La Basilica Giulia occupa il luogo di una delle più antiche basiliche, la Sempronia, eretta dal censore Tiberio Sempronio Gracco, il padre dei celebri Tiberio e Gracco, nel 170 a.C. Sappiamo da Livio che, per fare ciò, Gracco demolì la casa di Scipione l’Africano ed alcune botteghe ad essa connesse. La basilica Giulia fu iniziata da Gaio Giulio Cesare probabilmente già nel 54 a.C., insieme al nuovo Foro di Cesare. Completata da Augusto, bruciò nel grave incendio del 12 a.C. Ricostruita, fu dedicata ai due figli adottivi dell’imperatore, Gaio e Lucio, ma mantenne sempre il nome primitivo. Danneggiata dall’incendio di Carino nel 283, fu ricostruita da Diocleziano. A causa di continui saccheggi, ben poco sopravvive dell’antico edificio: praticamente solo il podio, che sorge su alcuni gradini (sette all’angolo est, uno solo a quello ovest), dove si possono ammirare il pavimento ed i resti di alcune colonne. I suoi limiti sono segnati dalle due strade principali che, provenendo dal Tevere, conducono al Foro Romano: il “Vicus Iugarius” a ovest ed il “Vicus Tuscus” a est. Il “Vicus Jugarius” corrisponde al tracciato attuale di via della Consolazione e di vico Jugario, che congiungeva il Foro Romano alla porta Carmentalis presso il Foro Olitorio, passando sotto il Campidoglio, mentre il “Vicus Tuscus” corrisponde all’attuale tracciato di via S.Teodoro, che deviando presso la via del Velabro, congiungeva il Foro Romano al Foro Boario. La Basilica Giulia misurava complessivamente m 101 x 49 ed era costituita da un edificio comprendente cinque navate: la grande sala centrale di 82 x 18 metri, era circondata sui quattro lati da due portici successivi ed in essa aveva sede il tribunale dei centumviri. Tende o tramezzi in legno la dividevano in settori, utilizzati da quattro tribunali contemporaneamente: solo in caso di giudizi particolarmente importanti si rendeva necessaria tutta la sala.
Sui gradini della basilica verso il Foro Romano (quelli che possiamo osservare nella foto in alto) e sul pavimento delle gallerie si possono ancora notare le tracce, incise ed utilizzate dagli sfaccendati che riempivano la piazza, riproducenti tavole da gioco simili al moderno gioco della dama che i Romani chiamavano “tabulae lusoriae“. Sul lato della basilica prospiciente il “vicus Tuscus” si può notare una porta metallica (nella foto 1), posta leggermente al di sotto del piano stradale: si tratta di un ingresso, forse quello principale, della Cloaca Maxima. Una lastra di marmo ricorda un passo di Dionigi di Alicarnasso tratto da “Le antichità Romane”: “(Tarquinio il Superbo) diede inizio anche allo scavo di canali sotterranei attraverso i quali tutta l’acqua che scola dalle vie si versa nel Tevere ed è questa un’opera mirabile che supera ogni descrizione”.