Su un alto podio sorgono le tre colonne corinzie superstiti del Tempio di Castore e Polluce, o dei Dioscuri, i due gemelli divini che, narra la leggenda, nel corso della battaglia presso il lago Regillo (499 a.C.), che opponeva i Romani ai Latini, alleati di Tarquinio il Superbo nel tentativo di riconquistare Roma, apparvero in sella a due cavalli bianchi e guidarono i Romani alla vittoria. Subito dopo, gli stessi cavalieri furono visti abbeverare i cavalli alla Fonte di Giuturna ed annunciarono in città la vittoria, per scomparire subito dopo. Il popolo riconobbe in essi i Dioscuri: il dittatore Aulo Postumio Albino fece voto di erigere un tempio in loro onore, che fu dedicato da suo figlio nel 484. Il tempio fu restaurato da L.Cecilio Metello Dalmatico nel 117 a.C. e poi ancora da Verre. Un ultimo restauro si ebbe dopo l’incendio del 12 a.C. ad opera di Tiberio: il nuovo edificio, al quale appartengono i resti monumentali ancora visibili, fu dedicato nel 6 d.C. Il podio, di cui resta soltanto la parte in opera cementizia, è in gran parte quello del 117 a.C. ed ingloba vari resti della fase precedente: vogliamo ricordare che un blocco marmoreo del tempio fu asportato ed utilizzato come base della statua equestre di Marco Aurelio.
La parte anteriore del podio, al quale si accedeva da due scalette laterali, era probabilmente decorata con rostri e costituiva, insieme ai Rostri Imperiali ed a quelli posti sul podio del Tempio di Cesare, una delle tre tribune presenti nel Foro Romano. Degni di essere menzionati alcuni episodi salienti della storia repubblicana che avvennero qui: sulla tribuna Gaio Giulio Cesare perorò la sua legge agraria e nel tempio si riunì varie volte il Senato. Il podio era utilizzato anche come tribuna presidenziale dei comizi legislativi che si svolgevano nella piazza antistante. Sappiamo inoltre che nel tempio aveva sede l’ufficio dei pesi e delle misure e che vi erano negozi di banchieri: è probabile che questi debbano essere identificati nelle stanzette che si aprono sul podio, tra colonna e colonna. Ad est del tempio, e ad esso collegata, è situata la sopra menzionata Fonte di Giuturna (nella foto 1), dedicata alla ninfa sorella del re dei Rutuli, Turno. Le sue acque, considerate salutari, venivano raccolte in un bacino (“lacus“) approssimativamente quadrato, di circa m 5 per lato, rivestito di marmo ed al centro del quale si può ancora notare un piedistallo rettangolare, al centro del quale vi erano collocate le due statue dei Dioscuri (ritrovate a pezzi nel bacino ed oggi esposte nell’Antiquarium), proprio in ricordo dell’apparizione dei due gemelli presso la fonte.
Lo scavo, avvenuto nel 1900, ha riportato in luce la sorgente, che aveva assunto già in età repubblicana un aspetto monumentale. Il bacino, posto ad un livello più basso di circa un metro rispetto a quello attuale, corrispondente alla pavimentazione augustea, è in opera quasi reticolata, tipica della fine del II e degli inizi del III secolo a.C., con restauri in opera reticolata, di inizio Impero, probabilmente in coincidenza del restauro tiberiano del tempio dei Dioscuri. Sul bordo della fonte vi è il calco di una base qui scoperta (l’originale è all’Antiquarium) di età traianea, con la rappresentazione dei Dioscuri, dei loro genitori Giove e Leda, e di Giuturna. Il tempietto della divinità (nella foto 2), anch’esso aggiunto in età traianea, è situato a sud del bacino, appoggiato all’Oratorio dei Quaranta Martiri, ed è sormontato da un’iscrizione con dedica a Giuturna. Davanti ad esso vi è un pozzo marmoreo con l’iscrizione, ripetuta due volte, dell’edile curule del periodo augusteo M.Barbatius Pollio ed un’ara di età severiana con la rappresentazione di Giuturna e di Turno.
Nella sezione Roma nell’Arte vedi:
Avanzi del Tempio di Castore e Polluce di G.B. Piranesi