Il bel rettilineo di oltre mezzo chilometro destinato ad unire l’eleganza raffinata di piazza di Spagna alla luminosità mondana di piazza del Popolo un tempo non si chiamava Via del Babuino (nella foto sopra). Nel Quattrocento la strada era suddivisa in due denominazioni: un tratto si chiamava “via dell’Orto di Napoli“, perché vi si era accampata una colonia di napoletani; un secondo tratto era chiamato “via del Cavalletto“, perché qui si praticava uno dei supplizi effettuati dalle autorità pontificie, dove il condannato era posto a cavallo di un legno affilato con pesi alle gambe di entità proporzionata al reato commesso. Nell’anno 1525 Papa Clemente VII vi fece dei lavori di sistemazione, dando un volto unitario alla strada che, in onore del pontefice, fu detta “via Clementina“; con lo stesso criterio, in seguito ai lavori effettuati da Paolo III intorno al 1540, la strada divenne “via Paolina“.
Nel settembre 1571 vennero concesse da Pio V tre once d’acqua a “strada Paolina” per la realizzazione di una fontana ad uso pubblico e la statua del Sileno (nella foto 1) venne posta al di sopra della vasca. I Sileni, geni delle sorgenti e delle fontane, erano raffigurati, nell’arte ellenistica, vecchi, obesi, pelosi, nudi oppure vestiti di pelle di capra. Infatti la statua, brutta e deforme, fu battezzata dai romani “er babuino” perché la giudicarono così repellente da paragonarla ad una scimmia. Il Sileno non sarebbe diventato così famoso se il cardinale Dezza, che abitava presso la fontana, non avesse preso l’abitudine, ogni volta che vi passava davanti, di togliersi il cappello ed inchinarsi devotamente. Forse un pò miope, lo aveva scambiato per il ritratto di qualche santo: il Sileno divenne un mito, oggetto di lazzi e manifestazioni satiriche, divenendo un simbolo non solo per la strada, a cui diede il nome, ma anche per la stessa città. In seguito, alla statua vennero appese le “babuinate“, ovvero messaggi anonimi contenenti feroci satire politiche rivolte al pontefice o, comunque, a personaggi in vista dell’epoca: entrò così a far parte della “congregazione degli arguti”, come era chiamata l’associazione con le altre “statue parlanti”, Pasquino, Madama Lucrezia, Marforio, il Facchino e l’Abate Luigi.
Il Sileno è posto sopra una vasca termale di epoca romana, di granito bigio e di forma rettangolare all’interno della quale versa l’acqua una semplice cannella. La fontana fu realizzata a spese di Alessandro Grandi e sistemata a ridosso del suo palazzetto (approssimativamente sul lato opposto dell’odierna sistemazione) in un prospetto a nicchia isolato. Nel 1738, in seguito alla demolizione di Palazzo Grandi ed alla costruzione del nuovo Palazzo Boncompagni Cerasi, la fontana venne spostata in una nicchia analoga alla precedente, caratterizzata da due lesene scandite da forti bugne, ricavata alla base del nuovo edificio. Sull’architrave fu aggiunta una composizione in travertino raffigurante due delfini che sorreggevano con le code un balconcino soprastante. Per motivi di viabilità, però, nel 1887 la fontana fu scomposta: la statua del Babuino venne collocata nel cortile di Palazzo Boncompagni Cerasi, la vasca di granito fu utilizzata in sostituzione di quella dell’abbeveratoio di via Flaminia, mentre la nicchia divenne una porta d’ingresso tuttora esistente al civico 49A (nella foto 2). Le forti e ripetute proteste dei romani fecero sì che nel 1957 il Babuino fu restituito alla “sua” via, riadattato a fontana con la sua vasca originaria (nel frattempo ripresa da via Flaminia) nella posizione odierna.
Su Via del Babuino, vicino all’angolo con via dei Greci, è situata la chiesa di S.Atanasio (nella foto 3), costruita tra il 1580 ed il 1583 da Giacomo Della Porta, per soddisfare la volontà di Papa Gregorio XIII, che voleva donare una chiesa, oltre al Collegio già fondato, alla comunità greca presente a Roma. Lo stesso pontefice volle che vi fosse conservato l’antico rito greco, come testimonianza dell’unione tra la Chiesa greca e quella latina, ma più verosimilmente per mantenere i cristiani, appartenenti alla Chiesa Cattolica, dispersi per l’Oriente, in comunione con Roma e per ricondurre nella chiesa i Greci scismatici d’Oriente. Esempio di eleganza ed armonia con i suoi due campanili gemelli e la facciata a due ordini (dorico e ionico) completata da Martino Longhi il Vecchio, la chiesa, dedicata al santo di Alessandria d’Egitto, dottore della Chiesa, presenta all’interno una navata unica molto corta con due cappelle laterali: un’iconostasi lignea, opera di Andrea Busiri Vici, che sostituì quella cinquecentesca, separa l’altare maggiore dalla navata, mentre le tre absidi a trifoglio ripropongono le linee delle tipiche chiese greche.
Un’altra chiesa degna di essere menzionata è la chiesa evangelica inglese di All Saints (nella foto 4), costruita nel 1882 sul luogo dove un tempo era il convento di Gesù e Maria. Il progetto fu dell’architetto inglese George Edmond Street (autore anche della chiesa di S.Paolo dentro le mura), ma la chiesa fu terminata solo dopo la sua morte da Pio Barocci e Vincenzo Cannizzaro. La chiesa è un esempio di stile neogotico (gothic revival), caratterizzata dai mattoni in cotto rosso di Siena e dal bel campanile a cuspide in travertino. L’interno, decorato con marmi policromi italiani e pietra rosata di Arles, presenta tre navate con copertura lignea sorretta da arconi a sesto acuto ed archi rampanti.