Aldo Fabrizi nacque a Roma, in vicolo delle Grotte 10, il 1° novembre 1905 da Giuseppe ed Anita Pietrucci, gestori di un banco di frutta e verdura nella vicina Campo de’ Fiori. Il padre morì nel 1916 a causa di un grave incidente, per cui Aldo, all’età di 11 anni ma primogenito di 6 figli (aveva ben 5 sorelle, tra le quali Elena Fabrizi, in seguito soprannominata “sora Lella”), abbandonò gli studi per aiutare la numerosa famiglia e si adattò a fare i lavori più disparati. Esordì come macchiettista nel 1931, a 26 anni, nei piccoli teatri della capitale ed in giro per l’Italia, nella compagnia “Reginella” con il nome di “Fabrizio”, proponendo caricature di personaggi caratteristici romani come il vetturino, il conducente di tram e lo sciatore. Fu proprio in questa occasione che conobbe, alla fine del 1929, la cantante romana Beatrice Rocchi, in arte “Reginella”, alla quale era stata affidata l’interpretazione di alcune canzoni di Fabrizi; i due si fidanzarono ed iniziarono a cantare insieme in vari teatri d’Italia. Nel 1932 Aldo sposò la sua “Reginella” dalla quale ebbe due figli gemelli, Wilma e Massimo: padrino del battesimo fu Federico Fellini, che divenne poi sceneggiatore dei suoi primi film. Nel 1942 fece il suo esordio sul grande schermo con un film diretto da Mario Bonnard, “Avanti c’è Posto”, dove ripropose il fortunato personaggio del tranviere. Anche nelle due pellicole seguenti, “Campo de’ Fiori”, sempre diretto da Bonnard, e “L’ultima Carrozzella” per la regia di Mario Mattoli, ripropose le macchiette che aveva già interpretato a teatro, rispettivamente quelle del bigliettaio, del pescivendolo e del vetturino, insieme ad Anna Magnani. Nel film “L’ultima Carrozzella”, girato nell’estate del 1943 in piena guerra, tra gli attori troviamo alcuni esponenti celebri del dialetto e della canzone romanesca del Novecento, quali Romolo Balzani, Gustavo Cacini e Anita Durante. Da segnalare che durante l’Anno Santo del 1925 Aldo Fabrizi, per un certo periodo, lavorò davvero come vetturino, per cui si narra che lo spolverino ed il berretto indossati nella pellicola del 1943 fossero gli stessi da lui usati in quella precedente, giovanile esperienza. Il successo internazionale lo raggiunse nei panni di “don Pietro” (nella foto sotto il titolo, nella scena della fucilazione), il coraggioso sacerdote che proteggeva i partigiani in “Roma Città Aperta” (1945) di Roberto Rossellini, pellicola che rivelò appieno anche le sue doti drammatiche. Si dedicò, in maniera saltuaria, anche al doppiaggio: sue sono le voci di Giuseppe Varni, il bidello della scuola femminile nel film “Maddalena… zero in condotta” e di Gino Saltamerenda, il netturbino che aiutò Lamberto Maggiorani ed il piccolo Enzo Staiola a cercare la bicicletta rubata, nel mercato di Porta Portese, in “Ladri di Biciclette” (1948), entrambi diretti da Vittorio De Sica. Nell’ambito del neorealismo trovò ruoli importanti anche in altri film come “Vivere in pace” (1946) di Luigi Zampa e “Prima Comunione” (1950) di Blasetti. Nel 1951, come regista, girò “La famiglia Passaguai”, primo capitolo di una fortunatissima trilogia che lo vide pure protagonista. Da ricordare in particolare i film interpretati con Totò (“Guardie e Ladri” del 1951, “I Tartassati” del 1959, “Totò, Fabrizi e i giovani d’oggi” del 1960, “Totò contro i quattro” del 1963), e con Peppino De Filippo (“Signori in carrozza” del 1951, “Accadde al penitenziario” del 1955 e “Guardia, guardia scelta, brigadiere e maresciallo” del 1956), con i quali diventò uno dei protagonisti più importanti della commedia all’italiana.
Sul palcoscenico del Teatro Sistina, nella stagione 1962-1963, ottenne un grande successo interpretando il ruolo del boia papalino Mastro Titta (nella foto 1) nella commedia musicale “Rugantino” di Garinei e Giovannini, scritta e diretta da Massimo Franciosa e Pasquale Festa Campanile. Nel cinema grandi le partecipazioni ne “La Tosca” (1973) di Luigi Magni ed in “C’eravamo tanto amati” (1974) di Ettore Scola. Sul piccolo schermo esordì nel 1959, come interprete dello sceneggiato di Leopoldo Cuoco e Gianni Isidori “La voce nel bicchiere”, diretto da Anton Giulio Majano. Per molto tempo, preso da impegni cinematografici e teatrali, fu questo il suo unico lavoro televisivo, fino al 1971, quando ottenne un altro grande trionfo nel varietà del sabato sera “Speciale per noi” diretto da Antonello Falqui, accanto ad Ave Ninchi, Paolo Panelli e Bice Valori, che fu anche l’unica testimonianza visiva rimasta delle sue macchiette teatrali. Come Ugo Tognazzi, ebbe l’hobby della gastronomia ed amò in modo particolare la pasta, sulla quale scrisse non soltanto varie ricette, ma anche poesie in dialetto romanesco. Vincitore di due Nastri d’Argento, nel 1950 per “Prima Comunione” di Alessandro Blasetti e nel 1974 con “C’eravamo tanto amati” di Ettore Scola, si aggiudicò nel 1951 il premio per la miglior sceneggiatura al Festival di Cannes per “Guardie e Ladri” di Stefano Vanzina e Mario Monicelli. Abitava a Roma in via Arezzo, nel quartiere Nomentano, nello stesso edificio dell’amica Ave Ninchi. La sua ultima apparizione in tv fu nel programma “G.B.Show” del 1988. Rimasto vedovo nel 1981, Aldo morì il 2 aprile 1990, a 84 anni, pochi giorni dopo aver ricevuto un David di Donatello alla carriera: è sepolto nel Cimitero Monumentale del Verano di Roma.
CIAO ALDO!