La chiesa di S.Sisto Vecchio (nella foto sopra) fu edificata sull’antico “titulus Crescentinae“, fondato da papa Anastasio I nel IV secolo, mentre la dedica a S.Sisto apparve per la prima volta soltanto in un documento del 595. L’ingresso alla chiesa oggi avviene da piazzale Numa Pompilio, mentre un tempo si apriva con un quadriportico sulla “via Mamertina”, l’attuale via Druso. La chiesa, restaurata nell’VIII secolo da Adriano I, fu poi ricostruita durante il pontificato di Innocenzo III (1198-1216), in occasione del quale fu elevato anche l’attuale campanile romanico (nella foto 1) a tre ordini di trifore. Onorio III, nel 1219, tolse la chiesa all’Ordine dei Canonici Regolari di Sempringham e la affidò a S.Domenico di Guzman e all’Ordine da lui fondato, i Domenicani, i quali vi rimasero però soltanto due anni, dopodiché si trasferirono nella chiesa di S.Sabina.
Nel 1222 S.Domenico riuscì a realizzare il progetto di insediarvi il primo ordine monastico di clausura, le Suore Domenicane, per le quali fu costruito appositamente il monastero. La realizzazione si ebbe soprattutto grazie al trasferimento delle Suore Tempoline, provenienti dal vicino monastero di S.Maria in Tempulo, alle quali S.Domenico garantì il trasferimento nella nuova sede anche dell’icona della “Vergine” (in seguito appunto denominata “Madonna di S.Sisto”), alla quale le suore tributavano una grande venerazione. Il complesso, nonostante fosse stato restaurato sotto Sisto IV (1471-84), nel 1575, a causa del carattere malsano del luogo, infestato dalla malaria, venne abbandonato anche dalle Suore Domenicane, le quali si trasferirono nella nuova chiesa dei Ss.Domenico e Sisto: da questo momento in poi S.Sisto venne denominata con l’attributo Vecchio per distinguerla dalla chiesa dei Ss.Domenico e Sisto, a sua volta detta Sisto Nuovo. Tra il 1725 ed il 1727 il complesso, oramai caduto in rovina, venne ristrutturato per volontà di papa Benedetto XIII dall’architetto Filippo Raguzzini, il quale edificò l’attuale facciata ed un nuovo chiostro, in sostituzione di quello medioevale. Nel 1873 il monastero venne confiscato dallo Stato Italiano ed adibito a deposito di materiale ed a rimessa di carri funebri. Nel 1893 fu una terziaria domenicana, Suor Maria Antonia Lalia, ad ottenere nuovamente i locali della chiesa, ai quali non soltanto riuscì a ridare lustro e decoro ma, grazie alla nuova Congregazione di Suore Domenicane che qui fondò, trasformò in sede di una prestigiosa scuola privata, da circa 70 anni in attività e tuttora particolarmente richiesta.
La facciata della chiesa si presenta con un bel portale (nella foto 2), sormontato da un timpano triangolare, agli angoli del quale sono posti due draghi, simboli araldici di Filippo Boncompagni, restauratore della chiesa nel XVI secolo. Il portale, risalente proprio a questo restauro, sostituì l’antico portale quattrocentesco del cardinale Pietro Ferrici (nella foto 3), reimpiegato come porta laterale della chiesa, in via delle Terme di Caracalla, sul quale è ben visibile lo stemma del porporato e la seguente iscrizione: “PETRI T T S SIXTI CARD TIRASONENSIS MCCCCLXXVIII“, ossia “(Opera) di Pietro del Titolo di S.Sisto cardinale di Tarazona (in Spagna e sede episcopale del cardinale prima della sua nomina cardinalizia) 1478”. L’interno, anticamente a tre navate, oggi è a navata unica, illuminata da 12 finestre per ognuno dei lati e tutta decorata a stucchi; completamente restaurato dal Raguzzini nel Settecento, conserva però i resti di un ciclo di affreschi tardo-duecenteschi nella stretta intercapedine venutasi a formare tra l’abside del XIII secolo (riconosciuti come opera della bottega di Pietro Cavallini) e la più stretta abside quattrocentesca inscritta nella precedente.
Notevole il chiostro, a pianta quadrata, con lati di sei arcate a tutto sesto rette da pilastri. La stessa divisione si ripete anche nel secondo ordine dove le arcate, tamponate, sono occupate da finestre moderne. Le pareti delle gallerie hanno le lunette decorate con “Storie della vita di S.Domenico”, realizzate da Andrea Casale nel Settecento.
Sotto i portici (nella foto 4) sono conservate alcune parti decorative dell’antica chiesa paleocristiana, come archi e colonne con tanto di capitelli originali. Il cortile interno è tenuto a giardino e nel centro vi è posto un caratteristico pozzo. L’area dove un tempo era situato l’orto delle suore Domenicane oggi è occupata dal Semenzaio Comunale, un’istituzione che provvede al rifornimento di alberi, piante e fiori per le “aree verdi” della città. In quest’area, inoltre, si possono osservare due torrette medioevali, prive di merlatura e con ingresso sopraelevato: si tratta delle fortificazioni costruite sulle due mole (a difesa, quindi, delle attrezzature e delle granaglie conservatevi all’interno), qui poste per utilizzare la forza motrice di un fiumicello, oggi scomparso, che qui transitava, ovvero la Marrana di S.Giovanni.