La chiesa di S.Sebastiano al Palatino (nella foto sopra) è situata in Via di S.Bonaventura e fu costruita dove, secondo la tradizione, nel III secolo fu martirizzato S.Sebastiano, ufficiale dell’esercito romano, condannato a morte dall’imperatore Diocleziano con la celebre frase: “Io ti ho sempre tenuto fra i maggiorenti del mio palazzo e tu hai operato nell’ombra contro di me, ingiuriando gli dèi“. Sebastiano fu condannato ad essere trafitto dalle frecce: legato ad un palo in una zona del colle Palatino chiamato ‘campus’, fu colpito seminudo da tante frecce da sembrare un istrice e poi, creduto morto dai soldati, lasciato lì in pasto agli animali selvatici. Ma la nobile Irene, andata a recuperarne il corpo credendolo morto, si accorse che il tribuno era ancora vivo e così lo trasportò nella sua casa al Palatino. Sebastiano miracolosamente guarì ma, nonostante il consiglio degli amici di fuggire da Roma, decise di proclamare la sua fede davanti a Diocleziano ed al suo associato Massimiano, mentre gli imperatori si recavano per le funzioni al tempio eretto da Eliogabalo.
La sorpresa di vedere l’ufficiale ancora vivo fu immensa ma, dopo aver ascoltato i rimproveri di Sebastiano per la persecuzione contro i cristiani, Diocleziano questa volta ordinò che fosse flagellato a morte: l’esecuzione avvenne nel 304 nello Stadio ed il corpo gettato nella Cloaca Maxima, affinché i cristiani non potessero recuperarlo. L’ingresso alla chiesa avviene da via di S.Bonaventura 1 tramite un bel portale (nella foto 1) che costituisce l’ingresso della Vigna Barberini ed è decorato con una pittura moderna in ceramica raffigurante il martirio di S.Sebastiano. La chiesa di S.Sebastiano al Palatino sorge su un gigantesco terrazzamento artificiale, sostenuto da poderose sostruzioni in laterizio, esteso su metri 150 x 110, al quale un tempo si accedeva, al centro del lato occidentale, dal Clivo Palatino, per mezzo di un ingresso monumentale a cinque “porte” (“Pentapylum“) e preceduto da scalinate.
In asse con l’ingresso ed al centro del terrazzamento sorgeva certamente un tempio che è stato identificato con quello di Eliogabalo, del quale permangono le fondazioni (nella foto 2) che misurano m 60 x 40 circa. Il tempio fu costruito dall’imperatore, e dedicato a sé stesso, in onore del Dio Sole nell’intenzione di introdurre a Roma il culto orientale del sovrano vivente. Per tale motivo Eliogabalo fece riunire in questo edificio gli oggetti sacri più venerati a Roma: il simulacro di Cibele, il fuoco di Vesta, il Palladio, gli “ancilia”. La costruzione originaria del monastero e della chiesa risalgono probabilmente alla fine del X secolo, perché in un’epigrafe situata sotto l’abside e datata in quel periodo si ricorda che tal Petrus Medicus fosse l’autore degli splendidi affreschi che decoravano la chiesa. Nel 1061 il complesso venne concesso da papa Alessandro II alla potente Abbazia benedettina di Montecassino e presso questa chiesa, allora conosciuta come “S.Maria in Pallara” o “in Palladio”, in riferimento proprio al Palladio che Eliogabalo fece qui custodire, nel 1118 fu eletto pontefice Gelasio II. Il monastero si trova alla sinistra della chiesa, con la quale è internamente collegato. Nel 1626 papa Urbano VIII Barberini acquistò la proprietà conosciuta come Vigna del Monte Palatino, poi rinominata Vigna Barberini, e decise di restaurare il complesso affidandone l’opera a Luigi Arrigucci.
Questi, nel 1632, completò il restauro realizzando, all’interno, una luminosa navata unica ma distruggendo i preziosi affreschi medioevali della navata e del presbiterio: si salvarono soltanto quelli presso l’abside, tuttora ben visibili (nella foto 3). Il pontefice volle anche sistemare all’inizio della parete destra una lapide databile al 977 che riporta i versi dedicati ad un ignoto personaggio di nome Merco, ritiratosi a vivere in S.Sebastiano dopo aver abbandonato il benessere di cui godeva presso la propria famiglia.
La chiesa, che prese il titolo di S.Sebastiano al Palatino, ebbe anche una nuova facciata (nella foto 4), costituita da un’alta parete modanata con semplice timpano. L’ingresso avviene tramite un bel portale a doppio timpano ornato da un serafino e dalle api dei Barberini, che ritroviamo anche nel grande stemma marmoreo collocato al di sopra, in onore di papa Urbano VIII. L’interno della chiesa è a navata unica con abside: l’altare (nella foto 3) è ornato da una coppia di colonne di breccia corallina, mentre l’abside, come sopra menzionato, conserva affreschi del X secolo.