Il cosiddetto Tempio di Minerva Medica (nella foto sopra), situato in via Giolitti, risale al IV secolo d.C. e per molto tempo fu ritenuto il ninfeo degli Horti Liciniani, la grande residenza con giardini (horti) appartenuta all’imperatore Licinius Egnatius Gallienus nel III secolo d.C. Oggi, invece, si tende a identificarlo come un padiglione di rappresentanza eretto sul luogo degli Horti Pallantiani e Epaphroditiani e probabilmente utilizzato come triclinio o sede di ricevimenti, anche nel periodo invernale, in considerazione del rinvenimento, sotto alcuni ambienti della sala, di un sistema di ipocausti, ovvero l’impianto di riscaldamento utilizzato dai Romani mediante la circolazione, sotto il pavimento e nelle pareti, di aria calda proveniente dai forni. La sua attuale denominazione è frutto di un equivoco risalente al XVI secolo quando l’edificio venne identificato con un tempio di epoca romana, situato in prossimità dell’antica via Labicana, dedicato a Minerva. L’eventualità che il nome derivasse dal ritrovamento di una statua di Minerva con il serpente, simbolo della medicina, nota anche come Atena (o Minerva) Giustiniani, qui rinvenuta ma proveniente dal Campo Marzio, è infondata in quanto il ritrovamento avvenne nel XVII secolo, quando l’edificio era già conosciuto con l’attuale denominazione. Nel XVI secolo l’edificio era anche noto come Galluzze o Gallucce, termini derivanti per corruzione dalle Thermae Gai et Luci, delle quali si ritenne facesse parte, oppure dalle Thermae Gallicae, realizzate da Bruto per Ercole Callaico.
Alla fine dell’Ottocento furono qui ritrovate altre statue (oggi ai Musei Capitolini), fra le quali due statue di magistrati romani (una delle quali nella foto 1) in procinto di lanciare la mappa, l’atto cioè che dava inizio alle corse dei carri nel circo. Il Tempio di Minerva Medica si presenta come una grande costruzione a pianta decagonale, in origine coperta da una cupola (in parte crollata nel 1828) del diametro di circa 25 metri e che doveva raggiungere un’altezza di circa 32 metri (oggi raggiunge 24 metri). Su ognuno dei lati del decagono erano presenti nove nicchie semicircolari, tranne quello di ingresso che forse era scandito da colonne. Al di sopra delle nicchie si aprivano grandi finestroni arcuati che avevano la duplice funzione di fornire la luce e alleggerire la mole dell’edificio. Dieci pilastri fornivano il sostegno alla cupola, la quale, partendo da una forma poligonale, assumeva gradualmente un aspetto emisferico. Probabilmente la struttura dovette avere problemi di stabilità se furono inseriti all’esterno dei contrafforti a sostegno della muratura. Il monumento presenta oggi solamente le murature in laterizio, prive cioè dell’originario rivestimento marmoreo, mentre la cupola era decorata da mosaici in pasta vitrea, parzialmente ancora visibili. Oggi è certamente difficile credere che fino a pochi decenni fa l’edificio si trovasse isolato in aperta campagna, ma purtroppo l’urbanizzazione dell’Esquilino e la costruzione della limitrofa ferrovia, entrambe avvenute alla fine dell’Ottocento, ne hanno soffocato la presenza, senza ridurne però la bellezza e la maestosità.
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Tempio di Minerva Medica di G.B.Piranesi