L’antica chiesa di S.Andrea delle Fratte (nella foto sopra), denominata S.Andrea “infra hortos” o “de hortis” nel Liber Censuum di Cencio Camerario del 1192, sorse sul finire del XII secolo all’estremo nord di Roma. L’etimologia del toponimo discende evidentemente dalla caratteristica antica della zona, un tempo silvestre e con rare abitazioni. Originariamente officiata dalle monache agostiniane, quindi dalla nazione scozzese e poi dalla Confraternita del Ss.Sacramento, nel 1585 la chiesa di S.Andrea delle Fratte fu affidata da Sisto V all’ordine dei Minimi di S.Francesco di Paola. Le precarie condizioni del tempio, però, costrinsero i religiosi ad una totale ricostruzione dell’edificio. I lavori, sovvenzionati dal marchese Ottavio del Bufalo, che abitava poco distante nel palazzo di famiglia, procedettero dilazionati per mancanza di fondi e durarono oltre un secolo. Dal 1604 al 1612 vi lavorò Gaspare Guerra, al quale si deve l’impostazione generale e la facciata; poi vi proseguì dal 1653 al 1667, anno della sua morte, Francesco Borromini, al quale si devono l’abside, il tamburo della cupola ed il campanile; nel 1691 i lavori furono portati a termine da Mattia de Rossi. Nonostante tutto la facciata era ancora incompleta al momento della consegna e fu terminata soltanto nel 1826 su progetto di Pasquale Belli, utilizzando un lascito del Cardinale Ercole Consalvi. Nel 1942 la chiesa di S.Andrea delle Fratte fu elevata a Basilica minore e poi titolo cardinalizio il 12 marzo 1960, quando fu istituito da Papa Giovanni XXIII con la costituzione apostolica “Cum nobis”. La Basilica presenta una facciata in mattoni a due ordini spartita da lesene e coronata da timpano. L’ordine inferiore presenta un portale sormontato da un frontone curvo e dallo stemma dei marchesi del Bufalo (testa di bufalo con anello nelle narici e tra le corna la scritta ORDO), mentre l’ordine superiore presenta un finestrone. Tra i due ordini appare la seguente scritta: “TEMPLI FACIES QUAM HERCULES CONSALVI S.E.R. CARD AERE SUO PERFICI ET ORNARI TESTAMENTO IUSSIT ABSOLUTA EST ANNO MDCCCXXVI”, ovvero “La facciata della chiesa, che Ercole Consalvi, Cardinale di Santa Romana Chiesa, a sue spese per testamento aveva disposto che fosse completata e decorata, fu ultimata nell’anno 1826”.
Il campanile e la cupola (nella foto 1) sono strutture architettoniche veramente notevoli per la loro complessa articolazione di superfici concave e convesse, degne della grande genialità del Borromini. La cupola, nonostante sia rimasta incompiuta e sacrificata rispetto al progetto originario, è comunque un capolavoro. Infatti era previsto anche un secondo ordine che doveva terminare con una grande lanterna, ma l’assenza di questa parte di coronamento, così come quella dell’intonaco, che doveva ricoprire il tutto, non l’hanno penalizzata, anzi, hanno contribuito a creare un fascino del tutto particolare che consiste proprio in questo “non finito”. Il tamburo, cilindrico, è inglobato in una struttura quadrata con i lati convessi che si contrappongono alle parti concave. Negli spigoli e nelle rientranze sono collocate colonne corinzie a tutto tondo, mentre quattro grandi finestroni si aprono, fronteggiandosi, nei due assi principali. All’interno della cupola sono raffigurati, nei quattro pennacchi, i “Dottori della Chiesa greca e latina“, affrescati da Francesco Cozza, mentre nella calotta si trova l’affresco realizzato dal pittore Pasquale Marini, “La Redenzione”.
Il campanile (nella foto 2), vero gioiello del Borromini, è a pianta poligonale nei due ordini inferiori, circolare e ondulata nei superiori. Il primo piano in marmo è costituito da una rotonda su un basamento, con quattro coppie di colonne corinzie, unite tra loro, sormontate da capitelli costituiti da singolari erme di Giano Bifronte. Il piano successivo è costituito da otto cariatidi dalle ali ripiegate che sostengono una trabeazione a ruota dentata con cornice sporgente. Segue un piano caratterizzato da torce fiammeggianti che ha una funzione di piedistallo per l’ultimo piano, formato da quattro volute che incorniciano lo stemma della famiglia committente, i del Bufalo, che sostengono una corona radiata ed una croce decussata, insegna di S.Andrea. Il campanile è soprannominato “ballerino” perché quando la grande campana suona, la struttura oscilla paurosamente. Caratteristico e singolare è il contrasto tra il tiburio, in laterizi, ed il bianco marmo del campanile. L’interno della chiesa di S.Andrea delle Fratte presenta una larga navata centrale coperta da volta a botte e fiancheggiata da tre cappelle per lato, oltre a due cappelline poste negli angoli su entrambi i lati dell’ingresso. Il pavimento fu fatto porre in opera nel 1828 da Giovanni Torlonia. La navata termina in un transetto, disegnato dal Borromini ed affiancato da altre due piccole cappelle.
A destra dell’ingresso di S.Andrea delle Fratte si trova il monumento sepolcrale, in marmo e bronzo, di Livia del Grillo (nella foto 3), realizzato nel 1749, per volere del marito Andrea Doria di Tursi e della figlia Maria Teresa Doria di Tursi, ad opera di Francesco Queirolo, la cui firma è sul cuscino poggiato sul basamento. L’anno successivo (1750), con la morte di Maria Teresa, venne aggiunto nella parte inferiore il medaglione con il suo ritratto, sorretto da un putto alato, e fu modificata l’iscrizione. La parte superiore è costituita dal sarcofago dalle forme poligonali sorretto da due putti alati (quello in alto tiene in mano una clessidra) che sorreggono il medaglione ovoidale con il ritratto di Livia del Grillo. Seduta sul sarcofago, una figura femminile. L’intero monumento funebre è racchiuso in una piccola nicchia in marmi policromi. In alto, al centro, è situato lo stemma con le insegne delle famiglie Doria e del Grillo.
La prima cappella a destra custodisce il Fonte battesimale (nella foto 4), qui collocato nel 1674 e costituito da una vasca marmorea coperta da un tempietto ellittico in legno con coppie di colonnine dai capitelli corinzi, sormontato da una cupola sulla quale è posto un globo con la croce. Tra le coppie di colonne vi sono pannelli dipinti con scene sacre tra le quali, sul fronte, il “Cristo battezzato da S.Giovanni Battista”, opera di Jacques Courtois detto il Borgognone; ai lati, due angeli in adorazione. Sulla parete di fondo si trova il “Battesimo di Gesù e L’Eterno Padre” di Ludovico Gimignani.
La terza cappella, dedicata a S.Francesco di Sales, presenta sull’altare “S.Francesco di Paola consegna il cordone dell’Ordine a S.Franesco di Sales”, opera di Marcantonio Romoli. Notevole la tomba settecentesca del Cardinale Pier Luigi Carafa (nella foto 5) opera di Paolo Posi del 1759, con la figura del cardinale probabile opera di Pietro Bracci. Qui sono sepolti anche Louis Veuillot, autore dei “Parfumes de Rome”, ed il celebre matematico Gioacchino Pessuti.
La cappella del transetto di destra è dedicata a S.Francesco da Paola (nella foto 6), su disegno di Filippo Barigioni, e si presenta ricca di marmi ed ornati in bronzo; sull’altare “S.Francesco da Paola” di Paris Nogari, derivato da un’antica immagine venerata nella chiesa di Trinità de’ Monti. Il gruppo dei putti in stucco con la Croce, sopra l’altare, è di Giovan Battista Maini.
Il presbiterio (nella foto 7) di S.Andrea delle Fratte è caratterizzato da dipinti di notevole interesse: sul catino dell’abside si trova la “Moltiplicazione dei pani e dei pesci” di Pasquale Marini, mentre dietro l’altare maggiore vi sono tre grandi tele: la “Crocifissione di S.Andrea” di Giovan Battista Leonardi a sinistra, la “Morte di S.Andrea” di Lazzaro Baldi al centro, la “Sepoltura di S.Andrea” di Francesco Trevisani a destra. Sulle porte ai lati del presbiterio si trovano la “Flagellazione di S.Andrea” e “S.Andrea condotto al martirio” di anonimi del ‘600.
La cappella del transetto di sinistra è la Cappella di S.Anna, ideata dai due maggiori artisti che hanno operato a Roma nel Settecento e agli inizi dell’Ottocento, ovvero Luigi Vanvitelli e Giuseppe Valadier. Sull’altare si trova “S.Anna, S.Gioacchino e la Vergine Maria bambina” di Giuseppe Bottani, mentre sotto l’altare vi è la statua dedicata a “S.Anna morente” (nella foto 8) opera di Giovan Battista Maini del 1752. L’opera, in modo molto evidente, richiama quella di Gian Lorenzo Bernini che si trova nella chiesa di S.Francesco a Ripa, ovvero “L’Estasi di Beata Ludovica Albertoni“, realizzata circa 80 anni prima.
La terza cappella di sinistra è dedicata alla “Madonna del Miracolo” (nella foto 9), ideata da Marcello Piacentini e cosiddetta perché il 30 gennaio 1842 apparve sorridente ad un ebreo di nome Alfonso Ratisbonne, entrato in chiesa soltanto per ammirarne le bellezze architettoniche e che invece finì per convertirsi ed essere battezzato. La Vergine è raffigurata così come apparve a Ratisbonne, in piedi, da sola senza il suo Bambino, vestita di lungo con una fascia, un velo ed una corona tempestata di diamanti. I raggi della grazia lampeggiano dalla punta delle dita mentre si trova sulle nuvole a piedi nudi. L’altare con il quadro è decorato con alabastro e marmo bianco venato di nero e presenta quattro colonne corinzie in marmo verde antico. Come possiamo vedere nella foto 9 molti sono gli ex voto, per lo più cuori d’argento, affissi ai pilastri dell’arco posto all’ingresso della cappella.
Tra le attrazioni principali della chiesa di S.Andrea delle Fratte sicuramente vi sono gli angeli che Gian Lorenzo Bernini realizzò per Ponte S.Angelo nel 1667: otto delle dieci statue con i simboli della Passione furono affidati agli assistenti del grande artista, che invece eseguì personalmente (nella foto 10) quelli con il “cartiglio” (a sinistra) e con la “corona di spine” (a destra). Papa Clemente IX Rospigliosi li considerò troppo preziosi per essere esposti alle intemperie e sul ponte fece installare copie di bottega: in realtà sembra che il papa volesse appropriarsene e spedirli a Pistoia, città natale della sua famiglia. Comunque gli originali, dopo un breve soggiorno nel Palazzo Rospigliosi, non si mossero da Roma, anche per la morte di lì a poco del pontefice: rientrati in proprietà dei Bernini, restarono all’interno di Palazzo Bernini fino al 1729, quando furono donati e trasferiti in questa chiesa.
Dietro l’altare maggiore è situata una scala in pietra che permette di scendere nella cripta sottostante, dove si trova l’unico esempio a Roma di putridarium (nella foto 11). Questo metodo, spesso usato dai religiosi, veniva normalmente utilizzato in un ambiente sotterraneo e consisteva nel sottoporre i cadaveri ad un primo trattamento. I defunti venivano collocati e fissati entro nicchie seduti su appositi sedili muniti di un ampio foro centrale sotto il quale veniva posizionato un vaso per la raccolta dei liquidi ed i resti della decomposizione umana. Una volta terminato il processo di putrefazione dei corpi, le ossa rimanenti venivano raccolte, lavate e trasferite per la sepoltura definitiva dell’ossario. Nel putridarium di S.Andrea delle Fratte sono presenti circa una quindicina di sedili disposti lungo i tre lati più lunghi.
Nel 1594 i Minimi acquistarono da Costanza Lupis un terreno per la costruzione dell’ala del convento dopo la sagrestia e nel 1604 veniva iniziato, su disegno di Gaspare Guerra, il chiostro (nella foto 12), al quale si può accedere dalla chiesa oppure dal portone del convento adiacente alla facciata. Il cortile interno, dove verdeggia un rigoglioso giardino, è circondato da quattro lati di portici, con colonne doriche di travertino che sorreggono le arcate a tutto sesto: queste ultime sono nove nei lati lunghi e sette nei corti. Le lunette sotto i portici vennero decorate con una serie di affreschi che raffigurano la “Vita di S.Francesco da Paola“, realizzati, nel corso del XVII secolo, da più artisti ed in tempi diversi. Dopo il 1870 anche questo convento venne confiscato dallo Stato Italiano e venne utilizzato come scuola elementare e come caserma; per un periodo ospitò anche alcuni uffici della Questura. Dopo la Conciliazione una parte ritornò ai Minimi, l’altra invece è ancora occupata da uffici del Ministero della Difesa.