L‘Ara Pacis Augustae, ovvero l’Altare della Pace di Augusto, celebrò la pacificazione nell’area mediterranea realizzata dall’imperatore Augusto dopo le vittoriose campagne di Gallia e di Spagna. Il monumento, commissionato dal Senato il 4 luglio del 13 a.C. e solennemente inaugurato quattro anni dopo, il 30 gennaio del 9 a.C., era posto accanto alla “via Lata“, probabilmente in prossimità del limite sacro della città (il pomerio), appena passato il “Lucus Lucinae“. L’Ara Pacis si compone di un recinto rettangolare in marmo di m 11,65 x 10,62, elevato su un podio e fornito di due porte nei lati lunghi, alle quali si accede tramite una scala. All’interno del recinto è situato l’altare vero e proprio, elevato su tre gradini, mentre altri cinque gradini permettevano al sacerdote di raggiungere la mensa, ossia il piano dell’altare sul quale si celebravano i sacrifici. Il recinto è suddiviso in due registri decorativi: quello inferiore vegetale, quello superiore decorativo, separati da una fascia con motivo a svastica. La parte esterna è costituita da pannelli inquadrati da lesene marmoree con capitelli corinzi: la zona inferiore è identica su tutti e quattro i lati ed è costituita da una tessitura di girali di acanto che dipartono simmetricamente da un unico cespo disposto al centro di ogni pannello; la zona superiore, invece, si presenta più varia, con quattro quadri marmorei raffiguranti scene mitologiche ed allegoriche nei lati lunghi, ossia a fianco delle due porte, e due rappresentazioni di carattere storico nei lati brevi.
Il primo quadro (sulla fronte del recinto, a sinistra della scala di accesso) reca la rappresentazione del “Lupercale“, la grotta cioè dove la lupa della leggenda avrebbe allattato i gemelli Romolo e Remo. Purtroppo la scena è quasi interamente scomparsa: restano parte di un personaggio a destra, probabilmente il pastore Faustolo che adotterà ed alleverà i gemelli, la figura di Marte a sinistra, il dio che li aveva generati unendosi con la vestale Rea Silvia, ed il fico ruminale sotto il quale vennero allattati i gemelli presso il Velabro. Assai meglio conservata la scena posta alla destra della scala (nella foto 1), dove appare Enea, in età avanzata, con la veste sacerdotale ed il capo coperto in atto di sacrificare la scrofa dai trenta porcellini ai Penati (il cui tempio è visibile in alto a sinistra). La parte terminale del braccio destro è andata perduta ma molto probabilmente sorreggeva una patera, ovvero una coppa rituale, a giudicare dal giovane assistente al rito (camillus) che gli sta davanti e che porta un vassoio con frutta e pani ed una brocca nella mano destra; alle spalle del camillus vi è un altro assistente, un victimarius, che sospinge la scrofa. Sulla destra, alle spalle di Enea, s’intravede un’altra figura che si ritiene possa essere Ascanio, figlio di Enea e capostipite della gens Iulia, o forse Acate, il guerriero compagno di Enea.
Sul versante opposto dell’Ara, ai lati dell’altra porta, il quadro di sinistra rappresenta la Pax Augusta, la Pace (secondo alcuni rappresenterebbe Tellus, la Terra madre), raffigurata come una donna fiorente con due bimbi (nella foto 2); il pannello è completato da un bue, una pecora, piante palustri, fiori e due figure femminili seminude, una seduta sopra un mostro marino, l’altra sopra un cigno e simboleggiano rispettivamente i venti benefici di mare e di terra. Il quadro di destra invece è quasi completamente perduto: esso rappresentava la Dea Roma, ovvio parallelo della Pace. Nei lati brevi troviamo invece la rappresentazione di due schiere di personaggi in un’ambientazione ancora incerta: secondo alcuni raffigurerebbe la processione che si svolse nel 13 a.C., in occasione del voto del monumento, secondo altri la cerimonia di accoglienza tributata ad Augusto al suo ritorno dalle campagne di Gallia e Spagna.
Il più importante è sicuramente il fregio posto ad est (nella foto 3, quello rivolto verso il Mausoleo di Augusto), nel quale si riconoscono i membri della famiglia imperiale disposti secondo un rigido ordine gerarchico (nella foto 4): in testa Augusto con il capo velato, affiancato da due personaggi togati e seguito dai quattro Flamini con l’elmo apicato e da un “sacenator” con la scure; seguono Agrippa con il figlio Caio Cesare, Giulia (figlia di Augusto e moglie di Agrippa), Tiberio, Antonia Minore (figlia di Marco Antonio e di Ottavia, sorella di Augusto) seguita dal figlio Germanico e rivolta verso il marito Druso (fratello di Tiberio), il piccolo Domizio (figlio di Lucio Domizio Enobarbo e di Antonia Maggiore), Antonia Maggiore con la figlia Domizia, Lucio Domizio Enobarbo e, prima di questi, in secondo piano, Mecenate.
Il lato ovest (nella foto 5, rivolto verso il Tevere), mostra un altro corteo dove si intravedono alcuni personaggi togati, sacerdoti ed un gruppo di donne e bambini, nel quale si identifica la rappresentazione delle vedove della famiglia imperiale.
Tra i personaggi che sfilano si riconosce Lucio Cesare, secondogenito di Agrippa e Giulia, raffigurato come il più piccolo dei fanciulli e condotto per mano. La figura femminile velata che segue potrebbe essere quella della madre Giulia, o forse Livia; alle spalle, la figura matronale viene generalmente riconosciuta come Ottavia Minore, sorella di Augusto. Tra le due donne è posta in primo piano la figura di un giovanetto, riconosciuto come terzo figlio di Agrippa e della prima moglie di lui, Marcella Maggiore. Alle spalle di Ottavia si può riconoscere Giulia Minore.
Anche la parte interna del recinto (nella foto 6) è suddivisa in due settori, corrispondenti a quelli esterni: quello inferiore caratterizzato da una serie di listelli verticali a rilievo, quasi ad imitare uno steccato, mentre quello superiore presenta un campo liscio, sul quale spiccano ricchi festoni di foglie e frutta appesi a bucrani e patere. Anche l’altare reca una decorazione scolpita: sullo zoccolo vi sono rappresentati personaggi femminili a rilievo, mentre la parte superiore, con le fiancate decorate da girali poggianti su leoni alati, è decorata con un piccolo fregio che gira tutt’intorno, sia internamente che esternamente e rappresenta il sacrificio che il 30 gennaio di ogni anno, nella ricorrenza della “consecratio” dell’altare, si compiva sull’ara. Il fregio è ben conservato solo sulla fiancata sinistra, dove sono rappresentati, all’interno, le Vestali ed il Pontefice Massimo ed all’esterno i sacerdoti ed i camilli con gli animali destinati ai “suovertaurilia” (il sacrificio del maiale, della pecora e del toro).
La prima scoperta dell’Ara Pacis risale al 1568, quando, al di sotto di Palazzo Fiano, riapparvero nove grandi blocchi marmorei scolpiti su entrambi i lati ed inizialmente attribuiti ad un arco domizianeo. Una parte dei blocchi fu acquistata dal Granduca di Toscana e per la maggior parte trasferiti a Firenze, un altro grande frammento finì al Museo del Louvre (ove tuttora si trova), un altro ancora fu trasferito ai Musei Vaticani, mentre quasi tutte le parti decorate a festoni vennero murate sulla facciata di Villa Medici, dove in parte sono ancora oggi. Nel Medioevo l’Ara Pacis servì da fondaco ad un marmorario che ne usò, fra l’altro, un frammento, poi ritrovato, che adoperò, rovesciato, per scolpirvi la pietra tombale di mons. Poggi, sepolto nella Chiesa del Gesù. Nel 1859, durante i lavori di consolidamento di Palazzo Fiano, furono scoperti altri reperti, come il basamento dell’altare, il rilievo di Enea e la testa di Marte. Il merito del riconoscimento dei frammenti come appartenenti all’Ara Pacis spetta all’archeologo tedesco Federico von Dühn. Nel 1903 furono così intrapresi i primi scavi regolari, che portarono alla luce la struttura del monumento. Gli scavi si conclusero nel 1937 e la ricomposizione fu affidata a Giuseppe Moretti, con la collaborazione di Guglielmo Gatti: i frammenti fiorentini furono recuperati, così come quelli dei Musei Vaticani, donati da Pio XII, mentre per quelli del Louvre e di Villa Medici si dovette far ricorso a calchi. Mussolini in persona decise di porre l’Ara Pacis all’interno di un padiglione e collocarla nei pressi del Mausoleo di Augusto, tra via di Ripetta ed il Lungotevere in Augusta. Il progetto definitivo, presentato nel novembre del 1937, non fu interamente rispettato e l’architetto Ballio Morpurgo, il progettista del padiglione, dovette accettare la semplificazione dell’opera, anche in considerazione del fatto che la sistemazione era ritenuta provvisoria. Cemento e finto porfido furono impiegati al posto del travertino e dei marmi pregiati, mentre il compito di proteggere il monumento venne affidato a grandi vetrate: l’inaugurazione ebbe luogo il 23 settembre 1938. Negli anni del conflitto le vetrate vennero rimosse ed il monumento fu protetto da grossi sacchi di pozzolana, sostituiti in seguito da un muro paraschegge: la teca fu ripristinata soltanto nel 1970. I gas di scarico, le polveri, le vibrazioni e l’umidità evidenziarono l’insufficienza della teca a proteggere l’Ara, per cui negli anni Ottanta si procedette ad un primo sistematico intervento di restauro ma già a metà degli anni Novanta le condizioni del monumento risultarono così preoccupanti che nel 1995 il Comune di Roma decise di sostituire la teca. Il progetto per musealizzare il prezioso monumento fu affidato all’architetto statunitense Richard Meier.
Il complesso dell’Ara Pacis (nella foto 7), inaugurato il 21 aprile 2006 e duramente contestato, impiega tuttavia le tecnologie più avanzate e materiali di qualità: il travertino, proveniente dalle stesse cave da cui fu estratto quello per la realizzazione della limitrofa piazza Augusto Imperatore, presenta caratteristiche che ne fanno un materiale unico; lo speciale intonaco utilizzato è caratterizzato da un’estrema levigatezza e da una sua specifica reazione autopulente agli agenti atmosferici; il vetro temperato che racchiude il monumento è composto da due strati, separati da un’intercapedine di gas e ioni di metallo, che garantiscono un rapporto ottimale tra resa estetica, trasparenza, fonoassorbenza, isolamento termico e filtraggio della luce; l’impianto di illuminazione impiega riflettori anti-abbagliamento e filtri per la resa del colore; l’impianto di condizionamento è stato studiato per offrire una stabilità di temperatura ed un elevato filtraggio dell’aria anche in caso di sovraffollamento, mentre un sofisticato sistema crea una cortina d’aria sulle grandi vetrate che impedisce fenomeni di condensazione e stabilizza la temperatura.