Via d’Aracoeli collega piazza del Gesù a piazza d’Aracoeli e, come quest’ultima, prende il nome dalla vicina chiesa di S.Maria in Aracoeli. La via appartiene al rione Pigna da piazza del Gesù fino all’incrocio con via delle Botteghe Oscure e via di S.Marco, al rione Campitelli per il tratto seguente fino a piazza d’Aracoeli: prendiamo ora in considerazione la zona di appartenenza al rione Campitelli. Via d’Aracoeli fu tracciata nel 1536 da Paolo III in occasione della visita a Roma dell’imperatore Carlo V: per l’occasione la città fu soggetta a numerose opere di abbellimento e di restauro, grazie a tassazioni straordinarie applicate in particolare alle varie corporazioni di arte e di mestiere. Infatti fu progettato un itinerario per il corteo imperiale finalizzato a mostrare gli antichi splendori di Roma ma che, allo stesso tempo, presentasse una città moderna, soprattutto dopo le distruzioni avvenute pochi anni prima durante il Sacco di Roma (1527). Il corteo fu fatto entrare a Roma da porta S.Sebastiano e venne indirizzato verso l’Arco di Costantino e l’Arco di Tito e, seguendo la via Sacra, fino a piazza Venezia; da qui, tramite la nuova via d’Aracoeli, fu indirizzato per l’antico percorso della via papalis fino a S.Pietro.
Via d’Aracoeli ebbe nel tempo varie denominazioni: via dei Conservatori ad Capitolium, Strada de novo costituita per la quale si va al Campidoglio, via tendente al Campidoglio, Stradone del Campidoglio ed infine via Aracoeli o Capitolina (come viene denominata nell’incisione “Casa Professa e Chiesa del Gesù” di Giuseppe Vasi). I lavori di ampliamento di via di S.Marco e di via delle Botteghe Oscure, effettuati tra il 1930 ed il 1932, determinarono uno stravolgimento nella via, con i palazzi abbattuti o ricostruiti, come palazzo Astalli, che su questa via prospetta con un fianco, o palazzo Margani, quando fu demolita una parte dell’edificio per la costruzione, su via delle Botteghe Oscure, dell’edificio un tempo appartenuto al Partito Comunista Italiano, oggi sede operativa dell’ABI, l’Associazione Bancaria Italiana. Palazzo Margani (nella foto 1) si apre al civico 13 (nello stesso isolato della Casa dei Margani) e fu costruito nel Cinquecento; nel Seicento vi subentrarono i Mattei, che lo vendettero ai Boadilla, per poi essere riacquistato dai Mattei di Paganica. Nel 1861 l’edificio fu acquistato all’asta dalla Congregazione dei Nobili Ecclesiastici, che lo rivendette al conte Marco Senni. Si susseguirono così numerosi residenti in veste di affittuari: il prelato economo, la Presidenza di Roma e la prima Camera di Commercio istituita nella città con la Borsa. Nel Settecento vi abitò il cardinal Zelada, segretario di Stato di Pio VI, che possedeva una notevole biblioteca ed una collezione di antiche medaglie, nonché “molte macchine matematiche ed un bel museo d’istoria naturale”. Il palazzo è a due piani e due finti ammezzati con finestrelle murate; al pianterreno vi sono due imponenti portali bugnati e porte di negozio. Un’iscrizione ricorda che qui abitò anche l’ingegnere nonché deputato e Ministro dei Lavori Pubblici Alfredo Baccarini.
Al civico 4 si apre Palazzo Muti Bussi (nella foto in alto sotto il titolo), costruito per Orazio Muti da Giacomo Della Porta nella seconda metà del Cinquecento, poi completato ed in gran parte modificato da Giovanni Antonio De Rossi nel 1642. Il palazzo fu seriamente danneggiato da un incendio nel 1648, durante il quale bruciò l’appartamento dove risiedeva il cardinale Brancaccio, per cui fu rimodernato nel Settecento. I Muti vantavano un’origine antica che si faceva risalire a Muzio Scevola e per questo avevano uno stemma con due mazze decussate (tuttora presente sopra i portali d’ingresso) e l’impresa della mano sul fuoco sopra il motto “Non uritur”, ovvero “Non si brucia”. Negli archivi capitolini sono segnalati a Roma dal 1139 con un Bobone ed imparentati con i Capranica, i Cesarini ed i Capizucchi. Dalla famiglia Muti nacquero vari Conservatori in Campidoglio ed un cardinale, Tiberio, già vescovo di Viterbo. Ai primi dell’Ottocento Cecilia Muti sposò Giulio Bussi e così i nomi dei casati si unificarono in Muti Bussi con titoli di duca, conti e marchesi fino all’estinzione avvenuta nel 1972 con Olimpia. L’edificio è delimitato dalle vie di S.Venanzio, di S.Marco, d’Aracoeli, dal vicolo Astalli e dalla piazza d’Aracoeli e, seppure presenta una pianta pentagonale, apre su 6 facciate, perché l’angolo su via d’Aracoeli, dove apre il portale principale, è smussato. L’edificio presenta tre piani, oltre il pianterreno, ed ognuno sviluppa 24 finestre, architravate al primo, architravate con decori al secondo, a cornici semplici al terzo. Al pianterreno vi sono una serie di finestre architravate ed inferriate su davanzali retti da mensole sovrastanti le finestrelle dello scantinato.
Due i portali principali, comunicanti tramite un ampio cortile ad esedra con fregi: quello nell’angolo smussato al civico 4 (nella foto 2), ornato da un cartiglio con teste di leone e mazze decussate, simboli araldici dei Muti, e quello più modesto, che si apre sulla facciata via di S.Venanzio (nella foto 3), sormontato da uno stemma uguale al precedente. Da segnalare che proprio dinanzi a questa facciata era situata la chiesa di S.Venanzio che dava il nome alla via, come possiamo ammirare nell’incisione “Chiesa dei Ss.Venanzio ed Ansovino” di Giuseppe Vasi. Caratteristica anche la facciata su piazza d’Aracoeli, con un bel balcone ad angolo con via d’Aracoeli. Le bugne degli angoli sono a tutt’altezza fino al cornicione, dove terminano con lo stemma raffigurante le mazze araldiche dei Muti.