Il Tempio di Claudio fu iniziato dalla moglie Agrippina subito dopo la morte dell’imperatore avvenuta nel 54 d.C. ma fu poi parzialmente demolito e trasformato in ninfeo monumentale da Nerone che lo incluse nella “Domus Aurea“. Dopo la morte di Nerone, Vespasiano lo ricostruì. Il tempio, del quale non resta più nulla, sorgeva su una grande piattaforma rettangolare di m 180×200 sostenuta da potenti muri di contenimento. Soltanto attraverso la “Forma Urbis“, la grande pianta marmorea di età severiana, sappiamo che il tempio era prostilo esastilo, con tre colonne sui lati, mentre il resto dell’area, recinta da un portico, era occupato da un giardino. Nerone distrusse soltanto l’edificio di culto, non le sue sostruzioni, che anzi sfruttò, come abbiamo detto, come base per la grande fontana utilizzata come sfondo scenografico della “Domus Aurea” ed alimentata dall’Acquedotto Neroniano, una diramazione dell’Aqua Claudia.
Le sostruzioni del tempio di Claudio invece sono ancora visibili, come il tratto occidentale conservato sotto la base del campanile e nel convento della basilica dei Ss.Giovanni e Paolo (nella foto 1). Si tratta di un gruppo di ambienti a due piani, comunicanti tra loro, appoggiati contro un muro a più strati dietro al quale vi sono due corridoi paralleli. La facciata è interamente in blocchi di travertino, le arcate sono inframezzate da lesene doriche, delle quali solo il capitello è rifinito, e sormontate da un pesante architrave. Il livello attuale corrisponde al secondo piano ma anche la parte inferiore è stata riportata alla luce ed è visibile. I muri radiali degli ambienti, coperti a volta, erano in laterizio ed in origine chiudevano anche le arcate, lasciando solo alcune finestre come aperture. Al centro della facciata un avancorpo, del quale sopravvivono solo alcuni ruderi in laterizio, sostenevano la scalea di accesso al tempio.
Il lato nord era anch’esso costituito da una fila di ambienti addossati ad un muro di fondo (nella foto 2), davanti ai quali vi era un edificio in laterizio corrispondente ad una scalea a ripiani discendente verso il Colosseo e probabilmente destinata a giochi d’acqua. Ancora più scarsi sono i resti del lato sud, dove la collina era più alta e quindi non vi era bisogno di sostruzioni. Il più monumentale e meglio conservato dei lati è quello orientale, scoperto nel 1880 al momento dell’apertura di via Claudia (nella foto sotto il titolo). Si tratta di una grande parete di mattoni articolata da una serie di nicchie successive ai lati di un ambiente più grande. Tra questo enorme muraglione ed il terrapieno retrostante corre un’intercapedine utilizzata per l’alloggiamento idrico, evidentemente realizzata da Nerone per rifornire il suo ninfeo. La parete doveva essere rivestita, almeno in parte, di lastre marmoree e completata da un portico colonnato con arcate in corrispondenza delle nicchie.