La chiesa di S.Maria Maddalena sorge sull’omonima piazza (nella foto sopra) e rappresenta certamente uno dei pochi esempi dell’arte barocca-rococò a Roma. Originata da una cappella trecentesca, la chiesa, con annesso ospedale, appartenne all’Arciconfraternita del Gonfalone dal 1486, anno in cui la Confraternita dei Disciplinati o Battuti si era fusa con essa. Soltanto nel 1586 la chiesa e l’ospedale furono affidati, dopo ripetute ed insistenti richieste, a Camillo de Lellis come sede della Compagnia dei Ministri degli Infermi, da lui fondata quattro anni prima. Nel 1621, dopo aver ottenuto da papa Urbano VIII la concessione di realizzare il lavoro, i Camilliani ampliarono la piazza antistante, con l’intenzione di dotare il loro sacro edificio di uno spazio adeguato. Iniziarono anche i lavori per la riedificazione della chiesa stessa, che si protrassero per quasi un secolo. La chiesa fu spostata nella parte estrema dell’isolato, per sfruttare lo spazio ampliato della piazza, mentre il convento andò ad occupare il fianco sinistro: quest’ultimo, disegnato da Carlo Bizzaccheri, si innalza su tre ordini, con forme molto sobrie.
L’ingresso al convento si apre al civico 53 (nella foto sotto il titolo accanto alla chiesa) con un bel portale con timpano spezzato al centro del quale si trova la Croce radiante dei Camilliani; la facciata custodisce anche la seguente iscrizione: “PLATEAM HANC CLER REG MINISTR INFIRMIS SUMPTU PROPRIO DIRUTIS DOMIBUS STRATAM ANNO DNI MDCXXVIII URBANO VIII P M ANNUENTE”, ovvero “Questa piazza, lastricata a loro spese, dopo aver demolito alcune case, nell’anno del Signore 1628, col consenso del Pontefice Maximo Urbano VIII, i Chierici Regolari Ministri degli Infermi posseggono esente da tasse”. Nel corso dei lavori per la costruzione della chiesa di S.Maria Maddalena si susseguirono Francesco Grimaldi, Carlo Fontana (1673) che realizzò la cupola e la volta, Giovanni Antonio De Rossi, Giulio Carlo Quadri e Francesco Felice Pozzoni, che la terminò nel 1699. La movimentata facciata, bellissimo esempio di stile rococò, fu aggiunta soltanto nel 1735 da Giuseppe Sardi. È concava, interamente decorata a stucchi, a due ordini, nei quali si aprono, a lato del portale d’ingresso e del finestrone superiore, quattro nicchie che contengono altrettante statue raffiguranti “S.Camillo de Lellis” e “S.Filippo Neri” nella parte inferiore, “S.Maria Maddalena” e “S.Marta” nella parte superiore. L’opera fu ampiamente criticata ed indicata come “non plus ultra del gusto stravolto” o “chiesa di zucchero”, perché ricordava la decorazione di una torta. Si deve dire che lo stile rococò era considerato scarsamente mistico, e quindi inadatto ad una chiesa dell’apostolo della carità ospedaliera quale era S.Camillo, ma la grazia e la relativa originalità dell’edificio nel contesto urbano rendono questa facciata meritevole di grande attenzione e fascino. Il portale, situato in cima ad una breve scalinata, è sormontato dalla scritta “INDULGENZA PLENARIA PERPETUA QUOTIDIANA PRO VIVIS ET DEFUNCTIS”, ovvero “Indulgenza plenaria perpetua quotidiana per i vivi e per i defunti”.
Subito sopra si apre la bellissima decorazione (nella foto 1) costituita da una testa di cherubino sormontata dalla seguente iscrizione: “O CRUX AVE SPES UNICA PIIS ADAUGE GRATIAM“, ovvero “Salve o Croce, unica speranza, accresci ai devoti la grazia”; la parte superiore è completata da due angeli che fiancheggiano una croce, emblema dei Camilliani. L’interno costituisce una splendida integrazione dell’impianto architettonico tardo-barocco del De Rossi con le più tarde, ricchissime decorazioni rococò: è a navata unica, ellittica, con cappelle laterali, transetto e profonda abside. La prima cappella a destra è dedicata a S.Francesco di Paola, sull’altare della quale è possibile ammirare il dipinto su tela con “S.Francesco di Paola che resuscita un bambino”, opera realizzata da Biagio Puccini nel 1720. Segue la Cappella della Madonna della Salute (nella foto 2), risalente al 1718 su disegno dell’architetto romano Francesco Ferruzzi, poi realizzato da Giuseppe e Giovan Battista Luraghi. L’immagine della Madonna, un tempo collocata sull’altare maggiore, è un dipinto su tela, copia di ignoto pittore cinquecentesco da modello più antico (che ebbe molti proprietari, tra cui forse papa Pio V) e che fu donato alla chiesa da Settimia de’ Nobili nel 1614. Gli inserti decorativi nella lunetta sopra il dipinto della Madonna, con gli Angeli in volo che reggono la Corona ed i festoni ai lati della cornice con la colomba dello Spirito Santo, sono attribuiti a Giuseppe Ghezzi (1759). Lo stemma qui rappresentato ricorda che la cappella è giuspatronato dei marchesi Simonetti.
Gran parte della chiesa fa inevitabilmente riferimento a S.Camillo de Lellis ed infatti la terza cappella (nella foto 3) è a lui dedicata: in origine dedicata all’Assunta, venne rinnovata in occasione della traslazione delle sue spoglie nel 1742, anno della sua beatificazione. Il progetto iniziale fu di Francesco Rosa, poi completato da Francesco Nicoletti. Secondo le fonti storiche la cappella fu ultimata nel 1749, qualche anno dopo la canonizzazione del Santo avvenuta il 29 giugno 1746. L’urna monumentale che contiene le sue spoglie è stata progettata e realizzata dal celebre artista contemporaneo Alessandro Romano e qui posta il 6 luglio 2013, esattamente un anno prima della ricorrenza del IV centenario della morte del santo. Lo scultore ha spiegato la genesi dell’opera, “la cui curva dorata, sorretta da due croci, alla cui base si trovano due Camilliani intenti a soccorrere due malati, rappresenta l’arcobaleno della santità”. Preziosi elementi decorano l’altare, come le quattro colonne di alabastro che infondono grande solennità alla struttura e si concludono in un timpano ondulato: sull’altare è situata la tela con “S.Camillo de Lellis al quale appare il Crocefisso tra un gruppo di angeli”, realizzato da Placido Costanzi intorno al 1749.
L’altare maggiore (nella foto 4) rappresenta il fulcro della chiesa, verso cui convergono prospetticamente le linee di costruzione di tutti gli elementi orizzontali e verticali della navata e della crociera. La parete frontale accoglie il dipinto con “S.Maria Maddalena in preghiera” e “La Croce Camilliana portata in Gloria dagli Angeli”. La santa, inginocchiata in primo piano, guarda con estatica partecipazione la croce, assieme a figure di angeli, mentre sullo sfondo un gruppo di putti alati dilata lo spazio in profondità. Il dipinto, realizzato dal parmense Michele Rocca nel 1698, originariamente era di forma rettangolare prima che gli venisse aggiunta la centina, forse nel periodo in cui fu decorato a fresco lo spazio sovrastante e venne sistemato in loco nello stesso anno, quando Felice Fardichini ne intagliò la ricca cornice dorata, conclusa in alto da motivi floreali, colombe ed una raffinata conchiglia. Sopra il dipinto vi sono un gruppo di angeli (Angelo Grande, Putto e Angioletto) nell’atto di portare in volo la croce, scolpiti da Pietro Pacilli e inseriti nel timpano concavo che segue l’andamento della cornice alla base del catino absidale. Sulle due pareti laterali e concave dell’abside vi sono invece due grandi bassorilievi in marmo con “Le Marie al Sepolcro” a sinistra e “Noli me tangere” a destra. Le sculture, realizzate da Francesco Gesuelli, furono iniziate nel 1756 e collocate nella cappella l’anno seguente. In alto, nel catino absidale, domina l’affresco con “La predicazione di Cristo alle turbe” del bolognese Aureliano Milani. L’altare maggiore è affiancato da due cappelle, la Cappella del Crocifisso a destra e la Cappella delle Reliquie a sinistra.
La prima (nella foto 5), preceduta e protetta da una cancellata, custodisce sull’altare il Crocefisso realizzato da autore ignoto su un pezzo di legno intero in pino, che S.Camillo trovò nell’ospedale S.Giacomo e che custodì gelosamente, portandolo con sé quando lasciò quell’ospedale. E’ lo stesso crocefisso che parlò a S.Camillo, quando questi, in uno dei suoi momenti di grande sofferenza, vi si mise in ginocchio davanti, piangendo e pregando, implorando luce per decidere della sua vita. In quel momento sentì che il Crocefisso allargava le braccia dalla croce e lo abbracciava e confortava con la frase «Vai avanti, pusillanime! L’opera è mia non tua, non aver paura, coraggio». Questo coraggio accompagnò poi Camillo per tutta la sua vita.
La seconda cappella, quella delle Reliquie (nella foto 6), di proprietà della famiglia del marchese Filippo Ossoli dal 1709, ebbe questa denominazione “in seguito al legato della famiglia Pelliccioni”. Anticamente questa cappella, che ospitava le spoglie di S.Camillo de Lellis, fungeva da anti-sacrestia ed al posto dell’altare si apriva una porta che immetteva in una precedente sacrestia, diversa dall’attuale, risalente al XVII secolo. Fu sistemata, così come appare oggi, in seguito ai lavori effettuati nel 1855. Al centro, sotto il crocefisso, è custodito il sudario di S.Camillo; nella vetrina sopra l’altare sono conservate le Reliquie di due Beati camilliani Luigi Aloisio Tezza a destra ed Enrico Rebuschini a sinistra.
Nel breve tratto che conduce alla Cappella si trova, all’interno di una nicchia oggi protetta da una porta vetrata, la statua lignea policroma di S.Maria Maddalena (nella foto 7), risalente al Quattrocento ed alla quale è legato il ricordo di un miracolo. Durante una delle piene più terribili del Tevere avvenuta nel 1598, fu vista la statua della Maddalena, in piedi sulle acque che irrompevano tumultuose nella chiesa, spostarsi da una cappella laterale fino all’altare maggiore, al sicuro dal furore del fiume. Alla chiesa sono legati anche altri due ricordi molto significativi: il primo ricorda la grande storia d’amore di due giovani, Teresa Bennicelli e Pio Pratesi. La ragazza, costretta dai parenti a lasciare il fidanzato, un dragone pontificio, si suicidò; lui, affranto dal dolore, prese i voti e celebrò la sua prima Messa sulla tomba dell’amata, naturalmente qui, nella chiesa di S.Maria Maddalena. Il secondo si riferisce ad una tradizione in uso fino alla fine dell’Ottocento, quando i Romani, in occasione della ricorrenza della morte di S.Camillo, giungevano in questa chiesa per ricevere una speciale acqua benedetta, nella quale vi era mescolata una piccola quantità di polvere ricavata dalla tomba del santo, rimedio contro ogni male. La navata sinistra prosegue con l’ingresso alla Sagrestia, intatto ambiente settecentesco che ancora conserva integro il mobilio originario, dipinto a finti marmi, opera di Gerolamo Pesce, al quale segue la Cappella di S.Nicola di Bari, in omaggio al lavoro sulla vita di questo santo che S.Camillo de Lellis fece per la sua ordinazione.
Le fonti storiche attribuiscono l’opera all’architetto Mattia de Rossi, terminata in seguito da Carlo Bizzaccheri. La cappella, edificata per volontà del nobile banchiere genovese Paolo Girolamo della Torre tra il 1694 e il 1696, è rivestita di marmi preziosissimi come quello di Carrara, il giallo e verde antico. Sull’altare è collocato il dipinto su tela con “S.Nicola di Bari avanti a Gesù e alla Vergine”, realizzata da Giovan Battista Gaulli detto il Baciccio tra il 1694 e il 1696. Segue la Cappella di S.Lorenzo Giustiniani, eretta nel 1694 da Francesco Giovanni Farsetti; sull’altare è collocato il dipinto “S.Lorenzo Giustiniani adora il Bambino”, dipinto nel 1704 da Luca Giordano. L’ultima cappella è quella della Madonna Assunta, realizzata da Francesco Nicoletti, dove possiamo ammirare, sull’altare, il dipinto su tela “La Madonna Assunta”, realizzato nella prima metà del XVIII secolo da Gerolamo Pesce. Infine, sulla contro-facciata, è situato un magnifico organo di legno intagliato (nella foto 8), decorato con figure di stucco, oro ed angeli e risalente al Settecento. L’insieme della Cantoria, risalente al 1729, rappresenta un modello unico nel suo genere, probabilmente attribuibile a Domenico Barbiani o comunque all’ambiente romano mentre l’autore dell’organo è il tedesco Hans Conrad Werle.