Il nome attuale di Piazza d’Aracoeli deriva dalla chiesa di S.Maria in Aracoeli che qui si affaccia, ma in passato ebbe varie altre denominazioni: “Piazza sotto la scenta (scesa) del Campidoglio“, “Piazza del Mercato” e “Piazza del Mercatello“. Purtroppo dobbiamo subito affermare che la piazza che vediamo oggi è soltanto una porzione di quella che era un tempo, prima che lo scempio la demolisse per l’apertura della Via del Mare (attuale Via del Teatro di Marcello): il 28 ottobre 1927 vi fu il primo colpo di piccone che inaugurò la distruzione di tutto il blocco occidentale di Piazza d’Aracoeli, situato tra Campidoglio e Palazzetto Venezia. Sparirono così Palazzetto Santacroce Gamberucci, Palazzo Fabi Silvestri e la chiesa di S.Venanzio: una bellissima incisione di Giuseppe Vasi ci permette di ammirare ancora la disposizione dei tre edifici, con la chiesa di S.Venanzio situata proprio dinanzi alla facciata di Palazzo Muti Bussi sull’odierna Via di S.Venanzio. Questa chiesa, precedentemente chiamata “S.Giovanni in Mercatello” dal mercato che qui si svolgeva, risaliva al Duecento e nel 1542 fu assegnata da Paolo III ai Monaci Basiliani di Grottaferrata, che a loro volta la consegnarono al Sodalizio dei Piceni, ai quali subentrarono nel 1668 i Camerinesi, che la ristrutturarono e la dedicarono al loro santo protettore, Venanzio. Piazza d’Aracoeli, creata da Michelangelo come “quinta per la visuale lontana della sistemazione del Campidoglio“, venne completamente degradata, ridotta ad un innaturale prolungamento di Piazza Venezia: al posto di uno degli ambienti più straordinari di Roma fu creato così uno slargo informe. Il problema che si pose allora fu quello di come colmare il grande vuoto venutosi a creare con la distruzione degli edifici: una soluzione prevedeva la costruzione del palazzo della Confederazione Fascista dell’Industria (già stabilito, peraltro, da un regio decreto del 1929), un’altra la costruzione di uno dei due grandi porticati (l’altro sarebbe stato posto presso il Foro di Traiano) disposti simmetricamente ai lati del Monumento a Vittorio Emanuele II, in particolare quello di Piazza d’Aracoeli addossato ad un nuovo edificio. Non sappiamo dire se fu una fortuna ma alla fine venne decisa la costruzione delle due esedre arboree, ornate da siepi e pini, secondo il progetto di Corrado Ricci, ovvero quei due basamenti curvilinei, gradinati ed alberati che ancora oggi vediamo ai due lati del Monumento a Vittorio Emanuele II. Piazza d’Aracoeli era denominata in passato, come sopra menzionato, “Piazza del Mercato” (o “del Mercatello“), un toponimo che rimanda all’antica ubicazione del mercato qui trasferito sin dal Medioevo dalla sommità del Campidoglio (dove sembra fosse tenuto già dagli etruschi). Occorre dire che a quei tempi il mercato non era soltanto il luogo dove si effettuavano vendite o acquisti ma era anche il luogo di dibattiti politici, spesso violenti, di risse e scontri: in questa piazza il tribuno Cola di Rienzo inaugurò, nel 1348, la scalinata del Campidoglio, qui migliaia di persone ascoltarono le parole infuocate di S.Bernardino da Siena, sempre qui Ignazio da Loyola aprì la sua prima scuola di grammatica e dottrina cristiana. Come ogni mercato che si rispetti, anche qui fu posizionata una fontana, progettata da Giacomo Della Porta e realizzata da Andrea Brasca, Pietro Gucci e Pace Naldini nel 1589, durante il pontificato di Sisto V.
La fontana (nella foto sotto il titolo) è costituita da due vasche, quella inferiore di tipo mistilineo, al centro della quale è situata una base cubica ornata da mascheroni e festoni, sulla quale poggia la vasca superiore, circolare, anch’essa ornata con quattro mascheroni, al centro della quale svettano quattro putti sorridenti che versano acqua e sopra i quali stanno i monti, simbolo araldico di Papa Alessandro VII Chigi. L’attuale vasca circolare delimitata da basse colonnine con sbarre che racchiudono la fontana, invece, è una realizzazione ottocentesca, in quanto originariamente la fontana aveva due gradini alla base, circondata da un canaletto nel quale confluiva l’acqua che debordava dalle due vasche. La fontana è alimentata dall’Acqua Felice, proveniente però dalle vasche della Fontana del Mosè e per questo detta di ricasco.
Accanto alla fontana prospetta la facciata laterale di Palazzo Muti Bussi (nella foto 1), con piccolo portale ad arco affiancato da due finestre architravate ed inferriate su davanzali rette da mensole sovrastanti le finestrelle inferriate dello scantinato. I tre piani presentano finestre architravate al primo, dove è situato anche un bel balcone su mensole ad angolo con Via d’Aracoeli, architravate con decori al secondo ed a cornici semplici al terzo.
Al civico 3 della piazza è situato Palazzo Fani Pecci Blunt (nella foto 2), risalente al Cinquecento come proprietà dei Paluzzi Albertoni, nobile famiglia romana, che lo vendettero a metà del Cinquecento ai Gottardi, passando successivamente ai Fani, oriundi della Toscana, che lo fecero ristrutturare da Giacomo Della Porta. Nel 1599 vi abitò il Cardinale Borromeo e nel 1601 il Cardinale Sfondrati. I Fani nel 1611 lo vendettero: nel 1626 divenne proprietà di Giacomo Filippo Spada, che vi risiedette insieme al fratello, il Cardinale Bernardino. Quando poi gli Spada si trasferirono nel 1632 a Palazzo Capodiferro, l’edificio venne acquistato dalla famiglia senese dei Ruspoli, che ebbero qui la loro prima residenza romana e qui vi restarono fino al 1745, quando si trasferirono nel Palazzo Ruspoli; dopo una breve proprietà dei conti Malatesta, l’edificio fu acquistato nell’Ottocento dai conti Pecci Blunt, attuali proprietari.
Il palazzo sviluppa su due piani oltre al pianterreno: sulla piazza si apre il portale architravato (nella foto 3) con l’iscrizione PECCI BLUNT, affiancato da quattro finestre architravate con i davanzali sorretti da mensole e con finestrelle al di sotto.
Oltrepassato il portale si apre uno stretto androne che conduce in un elegante cortile quadrangolare (nella foto 4) che presenta, sullo parete di fondo, una bella fontana inquadrata da due lesene in travertino. La fontana è costituita da una nicchia, rivestita di pietra lavica, racchiusa in una cornice ad arco modanata, al centro della quale domina la figura di un Bacco giovane, seduto su una base di travertino, che regge con la mano sinistra un grappolo d’uva e con la mano destra un’anfora dalla quale esce l’acqua che si raccoglie in una conchiglia sostenuta da due delfini, i quali, a loro volta, la versano nella sottostante vasca semicircolare modanata da cui cade infine nel bacino di raccolta con ampio bordo arrotondato. Su Via della Tribuna di Tor de’ Specchi si apre il grande portale bugnato; la sopraelevazione e l’altana sono ottocenteschi. Un grosso marcapiano unisce le cinque finestre architravate del primo piano ed un altro si trova sotto quelle incorniciate del secondo; il cornicione presenta mensole con rosoni, al di sotto del quale è situato un ricco fregio a girali.
L’altro edificio nobiliare di Piazza d’Aracoeli, affiancato al precedente mediante due fasce bugnate, è Palazzo Massimo di Rignano Colonna (nella foto 5), la cui struttura originaria risale ad un edificio del Quattrocento costruito per i Boccabella, antica famiglia romana, nota fin dall’XI secolo e che ebbe alti dignitari nella Chiesa ed al Campidoglio. Alla loro estinzione, avvenuta alla fine del Seicento, l’edificio fu ereditato dagli Eustachi, famiglia di origine pugliese presente a Roma sin dal Cinquecento, i quali la vendettero ai Massimo di Rignano, ramo cadetto dell’antica famiglia nobile di Parione, i quali fecero ristrutturare completamente l’edificio da Carlo Fontana. L’ultima rappresentante di questa famiglia, donna Maria, sposò nel 1899 il principe Prospero Colonna, sindaco di Roma da quello stesso anno fino al 1904 ed una seconda volta dal 1914 al 1919: il palazzo passò così ai Colonna che tuttora lo possiedono. La facciata sulla piazza apre con un maestoso portale tra due colonne sovrastate da una finestra con timpano curvilineo e due festoni che scendono sul portone: fregi con rami di lauro adornano l’architrave, mentre una pigna è situata nella chiave dell’arco ribassato. Il portale è affiancato da finestre architravate ed inferriate con sottostanti finestrelle; i tre piani presentano finestre architravate al primo, a cornice semplice agli altri due.
A coronamento è situata una cornice mistilinea ed a mensole, con la sopraelevazione ottocentesca ed una piccola torre merlata del Novecento (nella foto 6), sulla quale campeggia l’iscrizione MAXIMA, a ricordo del duca Mario Massimo, che qui aveva il suo osservatorio astronomico.
Nel piccolo cortile (nella foto 7), proprio di fronte all’ingresso, è situata una bella fontana barocca a edicola realizzata da Carlo Fontana e caratterizzata da un ordine architettonico composito formato da quattro colonne e quattro paraste con trabeazione, fregio ed una massiccia cornice, al centro della quale è posto lo stemma dei Massimo, fiancheggiato da due leoni accovacciati che versano acqua entro una sottostante conchiglia appesa. Al centro della nicchia è situato, all’interno di una vasca centrale affiancata da due minori, un Tritone con la buccina che soffia acqua che ricade nella vasca stessa e dalla quale si versa nel bacino di raccolta semicircolare a fior di terra. I lavori per l’apertura della Via del Mare (attuale Via del Teatro di Marcello) determinarono il taglio dello spigolo dell’edificio e l’eliminazione di due finestre per ogni fronte: venne così creata la facciata ad angolo smussato con tre finestre (visibile nella foto 5), sulla quale è situata anche un’edicola mariana con il busto marmoreo della Vergine. La facciata dell’edificio su Via del Teatro di Marcello presenta sette finestre con le stesse caratteristiche di quella principale: al pianterreno apre un bel portale a protome leonina, una porta arcuata a bugne regolari che risale al Quattrocento ed infine si vedono tracce di un portico medioevale.
Nella sezione Roma nell’Arte vedi:
Chiesa dei Ss.Venanzio ed Ansovino di G.Vasi