Il Carcere Mamertino, situato al Clivo Argentario sotto la chiesa di S.Giuseppe dei Falegnami, fu la più antica, e per lungo tempo l’unica, prigione di Roma, realizzata, secondo Livio, dal re Anco Marzio. Una rampa di scale conduce al livello antico. La facciata attuale di travertino è dell’inizio dell’età imperiale, come indica la grande iscrizione col nome dei due consoli, C.Vibio Rufino e M.Cocceio Nerva (la data non è sicura ma comunque va fissata tra il 39 ed il 42 d.C.). Questa facciata ne copre un’altra più antica, di tufo di Grotta Oscura. Da un’apertura moderna si passa in una stanza trapezoidale, costruita in blocchi di tufo di Monteverde e dell’Aniene, quindi databile alla seconda metà del II secolo a.C. L’ingresso originario era forse costituito da una porticina a livello più alto del pavimento attuale, ora murata, che si apriva nella parete destra. Al di là di questa porta erano gli altri ambienti della prigione, noti col nome di “Lautumiae“, perché ricavati entro antiche cave di tufo. Nel pavimento si apre un foro circolare che un tempo era l’unico ingresso all’ambiente sottostante, cui ora si accede per una scala moderna. Questa era la parte più segreta e terribile della prigione, nota col nome di “Tullianum“: qui venivano gettati e poi strangolati i prigionieri di stato. Tra i personaggi illustri ai quali fu riservata questa sorte rammentiamo Giugurta, re della Numidia (104 a.C.), Vercingetorice, capo dei Galli (49 a.C.), i partigiani di Gaio Gracco (123 a.C.), i Catilinari (60 a.C.), Seiano e i suoi figli (31 d.C.). La tradizione vuole che nel Carcere Mamertino furono rinchiusi Pietro e Paolo: S.Pietro, scendendo con il compagno nella camera sottostante, cadde battendo il capo contro la parete e ve ne lasciò l’orma. Chiusi nella segreta, senza luce, i due apostoli fecero scaturire miracolosamente una polla d’acqua (in latino “tullus“, polla d’acqua, da cui il nome “Tullianum“) e convertirono i loro carcerieri, Processo e Martiniano: dopodiché, i due apostoli abbandonarono il carcere.