La chiesa dei Ss.Cosma e Damiano fu costruita nel VI secolo da papa Felice IV all’interno di una delle due Biblioteche del Tempio della Pace e nella rotonda appartenente all’edificio conosciuto come Tempio di Romolo, a lui donati da Amalasunta, figlia di Teodorico, affinché vi costruisse una chiesa. Il pontefice dedicò la chiesa ai Ss.Cosma e Damiano, i due medici che subirono il martirio nel 303, e per questo motivo è conosciuta anche come “Basilica beati Felicis“. La chiesa fu ampliata durante il pontificato di Sergio I (695) e di Adriano I (772) svolgendo la funzione di centro di accoglienza per indigenti finché, nel 1512, venne affidata dal cardinale Alessandro Farnese ai Francescani del Terzo Ordine Regolare di S.Francesco, i quali effettuarono una serie di restauri e di ampliamenti.
Ma fu nel 1632, con Urbano VIII, che la chiesa fu totalmente rinnovata su disegno dell’architetto camerale Luigi Arrigucci, il quale decise, a causa del carattere malsano ed acquitrinoso in cui versava il Foro Romano, di rialzare il pavimento di ben 7 metri, creando così una chiesa inferiore ed una superiore. I Francescani, nello stesso periodo, commissionarono ad Orazio Torriani l’edificio conventuale che si sviluppa sulla destra della chiesa. Originariamente l’accesso, quindi, avveniva dalla “Via Sacra“, attraverso il bellissimo portale del Tempio di Romolo: una vetrata, situata all’interno della chiesa, permette tuttora di ammirare la rotonda (nella foto 1), posta all’interno della porta bronzea, che aveva funzione di atrio. L’ingresso attuale, invece, è posto su un lato della chiesa (nella foto in alto), su via dei Fori Imperiali, attraverso un atrio sul quale si affaccia un tratto della parete in blocchi in opera quadrata dell’antica Biblioteca Pacis.
Da qui si accede alla chiesa attraverso un lungo corridoio, già parte del chiostro francescano edificato dall’Arrigucci e decorato dagli affreschi di Francesco Allegrini rappresentanti “Storie di S.Francesco e del beato Lucchese“. Il chiostro (nella foto 2), a pianta rettangolare con sei arcate nei lati lunghi e tre nei lati corti, tutte rette da pilastri, presenta al centro una caratteristica fontana a tre invasi. Questa è costituita da una vasca di forma quadrata, poco elevata da terra e con gli angoli arrotondati, al centro della quale sorge un sostegno cilindrico, parzialmente scanalato, che sostiene due vasche in marmo concentriche circolari. La vasca esterna, quella inferiore, presenta il bordo animato da varie sporgenze con volti grotteschi e teste di leone; dalla vasca superiore si eleva un breve zampillo.
L’interno della chiesa dei Ss.Cosma e Damiano (nella foto 3) è a navata unica con tre cappelle per lato e termina con un’ampia abside semicircolare e con un grande arco trionfale che custodisce un meraviglioso mosaico della fine del VII secolo raffigurante l’Apparizione dell’Agnello di Dio fra i sette candelabri, angeli e simboli degli evangelisti. Nel catino absidale un altro meraviglioso mosaico del VI secolo raffigurante “Gesù fra i Santi Pietro, Paolo, Cosma e Damiano e Felice IV che presenta il modello della chiesa“. Al centro del presbiterio è situato l’altare maggiore, eseguito nel 1637 da Domenico Castelli riutilizzando per la mostra le colonne marmoree di quello antico, entro il quale si conserva un dipinto di anonimo romano del XIII secolo raffigurante una “Madonna con Gesù Bambino in trono“, conosciuta anche come la Madonna della Salute o di S.Gregorio a causa della famosa leggenda per cui, mentre S.Gregorio passava presso la chiesa, la Madre di Dio si rivolse a lui dicendo: “Gregorio, perché non mi saluti più, come facevi sempre?”.
Infine, degno di menzione, il bellissimo soffitto a cassettoni (nella foto 4), dipinto e dorato, che presenta al centro lo stemma di Urbano VIII Barberini (tre api dorate su fondo azzurro) ed un dipinto raffigurante la Gloria dei Santi Cosma e Damiano, opera di Marco Tullio Montagna. Nel vestibolo inoltre si trova un magnifico Presepe napoletano del XVIII secolo, donato alla chiesa nel 1939 da un cittadino di origine napoletana, Cataldo Perricelli: derubati alcuni suoi elementi nel 1988, l’opera, restaurata e integrata da Giulio Strauss, è tornata ad essere esposta nel 1994.