani, 79 busti di filosofi, poeti, matematici, medici, oratori. Al centro di una sala il “Galata morente”, statua di un guerriero ferito in attesa della morte, copia romana di un originale greco del III secolo a.C; il famoso “Discobolo“, una statua greca rappresentante un lanciatore di disco e modificata, nel XVIII secolo, dallo scultore francese Monnot che la trasformò in un guerriero ferito. Qui è conservata anche la statua del “Leone che sbrana un cavallo“, in passato sulla scalinata del Palazzo Senatorio, sulla quale si appendevano le sentenze capitali e fungeva anche da berlina per debitori insolventi e commercianti disonesti.
Nella sezione Roma nell’Arte vedi:
Campidoglio di G.B.Falda
Campidoglio G.B.Piranesi