La Domus Tiberiana, ovvero il Palazzo dell’Imperatore Tiberio, fu il primo ad essere costruito sul Palatino, molto probabilmente sulla casa natale dell’imperatore stesso, unendo alcune dimore di età tardo-repubblicana. L’edificio fu successivamente ampliato da Caligola verso il Foro Romano, completato da Nerone ed infine restaurato da Domiziano. Degli ambienti disposti attorno ad un grande peristilio oggi non resta più nulla di visibile, mentre ben conservato è invece il gruppo di 18 ambienti costituiti da stanze rettangolari coperte a volta e costruite interamente in laterizio: risalgono all’epoca di Nerone, probabilmente ricostruite dopo l’incendio del 64.
Il lato orientale della Domus Tiberiana è caratterizzato da un criptoportico (nella foto 1), lungo circa 130 metri, anch’esso attribuito all’età neroniana: il corridoio, con finestrelle a bocca di lupo disposte su un lato della volta, conserva ancora resti degli intonaci parietali a motivi geometrici, stucchi della volta con amorini tra motivi vegetali e pavimenti a mosaico. Probabilmente però la parte più caratteristica della Domus Tiberiana, ed anche la più ampia dell’intero complesso ancora visibile, è costituita dal lato settentrionale, quella rivolta verso il Foro Romano (nella foto 2).
Questi ambienti, estesi su una superficie di circa m 150 x 120, si svolgono in salita lungo la via identificata come “Clivus Victoriae” e vi si possono distinguere due fasi: alla prima, risalente al periodo di Domiziano e costituita da una serie di ambienti chiusi in facciata da un loggiato su mensole di travertino e delimitato da transenne di marmo, si appoggiarono le successive strutture databili all’età adrianea, che scavalcano la via con grandi arcate. Graffiti incisi sull’intonaco di questi ambienti, con liste di conti e nomi di monete, fanno ipotizzare che essi furono anche utilizzati dal fisco imperiale, forse per la diffusione delle nuove monete; nella fase più tarda gli ambienti vennero adoperati come magazzini. L’edificio, in seguito sede preferita degli imperatori Antonini, ospitò anche una biblioteca e l’archivio imperiale, che bruciarono durante il regno dell’imperatore Comodo (176-192 d.C). Nell’VIII secolo d.C. la Domus Tiberiana venne utilizzata anche come residenza da Papa Giovanni VII. Dalla fine del secolo X seguì le sorti del resto del Palatino, con l’abbandono prima e le spoliazioni poi, avvenute principalmente verso la metà del Cinquecento, con il riuso dei materiali per la costruzione di chiese, palazzi o torri, finché nel XVI secolo quello che rimaneva del Palazzo imperiale venne sepolto sotto gli Orti Farnesiani. Nel 1542 infatti il cardinale Alessandro Farnese, nipote di Paolo III, acquistò le rovine della “domus“, le riempì di terra ed incaricò il Vignola di disegnargli un giardino: nacquero così i famosi “Horti Palatini Farnesiorum“.
L’architetto allestì il giardino su tre terrazze, concepite in funzione di comodi viali per il passeggio e collegate tra loro da un articolato movimento di rampe e scalinate, fino a giungere alle caratteristiche “Uccelliere gemelle” (nella foto 3), unite al centro dalla loggia. Un viale principale divideva la vasta area verde in riquadri, variati nel disegno e nelle misure e cinti intorno da muri di bosso: il risultato fu uno dei primi orti botanici in Europa, nel quale i giardinieri introdussero piante nuove per l’Italia e l’Europa, tra cui l’Acacia farnesiana. Gli Orti divennero anche meta delle riunioni arcadiche prima che i “pastori” scegliessero il Bosco Parrasio come luogo delle riunioni poetiche. Il declino dei giardini iniziò con i nuovi proprietari, i Borbone, che vollero trasportare a Napoli statue e marmi a causa del rinnovato interesse artistico e storico per le opere classiche, smantellando le strutture rinascimentali.