Un imprenditore maceratese, Domenico Costanzi, musicofilo, che abitava in un bel palazzo in via Urbana, aveva il sogno di realizzare un teatro in un’area di sua proprietà presso Villa Strozzi, che si estendeva lungo l’attuale via del Viminale. Sembrava un’impresa folle, perché il Costanzi poteva contare solo sulle proprie forze e su un piccolo aiuto comunale. Inoltre la zona, a quei tempi, era abbastanza isolata e distante dal centro. Ma l’albergatore, contro tutto e tutti, presentò nel 1887 un progetto dell’ingegnere milanese Sfrondini che ebbe esito positivo. Il progetto del teatro riguardava un blocco compatto confinante anche con una nuova strada a ridosso dell’albergo Quirinale in via Nazionale (al quale era collegato mediante un passaggio sotterraneo) e l’ingresso, con il portico per le carrozze, doveva aprirsi su questa nuova strada, mentre la sala ed il palcoscenico erano situati, rispettivamente, verso via Firenze e via Torino. Tutt’intorno si svolgeva un doppio ordine di gallerie, con gli ingressi, i foyers e i servizi. L’auditorio a ferro di cavallo presentava tre ordini di palchetti sovrastati da un anfiteatro e da un loggione. Copriva il tutto una grande cupola realizzata in ferro come i palchetti. Il velario venne dipinto da Annibale Brugnoli. La costruzione del Teatro dell’Opera durò dalla metà del 1878 ai primi mesi del 1880, con spese che via via aumentarono, tanto che il Costanzi dovette vendersi la casa in via Urbana. L’inaugurazione del Teatro dell’Opera avvenne il 27 novembre 1880, con la “Semiramide” di Rossini, alla presenza dei sovrani e delle grandi famiglie romane. Già in quella occasione si notò che la collocazione dell’ingresso era situata in un luogo troppo angusto, su una stretta via secondaria. Successivamente, nel gennaio 1881, si aprì la “Sala dei Concerti”, ornata di stucchi e di specchi. Rimase in proprietà ed in gestione privata sino ai primi anni del ‘900, quando il “Teatro Costanzi” (così era chiamato allora) passò in proprietà al Comune di Roma. Nel 1926 passò in possesso al Governatorato di Roma, che lo fece restaurare dal Piacentini, il quale ampliò l’edificio verso via del Viminale e la parte opposta, occupando l’area in cui si trovava l’angusto ingresso precedente. Il nuovo ingresso, con il portico costituito da due ali laterali ed un corpo centrale basso con un vestibolo, fu creato così sulla piazza Beniamino Gigli (nella foto in alto) ricavata dall’area della ex villa Strozzi. Anche l’interno fu restaurato dal Piacentini con un quarto ordine di palchi, il potenziamento e la riorganizzazione degli impianti termici ed il palcoscenico fu ridotto a settori sopraelevabili e dotato di un grande schermo imitante un cielo come fondale. Ulteriori ristrutturazioni si ebbero negli anni ’50, per non parlare dei nuovi allestimenti di Von Karajan in occasione del “Don Giovanni” di Mozart o di Luchino Visconti per la storica edizione de “Le Nozze di Figaro” mozartiane. Qui si ebbe la prima rappresentazione assoluta in epoca moderna di “Alzira” di Verdi (1967), della “Fausta” di Donizetti (1881) e dell’Erodiade di Massenet (1986), rappresentata per la prima volta in Italia in lingua originale. Una nota caratteristica e curiosa deriva dalla presenza di un grandioso lampadario in cristallo prismatico di Boemia che misura 6 metri di diametro, pesa 5200 kg ed ha 262 lampadine: è considerato il più grande d’Europa!