La costruzione del Tempio della Concordia si attribuisce a Marco Furio Camillo che nel 367 a.C. celebrò in questo modo la fine delle lotte tra patrizi e plebei, conclusesi in quell’anno con la pubblicazione delle leggi “Licinie Sestie“, che equipararono politicamente i due ordini della città romana: è certamente il caso di segnalare che con questo tempio per la prima volta venne proposta al culto la personificazione di una virtù civica. Il tempio fu restaurato una prima volta da Lucio Opimio nel 121 a.C. (in concomitanza con la costruzione della Basilica Opimia che da lui prese il nome), dopo l’uccisione di Gaio Gracco e dei suoi partigiani, e poi una seconda volta (probabilmente in seguito ad un incendio), tra il 7 a.C. e il 10 d.C., dal futuro imperatore Tiberio, che lo arredò come un vero e proprio museo con numerose opere d’arte, in prevalenza di fattura greca, tra le quali tre famosi dipinti di Zeusi, Nicia e Teoro, nonché statue in bronzo risalenti al IV e al III secolo a.C. La forma attuale della cella, realizzata in senso trasversale, ossia più larga che profonda, fu realizzata solo nel rifacimento di Tiberio, onde sfruttare al massimo lo stretto spazio a disposizione, occupando anche l’area della distrutta basilica Opimia. La cella era preceduta da un pronao con 6 colonne sulla fronte e da una scalinata, mentre due grandi finestre si aprivano sull’estensione dell’edificio ai lati del pronao. Del Tempio della Concordia oggi restano soltanto il podio e la soglia della cella (nella foto in alto), costituita da due enormi blocchi di marmo nei quali è inciso un caduceo. Una parte della ricchissima trabeazione è conservata nel “Tabularium“, mentre un capitello della cella (corinzio, e con la rappresentazione di coppie di montoni) si trova nell’Antiquarium. In età repubblicana il tempio, nel quale si riuniva il Senato, fu teatro di importanti avvenimenti storici: qui Cicerone pronunciò la quarta orazione contro Catilina (“Catilinaria“) e sempre qui Seiano, prefetto del pretorio di Tiberio, che aveva congiurato insieme a Messalina contro lo stesso imperatore, nel 31 d.C. fu condannato a morte dal Senato e poi giustiziato nel vicino Carcere Mamertino.