Vi sono sicuramente tante strade il cui toponimo ha origini discutibili o addirittura misteriose, ma indubbiamente Via Vittoria offre un caso singolare di toponomastica. Il Rufini nel 1847 affermò che questa via “venne così chiamata perché credesi vi abitassero due fratelli ed un altro giovane che nelle giostre e nelle corse riuscendo più volte vincitori, venivano accompagnati alla loro abitazione coronati di alloro e di olivo con plausi e grida di vittoria“. Simpatica ma difficile da accettare, come d’altronde la spiegazione che fa discendere il nome della via dal fatto che qui vi abitarono, durante la Rivoluzione Francese, le zie di Luigi XVI, Adelaide e Vittoria, dimenticando però che il toponimo è più vecchio di almeno due secoli e, inoltre, perché solo Vittoria e non anche Adelaide? Altri ancora indicano un documento, le “Taxae Viarum” del 1617, dal quale risulta che nella via abitava ed operava un tal Stefano Vittoria, tessitore di una certa notorietà: forse è la spiegazione più accettabile.
Via Vittoria collega via del Corso a via del Babuino ed ebbe origine nell’ambito di un’operazione unitaria della struttura urbana del Tridente, episodio che concluse la “renovatio Urbis” del Rinascimento romano, iniziata da papa Leone X (1510) e completata sotto Paolo III. La via ebbe anche nome “delle Orsoline” per il monastero fondato, insieme alla chiesa denominata dei Ss.Giuseppe ed Orsola, da Camilla Borghese Orsini nella prima metà del Seicento ed interamente ricostruito tra il 1760 e il 1779 da Mauro Fontana e Pietro Camporese il Vecchio. Con l’avvento di Roma capitale e con lo scioglimento delle corporazioni religiose, le Orsoline furono costrette a sgomberare l’edificio che divenne proprietà statale. Nel 1876 i locali dell’ex convento furono concessi all’Accademia di Santa Cecilia e per questo motivo il complesso fu riadattato e ristrutturato: la chiesa venne sconsacrata e divenne sala per concerti, poi utilizzata come sala di recitazione per l’Accademia d’Arte Drammatica. L’Accademia di Santa Cecilia, un’istituzione musicale che vantava già tre secoli di storia, fu istituita nel 1585 da Sisto V con la bolla “Ratione congruit”, atto ufficiale di fondazione della Congregazione dei Musici. Sua prima sede fu la chiesa di “S.Maria ad Martyres“, poi nel giro di circa 40 anni si trasferì diverse volte, dalla chiesa di S.Cecilia in Trastevere a S.Nicola de’ Cesarini a quella di S.Maria Maddalena. Finalmente nel 1685 la Congregazione fissò la proprio sede a S.Carlo ai Catinari: periodo di particolare splendore fu quello che vide il cardinale Pietro Ottoboni protettore della Congregazione (1691-1739), tanto che il quel periodo (1716) un Breve di conferma di Innocenzo XI obbligava tutti i musicisti operanti a Roma ad iscriversi come soci ceciliani. Nel 1830, con l’elezione di Luigi Rossi alla carica di segretario della Congregazione, ebbe inizio un periodo di profonda trasformazione, da sodalizio a vera e propria Accademia di valenza internazionale. Deciso ad aprire le fila dei soci a categorie fino ad allora escluse (poeti, danzatori, costruttori di strumenti musicali, editori e perfino regnanti ed ambasciatori in qualità di mecenati), Rossi varò una profonda riforma dello Statuto, trasformando la Congregazione dapprima in “Congregazione ed Accademia” e poi in “Pontificia Accademia”. Nel 1853 l’Accademia cambiò ancora sede e si stabilì in via di Ripetta 222, fino alla definitiva sede, come già accennato, nell’ex convento delle Orsoline di via Vittoria.
L’Accademia, nel corso della sua lunga storia, diede vita ad una scuola di musica, il Liceo Musicale, quello che poi nel 1923 sarebbe diventato Conservatorio statale. Accademia e Conservatorio si stabilirono sotto lo stesso tetto, l’una con ingresso in via Vittoria al n. 6 (nella foto 1) e l’altro al n. 18 della parallela via dei Greci, ingressi collegati da un lungo corridoio che lambisce il chiostro sul quale si affacciano i locali della Biblioteca Musicale Santa Cecilia, nota agli appassionati ed agli studiosi di musica di tutto il mondo. Vi si conservano, fra l’altro, i manoscritti autografi di Giovanni Pier Luigi da Palestrina, della “Norma” e della “Beatrice di Tenda” del Bellini e del “Viaggio a Reims” di Rossini. E proprio alla Biblioteca è toccato il frammento più prezioso dell’antico monastero, giacché la sala di lettura altro non è che l’ex refettorio della chiesa, rimasto intatto, con pareti decorate ed affreschi dipinti in prospettiva. La Sala Accademica (Auditorium) di circa 400 mq è stata costruita ex novo nel 1894 da Pompeo Coltellacci, per poter dotare il Liceo Musicale di un grande organo, che è sovrastato dal busto di S.Cecilia. Prima che i concerti da camera dell’Accademia si trasferissero al Teatro Argentina, al Teatro Costanzi, all’Augusteo, al Teatro Adriano, all’Auditorium Pio in via della Conciliazione ed infine al Nuovo Auditorium, su quel palcoscenico si esibirono i più grandi concertisti del nostro secolo: a suo tempo era la più vasta delle sale esistenti a Roma ed era dotata di un’acustica perfetta. La cappella del convento, il cui portone d’ingresso era quello che ancor oggi si vede al civico 4 con timpano curvilineo, sovrastato da una finestra a forma di mezza luna, compreso entro una nicchia a forma di portale terminante con timpano a triangolo, è sconsacrata e da tempo trasformata in teatrino che, intitolato ad Eleonora Duse, è dato in uso all’Accademia di Arte Drammatica. Un altro ricordo storico che ci attrae è la lapide sopra il portone al civico 60: “S.P.Q.R. GIUSEPPE GARIBALDI NELL’APRILE MDCCCLXXIX (1879) ABITÒ IN QUESTA CASA OVE FU VISITATO DAL RE UMBERTO I – XX SETTEMBRE 1882”. Garibaldi alloggiò, quindi, in questa casa ove disegnò dei progetti per far deviare le acque del Tevere ed evitare così le inondazioni della città. Nessun progetto garibaldino fu realizzato (fortunatamente!), anche perché molto fantasiosi, tipo quella di deviare il corso del fiume scavando un’enorme galleria sotto Monte Mario, oppure coprirlo completamente, realizzando sul suo corso un bel boulevard simile a quelli che costituiscono l’orgoglio di Parigi. Quello che fu realizzato, invece, fu il progetto dei muraglioni del Tevere, che, sebbene abbiano definitivamente eliminato le terribili inondazioni del fiume che tante distruzioni causarono, hanno ugualmente modificato l’aspetto del fiume e la sua connessione con la città, distruggendo tanti angoli pittoreschi.