Largo Magnanapoli fu creato in occasione dell’apertura di via Nazionale, stravolgendo l’antico complesso stradale denominato “Salita di Monte Magnanapoli“: fu arretrato palazzo Antonelli (che perse anche il bellissimo giardino annesso) ed espropriato parte del terreno appartenuto al monastero di S.Caterina. Assai incerto appare il toponimo “Magnanapoli”, sebbene diversi autori abbiano provato a darne spiegazione, ma nessuna tesi appare tuttora sicura e convincente. Vi è la teoria che sostiene che il termine derivi da uno stabilimento termale situato nella zona e chiamato “Balnea Pauli“, corrotto in “Balnea Napoli” e poi “Magnanapoli”; un’altra teoria lo vuole far derivare da “Magnae Neapolis Connestabilis“, titolo dei Colonna che abitarono la zona, ma crediamo che fu il titolo a prendere il nome dalla zona e non viceversa, anche perché il toponimo ricorre fin dal X secolo, quando cioè i Colonna non ricoprivano ancora alcun tipo di cariche. L’ipotesi più accreditata risulta forse quella che lo vuole derivare da “Bannum Nea Polis“, ossia “fortezza della città nuova”, una cittadella militare bizantina risalente al IX-X secolo, che confermerebbe anche il termine con cui nel Medioevo la zona era denominata, ossia “contrada militarium” e forse anche il nome della Torre delle Milizie qui situata (nella foto 1).
Questa torre è la più antica di Roma, fra quelle sopravvissute s’intende, e per secoli la leggenda popolare raccontò che questa massiccia struttura in mattoni fu il luogo da cui Nerone avrebbe assistito all’incendio di Roma. In realtà la torre faceva parte di un fortilizio fatto erigere da Gregorio IX dei Conti di Segni nel XIII secolo, sul basamento di una torre di guardia delle Mura Serviane. Agli inizi del XIV secolo la torre apparteneva agli Annibaldi, dopodichè passò in mano a Bonifacio VIII Caetani che ne fece un poderoso baluardo, costruendovi accanto un palazzo-fortezza contro i suoi acerrimi nemici, i Colonna. Ritornò in possesso degli Annibaldi nel 1330 e, quindi, di nuovo ai Caetani. Nella notte tra il 9 ed il 10 settembre 1348 il violento terremoto che provocò tanti danni in tutta la città fece crollare il terzo piano della torre (oggi ridotto a poco più di un moncone) e provocò un cedimento del terreno, che fu la causa dell’inclinazione dell’edificio ancora oggi ben visibile. L’imponente torre, seriamente danneggiata per le lotte ed i cattivi restauri, passò ai Conti e, da questi, al cardinale Napoleone Orsini, che l’acquistò in condominio. La torre, alta poco più di 51 metri ed a pianta quadrata, è composta da tre corpi sovrapposti che presentano una rastremazione progressiva verso l’alto, con sviluppo a “cannocchiale”. L’esterno della torre è realizzata in massi di tufo per la parte inferiore ed in cortina laterizia con coronamento a merli per la parte superiore; internamente la muratura è a parallelepipedi di tufo alternati da filari di mattoni.
Nel 1574, fra i ruderi dell’antico maniero e la torre, rovinata ed inagibile, si insediarono le suore domenicane del monastero di S.Caterina. La costruzione della chiesa di S.Caterina (nella foto in alto sotto il titolo) avvenne tra il 1628 ed il 1641, per volontà di papa Urbano VIII, su progetto di Giovan Battista Soria: fu così che la torre divenne il belvedere del monastero e venne sommersa da costruzioni che le furono addossate senza alcun riguardo, ma che molto probabilmente l’hanno salvaguardata nei secoli e conservata fino a noi. Nel 1910 furono avviati i lavori di scavo connessi all’isolamento della torre, ma tali lavori favorirono l’allagamento delle fondazioni con conseguente accentuazione della pendenza: per tale motivo si resero necessari i lavori di consolidamento del 1914 diretti dal prof. Antonio Muñoz. La chiesa presenta una facciata di gusto tardo-cinquecentesco a due ordini di lesene con un portico a tre arcate al quale si accede tramite una scala a doppia rampa costruita ai primi del Novecento. L’interno è a navata unica, sulla quale si aprono tre cappelle per ogni lato: numerose le opere d’arte che vi sono custodite, come il bellissimo tabernacolo dell’altare maggiore realizzato in marmo, bronzo e pietre preziose. Ma sicuramente una presenza degna di nota su Largo Magnanapoli sono le “Mura urbane dell’epoca dei Re tornate in luce nel novembre 1875“, come recita la targa affissa dal Comune di Roma dinanzi ai resti delle Mura Serviane situate nell’aiuola che occupa il centro di questo largo (nella foto 2). Si tratta di tre filari di blocchi di tufo molto probabilmente appartenenti ad un fianco della “porta Sanqualis“, così denominata per la vicinanza al tempio dedicato alla divinità sabina di Semo Sanco.
Al civico 158 di Largo Magnanapoli è situato Palazzo Antonelli, costruito nel Settecento per i Fiorenzi su un’area occupata precedentemente da alcune case e da un terreno coltivato a vigna. L’edificio attuale risale però alla seconda metà dell’Ottocento, quando l’antico palazzo fu unito, ad opera dell’architetto Andrea Busiri Vici, ad altre case adiacenti, per volontà della nuova proprietaria Luisa Carlotta di Borbone, duchessa di Sassonia. In seguito il palazzo divenne proprietà del cardinale Giacomo Antonelli, segretario di Stato di Pio IX, il quale non vi abitò ma lo utilizzò per collocarvi la sua rarissima collezione di pietre preziose e di ambre del Cinquecento. Gli eredi Antonelli cedettero poi l’edificio alla Santa Sede che vi ospita tuttora alcuni uffici della Banca d’Italia. Il palazzo si presenta in forme neo-cinquecentesche con un imponente pianterreno a bugnatura liscia dove si aprono una serie di portali e finestre ad arco a tutto sesto. Sopra vi sono due piani con finestre architravate ed un mezzanino sottostante un cornicione modanato con finestre a cornice semplice. Il palazzo è degno di nota soprattutto perché nell’androne custodisce un altro blocco delle Mura Serviane (molto probabilmente risalente ad un restauro dell’87 a.C.), costituito da un bellissimo arco in conci di tufo (nella foto 3) oggi utilizzato come accesso alle scale interne: non si tratta di una porta (come si potrebbe pensare e come qualcuno sostiene) ma dell’apertura di una camera balistica, forse per catapulte (come l’arco situato in via di S.Anselmo), anche perché dobbiamo considerare che l’arco originariamente non era posto a livello del suolo come oggi ma a notevole altezza da terra, come si deduce anche da alcuni filari di blocchi interrati al di sotto.
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Nella sezione Roma nell’Arte vedi:
Largo Magnanapoli di G.B.Falda
S.Caterina da Siena di G.B.Falda
S.Caterina e Torre delle Milizie di E.R.Franz