L’edificio situato in Largo Leopardi è conosciuto come Auditorium di Mecenate (nella foto sopra), corrispondente al ninfeo degli “Horti Maecenatis“, la grande villa che Mecenate si fece costruire sull’Esquilino intorno al 30 a.C., quando cioè la zona, fino ad allora luogo di sepolture, venne “bonificata” con la costruzione di splendide ville residenziali. L’Auditorium di Mecenate, scoperto nel 1874, è tutto quanto rimane della splendida villa e si compone di un’aula rettangolare, absidata su uno dei lati minori, con una dimensione di 10,60 metri di larghezza per 24,40 metri di lunghezza e coperta con volta a botte.
La parte anteriore dell’aula era più ampia e si restringeva verso il fondo per far posto ad una serie di nicchie (nella foto 1), sei per lato. Altre cinque nicchie si aprivano nell’abside, al di sopra della gradinata di sette gradini semicircolari, coperti in origine di marmo cipollino, che formavano una piccola cavea teatrale. L’ingresso avviene oggi, come allora, da una rampa inclinata che scende fino al livello della sala, che anche anticamente era seminterrata. Proprio questa particolarità, insieme alla presenza di tubi (poi chiusi) che uscivano dal gradino più alto della cavea, dai quali doveva scendere abbondante l’acqua, permise di identificare la sala con un ninfeo. La villa ebbe una seconda fase costruttiva documentata da un pavimento in “opus sectile” posto al di sopra dell’originario pavimento a minute tessere bianche, ravvivato da fasce rosse ad encausto, seguita da una terza fase indicata dalla muratura in laterizio visibile alla base della cavea. Le pareti conservano ancora alcuni bellissimi affreschi che possono essere datati alla seconda fase di ristrutturazione della villa: si tratta di una tipica decorazione di terzo stile con paesaggi, giardini ed un basso fregio monocromo con scene figurate. Le pitture furono probabilmente eseguite sotto Tiberio alla fine del I secolo a.C. quando questi, non ancora imperatore, andò ad abitare nella villa che Mecenate aveva lasciato in eredità imperiale.
Notare i due tronconi di muro (nella foto 2) che sporgono sul lato orientale dell’edificio, costituiti da blocchi di tufo giallognolo, sorretti da tratti in opera reticolata e da restauri moderni: stiamo osservando i resti di un tratto delle antiche mura Serviane, in questa zona quasi del tutto scomparse, ma queste arrivate fino a noi proprio grazie al fatto di essere state inglobate nell’Auditorium.