La leggenda sulla Nascita di Roma affonda le sue radici nella guerra di Troia, in particolare su due esuli, Antenore ed Enea: il primo si stabilì nel Veneto e fondò Padova, il secondo, insieme al padre Anchise ed al figlio Ascanio, a Laurento, nel Lazio. Qui i Troiani si scontrarono con la tribù locale dei Latini comandata dal re Latino: rimane poco chiaro se Latino sia stato sconfitto o chiese la pace, fatto sta che Enea ne sposò la figlia, Lavinia, ed insieme si trasferirono nella città da loro fondata, ovvero “Lavinium” (corrispondente all’attuale Pratica di Mare). Turno, re dei Rutuli (abitanti di Ardea), scatenò una guerra contro Latini e Troiani, probabilmente perché Lavinia era stata a lui promessa, ma venne sconfitto: per questo motivo chiese aiuto a Mezenzio, re di “Caere” (attuale Cerveteri). Latini e Troiani, unificati da Enea in un sol popolo chiamato Latino, sconfissero Etruschi e Rutuli ed Enea uccise Turno. Da qui la leggenda si focalizza sul fatto che Ascanio, figlio di Enea, abbandonò Lavinio e fondò Alba Longa, sulle pendici del monte Albano. Dopo circa 400 anni e 30 re, sul trono di Alba Longa arrivò Proca, che lasciò due figli, Numitore ed Amulio, a contendersi il potere. Numitore era il primogenito, quindi di diritto spettante al trono, ma l’usurpatore Amulio non soltanto lo cacciò ma, affinché la figlia di questi, Rea Silvia, non avesse più potuto avere figli che avessero poi potuto aspirare al trono, la costrinse a divenire vergine Vestale. Malgrado l’obbligo della verginità, Rea Silvia fu sedotta dal dio Marte e mise al mondo due gemelli, che chiamò Romolo e Remo. Venuto a conoscenza del fatto, Amulio ordinò che i due bimbi venissero uccisi, ma il servo incaricato non riuscì proprio a sopprimerli ed allora li abbandonò, all’interno di una cesta, sulle rive del Tevere. Neanche il fiume trovò il coraggio di uccidere i due piccoli e li fece arenare presso il fico Ruminale, nella palude del Velabro tra Palatino e Campidoglio. Qui vennero rinvenuti dal pastore Faustolo che li raccolse e li consegnò alla moglie Larenzia, una prostituta soprannominata “lupa”, che li allattò: da qui nacque la leggenda della lupa che allattò i gemelli. Romolo e Remo crebbero e divennero dei fieri guerrieri che rubavano ai ladroni per dare ai pastori, ma un giorno Remo venne catturato e consegnato ad Amulio, che lo consegnò all’inconsapevole zio Numitore affinché ne stabilisse la pena. Nel frattempo però Romolo, radunati i pastori, assalì la reggia di Amulio, che venne ucciso: liberato il fratello Remo, il trono venne riconsegnato al vero re, Numitore. A questo punto i due gemelli, oramai consapevoli di essere non soltanto nipoti del re ma figli del dio Marte, decisero di fondare una città propria ma per fare questo, vollero prima conoscere la volontà divina ed assicurarsene la benevolenza. La pratica più comune per interpretare il segno ed il presagio divino era il volo degli uccelli: per questo motivo Romolo salì sul Palatino e Remo sull’Aventino. Quest’ultimo avvistò 6 avvoltoi ed entusiasta lo annunciò a tutti, ma Romolo ne avvistò 12: a lui spettava l’onore ed il diritto della fondazione. Romolo iniziò allora a tracciare il solco che delimitava il “pomerio”, ovvero la zona sacra della città, ma Remo, per rabbia o sfida, con un salto oltrepassò il solco. Tra i due fratelli scoppiò una rissa che degenerò nell’uccisione di Remo: iniziò così la storia di Roma. Fin qui la leggenda, che non sempre è soltanto un racconto fantastico, ma a volte contiene un fondamento vero. Così sembra anche per la fondazione di Roma, perché gli archeologi hanno rivelato che verso la metà dell’VIII secolo a.C. sul Palatino vennero effettivamente costruite delle mura ed un palazzo che, per le sue dimensioni, altro non poteve essere se non un palazzo reale. Passando ora dalla leggenda alla realtà, la storia come spiega la nascita di Roma? Il motivo fondamentale della sua nascita e del suo sviluppo sta nella collocazione topografica sul fiume. Il Tevere funzionava infatti sia da via di collegamento per i traffici dal mare alla montagna e viceversa, sia da ostacolo per i commerci tra l’Etruria e la Campania. Questo sbarramento, in un periodo dove le capacità tecniche di costruire ponti erano ancora insufficienti, andava superato o con traghetti o con un guado: quale guado migliore allora di quello rappresentato dall’Isola Tiberina? Difatti qui le carovane arrivavano, si riposavano ma avviavano anche uno scambio di notizie e merci, per cui è naturale che vi nascesse un punto di scambio, un vero e proprio emporio. Naturalmente la riva scelta fu quella sinistra, ben protetta da due alture, il Campidoglio ed il Palatino, dalle quali si potevano avvistare i pericoli e sulle quali rifugiarsi in caso di pericolo. La leggenda e la tradizione attribuiscono la nascita di Roma nel 753 a.C. e come vediamo non è affatto casuale.
Nella mappa 1 (Direttrice dei traffici che da Caere passava per Ficana – Direttrice dei traffici che da Veio passava per Roma e l’Isola Tiberina – Via Salara) possiamo notare che tra il X ed il IX secolo a.C. la direttrice principale dei traffici laziali correva vicino al mare ed il guado che permetteva il passaggio del fiume si trovava all’altezza di Ficana (nei pressi di Acilia) perché in quel periodo la città dominante sull’Etruria meridionale, da un punto di vista politico ed economico, era “Caere” e la strada che passava per Ficana era appunto la via più breve per chi da “Caere” si recava a sud del Tevere. Tra la fine del IX e l’VIII secolo a.C. (ovvero il periodo al quale si riferisce la nascita di Roma) la città dominante, invece, divenne Veio e quindi gli itinerari commerciali cambiarono: da Veio la via più breve per il sud passava per Roma ed il guado sul fiume divenne appunto quello presso l’Isola Tiberina. Inoltre esisteva anche un’altra strada con direzione est-ovest che partendo dalla Sabina, sfruttava la viabilità della valle del Tevere, costeggiava la riva sinistra del fiume fino a Roma ed utilizzava il guado costitutito dall’Isola Tiberina. Era sicuramente un antichissimo percorso della transumanza delle pecore, usato anche per il commercio del sale proveniente dalle saline di Ostia: questa via corrisponde, ovviamente, alla “via Salaria” (o “Salara”), la quale, oltrepassato il guado del Tevere, proseguiva lungo la riva destra del Tevere per dirigersi, con il nome di “via Campana”, ai “campi salinorum”, cioè le saline situate alla foce del Tevere, nella zona oggi corrispondente agli stagni di Maccarese. Abbiamo visto, dunque, come il punto cruciale per il destino di Roma sia stata la riva sinistra del Tevere, dinanzi all’Isola Tiberina, nel luogo denominato Foro Boario. Qui inizialmente vi erano le “Salinae”, ovvero il luogo di raccolta del prezioso minerale, ma poi la zona si trasformò in un vero e proprio emporio: il nome di Foro Boario, ovvero mercato dei buoi, e la successiva costruzione del primo porto di Roma, il “portus Tiberinus“, non fanno altro che confermare la natura commerciale della zona. Per questi motivi sin dalla fine dell’età del Bronzo fino all’età del Ferro (X-XI secolo a.C.) i rilievi di Campidoglio, Palatino e Quirinale vennero occupati da numerosi villaggi e la nascita di Roma avvenne proprio in seguito all’unione di questi agglomerati che si assoggettarono all’abitato più importante stanziato sul Palatino.