Piazza S.Giovanni in Laterano prende il nome dalla maestosa e bellissima Basilica di S.Giovanni in Laterano (nella foto sopra la facciata con l’annesso Palazzo del Laterano a destra), situata sulla piazza di Porta S.Giovanni. Alcuni scavi effettuati sotto la basilica tra il 1934 ed il 1938 individuarono resti di un grande edificio di età giulio-claudia, rifatto completamente nel II secolo. Sotto Settimio Severo i muri di questa abitazione furono tagliati a mezza altezza e sopra di essi fu costruita la nuova caserma degli “Equites Singulares“, la guardia a cavallo dell’imperatore. La zona e la basilica devono il nome alla ricca e nobile famiglia dei Laterani che qui avevano le loro proprietà, poi confiscate, all’inizio del IV secolo, dall’imperatore Costantino, il quale vi si stabilì insieme alla moglie Fausta dopo la vittoria su Massenzio. Nel 313 papa Milziade (311-314) indisse un sinodo volto all’organizzazione della chiesa romana a seguito del riconoscimento di Costantino del cristianesimo: la riunione avvenne in una “domus ecclesiae” all’interno della casa dell’imperatrice Fausta e per questo denominata “domus Faustae“. Nello stesso anno Papa Milziade si stabilì all’interno del palazzo imperiale insieme alla sua Curia ed in pratica questa fu la prima dimora solenne del Vescovo di Roma, destinata a diventare per tutto il Medioevo la sede dei romani pontefici, ovvero il Patriarchìo. Costantino sciolse il corpo degli “Equites“, dichiaratamente fedeli a Massenzio, e sulla caserma pose la prima pietra della basilica che donò a papa Silvestro I (314-335). Sorse così un complesso di edifici che costituivano un vero e proprio borgo, denominato “Campus Lateranensis“, esteso dalla odierna basilica fino all’attuale zona della Scala Santa: un dedalo di viuzze, cortili, aule, cappelle, archi, triclini, dove il papa, durante le solennità religiose, riuniva il clero e le rappresentanze popolari. La struttura della prima basilica (dedicata dapprima al Salvatore e, poi, nel 600, ai Ss.Giovanni Battista e Giovanni Evangelista), ricostruibile dalle sostruzioni e da qualche traccia dell’antico alzato, disponeva di robuste fondamenta in calcestruzzo e grossi pezzi di marmo, che ripartiva l’imponente edificio (di m 95 x 56) in cinque navate, tutte illuminate da ampie finestre. Secondo quanto si è potuto appurare dagli scavi, la suddivisione costantiniana coincide con quella attuale ma le fondamenta delle navate proseguivano fino a 5 metri oltre la facciata odierna: quindi, o la basilica antica era più lunga oppure le costruzioni proseguivano oltre la facciata originaria, per ignote ragioni statiche. Le fondamenta della facciata originaria non sono mai state ritrovate. Dopo il Sacco di Alarico (410), la basilica fu sottoposta nel 455 all’ulteriore oltraggio dei Vandali, che presero d’assalto il tesoro: da questo periodo in poi l’area lateranense, dove peraltro non si era mai sviluppata un’attività edilizia intensiva, andò trasformandosi in un deserto di vigne e campi coltivati. Il processo subì una rapida accelerazione durante il VI secolo, quando il taglio degli acquedotti ad opera di Vitige, re dei Goti, tolse a questa zona ogni approvvigionamento idrico. Numerosi furono i restauri a seguito di incendi e distruzioni che colpirono la basilica: nell’896 un terremoto fece crollare il tetto della navata centrale e così nel 910 avvenne una prima ricostruzione per volontà di papa Sergio III (904-911). Nel 1215 Papa Innocenzo III (1198-1216) commissionò ai Vassalletto lo splendido chiostro, capolavoro dell’arte cosmatesca, fortunatamente sopravvissuto ai due incendi che in seguito distrussero l’antica basilica. È a pianta quadrata, con quattro lati di arcatelle che poggiano su colonnine binate, interrotte, a intervalli di cinque, da pilastrini che dividono le gallerie in campate. Il cortile interno è tenuto a giardino; vi si può accedere da tre lati, dove i passaggi sono evidenziati da coppie di sfingi o di leoni stilofori; nel centro è collocato un puteale del IX secolo. Il chiostro, realizzato da Pietro Vassalletto e da suo figlio tra il 1215 ed il 1232, ospita, lungo le pareti e sotto i portici, un vero e proprio museo lapideo: oltre alle numerose iscrizioni ed alle lastre tombali provenienti dall’antica basilica, si può ammirare una testa femminile in pietra del V secolo, in cui si è voluto individuare un ritratto di S.Elena; una cattedra cosmatesca con colonnine tortili; i resti di un antico ciborio eseguito dal Maestro Deodato nel 1297; i frammenti del sepolcro del cardinale Annibaldi realizzato da Arnolfo di Cambio nel 1227. Durante il pontificato di Niccolò IV (1288-1292) furono realizzati un transetto ed un’abside esagonale: per quanto riguarda il primo, il rifacimento tardo-cinquecentesco e la mancanza di riscontri archeologici non permettono di chiarire se esso venne realizzato su una precedente nave trasversa oppure ex novo. La nuova abside gotica accolse, nel catino interno, i mosaici di Jacopo Torriti e di Jacopo da Camerino, rimasti integri, nonostante le tante calamità che colpirono la basilica, sino all’Ottocento, quando per l’ampliamento del coro, si decise di distruggere l’abside medioevale.
Il mosaico odierno (nella foto 1), di conseguenza, non è che una copia eseguita tra il 1883 ed il 1884, fedele all’antico soltanto nell’iconografia. Nel 1308 la basilica venne quasi completamente distrutta da un violento incendio ed i lavori si protrassero sin quasi alla metà del secolo, quando due nuove sciagure colpirono S.Giovanni: nel 1349 un violento terremoto e nel 1361 un secondo, terribile incendio che ridusse la basilica a poco più di una rovina. Le misere condizioni della basilica suscitarono la violenta denuncia di Francesco Petrarca, il quale in una lettera ad Urbano V ((1362-1370), a quel tempo ad Avignone, così scrisse: “Con quale animo tu, vicino alle rive del Rodano, riesci a prendere sonno protetto da soffitti dorati mentre il Laterano … giace in terra?“. L’invettiva del poeta ottenne gli effetti sperati perché sia Urbano V che il suo successore, Gregorio XI (1370-1378), intrapresero imponenti lavori di ricostruzione: protagonista fu Giovanni di Stefano che ripristinò il tetto, le pareti e 20 pilastri ottagonali in laterizio sostituirono le danneggiate colonne costantiniane.
A lui si deve anche il gigantesco tabernacolo (nella foto 2) posto sopra l’altare maggiore, realizzato con il contributo di Carlo V di Francia: 12 affreschi di Barna, ritoccati pesantemente al tempo di Innocenzo VIII (1484-1492), ne ornano l’esterno. Sin dal 1370 il ciborio ospitò le teste dei Ss.Pietro e Paolo, in origine contenute all’interno di due busti d’oro e d’argento realizzati da Giovanni di Bartolo, sostituiti nel 1804 da copie in argento (ben visibili nella foto 2) perché quelli originali si dovettero fondere per pagare il gravoso tributo imposto da Napoleone con il Trattato di Tolentino del 1797. Al ritorno da Avignone, nel 1377, Gregorio XI preferì al Patriarchìo lateranense una residenza più vicina alla città, anche a causa delle misere condizioni del palazzo causate dalle recenti calamità, scegliendo, così, di prendere dimora nei palazzi di S.Pietro. Tuttavia il pontefice non trascurò la basilica, provvedendo al rifacimento del prospetto settentrionale, all’estremità del braccio destro del transetto: lasciando al loro posto i due campanili (risalenti al XIII secolo), vennero aperti un rosone ed un portale fiancheggiato da leoni stilofori. Nel 1413 le truppe di Ladislao d’Ungheria danneggiarono nuovamente la basilica, cosicché qualche anno dopo Martino V (1417-1431), appena salito sul soglio pontificio, commissionò immediati lavori di restauro: oltre al pavimento, dal bel disegno cosmatesco, papa Colonna riparò il soffitto e scelse Gentile da Fabriano per un famoso ciclo di affreschi, terminati poi, per la morte del maestro, dal suo discepolo Antonio Pisanello. Opere di restauro si ebbero con Eugenio IV ((1431-1447), che rifece il portico, con Pio IV (1559-1565), al quale si deve il grandioso soffitto della navata centrale e con Sisto V (1585-1590), il quale commissionò al suo architetto preferito, Domenico Fontana, la “Loggia delle Benedizioni” ed il nuovo Palazzo del Laterano. A Clemente VIII ((1592-1605) si deve invece la nuova decorazione del transetto: il vasto complesso pittorico, realizzato insieme al maestoso Altare del Sacramento, vide all’opera i migliori pennelli dell’epoca, da Gentileschi a Nebbia, da Baglione a Roncalli, da Nogari a Ricci.
La Cappella del Santissimo Sacramento (nella foto 3) fu eretta nel 1598 su progetto di Pietro Paolo Olivieri in occasione dell’Anno Santo del 1600. Il timpano è sorretto da quattro grandi colonne corinzie di bronzo dorato che, secondo tradizione, sarebbero quelle originarie del Tempio di Gerusalemme o del Tempio di Giove Capitolino. Al centro è situato il tabernacolo, un tempietto ottagonale di bronzo dorato ornato di pietre preziose e fiancheggiato da quattro colonne di verde antico appartenute all’antica basilica. Al di sopra si trova un bassorilievo in argento dorato realizzato dall’orafo romano Curzio Vanni del peso di mille libbre sorretto da due angeli modellati da Ambrogio Buonvicino e fusi da Orazio Censore, costato 12.000 scudi d’oro, che rappresenta l’Ultima Cena: una lunga tavola, coperta da una tovaglia dalle mille piegature, con il Cristo al centro, affiancato dai 12 apostoli. Ma è dietro al bassorilievo che si nasconde una delle reliquie più importanti del Cristianesimo: un vetro infatti lascia intravvedere una piccola stanza in cui è conservata, secondo la tradizione, la tavola originale in legno di cedro dell’Ultima Cena, sulla quale Gesù spezzò il Pane Eucaristico condividendolo con gli Apostoli.
Innocenzo X ((1644-1655), deciso a restituire alla cattedrale nuovo splendore dopo un periodo di trascuratezza da parte dei suoi predecessori, più concentrati verso S.Pietro, affidò la completa ricostruzione al Borromini, il quale ridisegnò la pianta della chiesa a cinque navate, trasformando in pratica le navate minori in ambienti collegati con le navate laterali e sistemandovi i monumenti funebri smontati dalla loro posizione originaria. Inoltre collegò la navata centrale alle navate laterali tramite cinque grandi archi, intervallati da pilastri giganti, nei quali ricavò nicchie molto profonde destinate già da allora a contenere statue: gli Apostoli attuali, però, vennero realizzati soltanto al tempo di Clemente XI (1700-1721) da un gruppo di scultori, tra i quali Rusconi, Monnot ed Ottoni.
All’epoca di Alessandro VII Chigi (1655-1667) furono sistemate nel portale centrale le due valve bronzee (nella foto 4) risalenti all’epoca di Domiziano (86-96), provenienti dalla chiesa di “S.Adriano al Foro Romano“, ovvero la “Curia Iulia“, per l’occasione leggermente ingrandite ed ornate con le stelle dei Chigi.
Sotto il portico, inoltre, è possibile ammirare le “Storie della vita di Giovanni Battista”, raffigurate ad altorilievo, la Porta Santa (ultima a destra), normalmente chiusa e che si apre solamente in occasione dell’Anno Santo, mentre in fondo al lato sinistro è situata la statua colossale di Costantino (nella foto 5), risalente al IV secolo d.C. e proveniente dalle Terme di Costantino. Nel 1735, infine, venne realizzata la facciata della basilica ad opera di Alessandro Galilei, su commissione di papa Clemente XII (1730-1740), a due ordini e cinque fornici, scanditi da paraste e semicolonne. Tra i due ordini una scritta ricorda che la basilica Lateranense è la “Madre e Capo di tutte le chiese di Roma e del mondo”, mentre una seconda scritta, posta sulla trabeazione, ricorda i lavori eseguiti da Clemente XII.
Il timpano, con l’antica immagine del Cristo all’interno, conclude la facciata, sovrastata da una balaustra con le 15 statue gigantesche di Cristo, dei Ss.Giovanni Battista e S.Giovanni Evangelista e degli Apostoli (nella foto 6). Sopra il timpano un reliquiario conserva un frammento della tavola dell’Ultima Cena, esposta solamente il giorno di Pasqua. Addossato al fianco destro della basilica è situato il Palazzo del Laterano (nella foto in alto sotto il titolo), costruito tra il 1586 ed il 1589 da Domenico Fontana per volontà di papa Sisto V. Il palazzo, concepito come residenza estiva dei pontefici, sorse sulle rovine dell’antico “Patriarchìo”, devastato dagli incendi del XIII secolo e soprattutto abbandonato dai pontefici che, al ritorno nel 1377 da Avignone, si erano trasferiti in Vaticano. Al primo piano del “Patriarchìo” si trovava l’aula conciliare rivolta, con una loggia coperta, verso l’attuale piazza di S.Giovanni in Laterano: era la loggia dalla quale Bonifacio VIII indisse il primo Giubileo nel 1300. La cappella principale era quella di “S.Lorenzo” o “Sancta Sanctorum”, salvatasi dalle demolizioni insieme alla Scala Santa, unici reperti, insieme al vicino Triclinio, dell’antico edificio lateranense ed entrambi inclusi nel palazzetto progettato dal Fontana nel 1589.
La tradizione vuole che i 28 gradini di marmo bianco della Scala Santa (nella foto 7) siano stati quelli percorsi da Cristo per recarsi da Ponzio Pilato durante il processo e che siano stati portati qui da Gerusalemme da S.Elena, madre dell’imperatore Costantino. Nessun piede può toccare i gradini santi, che furono fatti ricoprire da tavole di legno di noce da Innocenzo XIII nel 1723. I fedeli possono salirvi solo in ginocchio, una penitenza che viene fatta specialmente il Venerdì Santo. La Scala Santa e due scale laterali conducono alla “Cappella di S.Lorenzo” o “Sancta Sanctorum“, costruita da papa Niccolò III nel 1278. Decorata dai Cosmati, la cappella conserva numerose reliquie sacre, tra cui un’immagine miracolosa che ritrae Gesù, dipinta, si dice, da S.Luca con l’aiuto di un angelo e che veniva portata in processione, durante il Medioevo, per scongiurare ogni genere di calamità. Il Palazzo del Laterano non ebbe mai una destinazione precisa: i locali del primo piano furono sempre utilizzati in funzione della “presa di possesso” da parte del neoeletto pontefice e, come tali, destinati ad appartamento papale, anche se poi il papa non vi abitò mai. La medioevale cerimonia dell’investitura pontificia divenne “presa di possesso” della basilica da parte del papa, in qualità di vescovo di Roma, in quanto l’elezione e la consacrazione pontificia venivano ormai effettuate a S.Pietro. La cerimonia si svolgeva con un pittoresco corteo nel quale il papa procedeva a cavallo fino a tutto il Settecento, e poi in carrozza, con il seguito della Guardia Svizzera e della Guardia Nobile, di cardinali e monsignori, rappresentanti della nobiltà e del popolo, lungo un percorso, che non fu sempre lo stesso, appunto denominato “via papalis” o “papale”. I locali del piano terra e del secondo piano furono adibiti ai più disparati servizi: Paolo V (1605-1621) ne fece la residenza dei canonici della basilica lateranense, Urbano VIII (1623-1644) lo adibì a quartier militare ed ospedale, Innocenzo XII (1691-1700) lo trasformò in ospizio per le orfane, Pio VII (1800-1823) vi insediò l’Archivio di Stato Pontificio, Gregorio XVI (1831-1846) vi ospitò le nuove raccolte d’arte sacra, Pio IX (1846-1878) vi fece sistemare il Museo missionario-etnologico. Dopo una vaga idea di Pio XII (1939-1958), fu Giovanni XXIII (1958-1963) che progettò un rinnovo dei locali per sistemarvi il Vicariato di Roma: nel 1967, con Paolo VI (1963-1978), il progetto fu realizzato. Il Palazzo del Laterano, appoggiato con un fianco alla basilica, presenta tre facciate a tre piani di identiche strutture, con numerose finestre a timpani alternati, triangolari e centinati, con un grande portale al centro, affiancato da massicce colonne, sormontate da un balcone con relativo stemma pontificio: due sono di Sisto V ed il terzo, sulla facciata adiacente all’ingresso della basilica, di Clemente XII, che completò questa parte dell’edificio nel 1735; a coronamento, un possente cornicione con un fregio tra finestrelle. Il palazzo ospitò, l’11 febbraio 1929, i Patti Lateranensi tra la Santa Sede (presente il cardinale Gasparri per il Pontefice Pio IX) e lo Stato Italiano (presente Benito Mussolini per il re Vittorio Emanuele III) nella stanza che da allora venne denominata “Sala della Conciliazione”.
La Loggia delle Benedizioni (nella foto 8), anch’essa opera del Fontana, a due ordini, fu interamente decorata da una serie di pittori diretta da Cesare Nebbia e Giovanni Guerra: due campanili gemelli, del XIII secolo, concludono l’edificio.
Annesso alla basilica, a destra della Loggia delle Benedizioni, sulla parte absidale, vi è il Battistero (nella foto 9), detto originariamente “S.Giovanni della Fonte“, sotto le cui fondamenta sono venuti alla luce i resti di una villa romana del I secolo d.C., poi sostituita da un edificio termale nel II secolo d.C. Il Battistero, seppure restaurato molte volte, risale al tempo di Costantino, che, a sua volta, lo ricavò da un ninfeo dei Laterani: la pia tradizione vuole che l’imperatore sia stato battezzato in questo edificio. L’attuale forma ottagonale risale al 432 d.C. ed all’interno otto grandiose colonne di porfido contornano la vasca battesimale.
Al centro di Piazza S.Giovanni in Laterano sorge l’Obelisco Lateranense (nella foto 10), il più alto di Roma (32,18 metri senza il basamento, 46 con esso) ed il più antico. L’obelisco, di granito rosso, è ricoperto di geroglifici che lo datano al regno di Tutmosi III (1504-1450 a.C.) e ne ricordano la collocazione a Karnak. Più di 1800 anni dopo Costantino lo fece trasportare ad Alessandria, da dove sarebbe dovuto partire per Costantinopoli. Morto l’imperatore, il figlio e successore Costanzo lo deviò a Roma, facendo costruire una nave di misure eccezionali per l’epoca. L’impresa fu narrata in una scritta latina incisa sul basamento, poi demolito, ma letta e tramandata da Michele Mercati (1541-1593). Nel 357 d.C. l’obelisco fu innalzato sulla “spina” del Circo Massimo e sulla sommità fu posta una torcia in bronzo rivestita d’oro che sostituì l’antico globo d’oro colpito da un fulmine. Dopo essere rimasto interrato e rotto in tre pezzi per secoli, l’obelisco verrà dissepolto nel 1587 da Papa Sisto V e collocato, nel 1588, nel piazzale Lateranense da Domenico Fontana: in questa occasione vi fu posta l’attuale Croce bronzea e venne incaricato lo scultore Matteo Castello da Melide di scolpire le lettere della nuova iscrizione (elaborata dal cardinale Silvio Antoniani e che ricordasse la precedente epigrafe di Costanzo, ma anche il contributo di Sisto V e l’antica tradizione del battesimo di Costantino) poste sulle quattro facce del basamento. Nel versante rivolto verso l’Ospedale del Salvatore vi è scritto: “Flavio Costantino Massimo Augusto, vindice ed assertore della fede cristiana, quest’obelisco, da un re egizio dedicato al Sole con impuro voto, toltolo dalla sua sede fece condurre attraverso il Nilo fino ad Alessandria per ornare con tale monumento la nuova Roma che allora andava costruendo“. Verso la Scala Santa: “Flavio Costanzo Augusto, figlio di Costantino Augusto, l’obelisco che il padre tolse dal suo luogo e che per lungo tempo giacque ad Alessandria, postolo su di una nave con trecento rematori e di meravigliosa grandezza, portatolo a Roma attraverso il mare e il Tevere con grande apparato nel Circo Massimo dedicò assieme al Senato ed al Popolo Romano“. Verso la Loggia delle Benedizioni: “Costantino vincitore per intercessione della Croce, in questo luogo battezzato da San Silvestro, propagò la gloria della Croce“. Infine verso via Merulana: “Sisto V Pontefice Massimo, quest’obelisco dall’aspetto bellissimo, per la calamità dei tempi spezzato, con grande spesa estrasse dalle rovine del Circo Massimo dov’era profondamente sepolto sotto il terreno fangoso; in questo luogo con grandi fatiche lo fece condurre, e restituendolo con cura nell’aspetto antico lo dedicò all’invittissima Croce, l’anno 1588, 4° del suo pontificato“. Addossata alla base dell’obelisco si trova una fontana (quasi non si nota, sovrastata dal grande obelisco) costruita tra il 1603 ed il 1607 a spese dei canonici lateranensi, probabilmente su disegno di Domenico Fontana o Flaminio Ponzio.
La fontana (nella foto 11) reca gli emblemi araldici di Papa Clemente VIII Aldobrandini, ovvero la banda doppiomerlata accompagnata dalle stelle a sei punte, situati lungo il listello superiore del monumento, e quelli ben più imponenti di Paolo V Borghese (l’opera fu compiuta durante il suo pontificato), l’aquila ed i due draghi, che fanno da cornice al “cartello” contenente la tiara e le chiavi pontificie; infine una conchiglia e due delfini, con le code incrociate al centro, gettano acqua in una bella vasca di marmo elegantemente sagomata. In realtà anticamente c’erano anche due gigli bronzei, simboli araldici di Papa Leone XI Medici, collocati ai lati della statua bronzea di S.Giovanni Evangelista (opera di Taddeo Landini, l’autore della Fontana delle Tartarughe) situata sulla piattaforma dell’alzata: colpita e mutilata da un fulmine, la statua fu rimossa nell’Ottocento per essere riparata, ma da allora scomparve. Vogliamo ricordare che là dove oggi sorge l’obelisco per secoli trovò dimora la statua equestre di Marco Aurelio: alcuni scavi effettuati sotto la piazza negli anni ’60 riportarono alla luce un edificio dell’età fra il I ed il IV secolo d.C., molto probabilmente la villa di Domizia Lucilla, la madre di Marco Aurelio. Per tutto il Medioevo la statua non fu mai rimossa da quel luogo e probabilmente dovette la propria salvezza al fatto che da tutti era ritenuta raffigurante l’imperatore Costantino, anche in virtù del fatto che era situata sopra le sue antiche proprietà.
L’edificio che fa da quinta prospettica al lato occidentale di Piazza S.Giovanni in Laterano è l’Ospedale del Salvatore (nella foto 12), più comunemente noto come Ospedale di S.Giovanni, ma fin dal Trecento, quando ne fu costruita la primitiva struttura, denominato “del Salvatore”, perchè affidato alla Compagnia del Salvatore. Nel Quattrocento fu ampliato in seguito alla donazione di Everso II degli Anguillara, ancora ingrandito successivamente fino a poter raccogliere, nel 1592, ben 230 infermi. Ben presto si rese necessaria una ristrutturazione che portò in sostanza ad una ricostruzione dell’intero edificio, secondo un progetto di Giacomo Mola, che lo realizzò tra il 1630 ed il 1636. La lunga facciata, che è in pratica l’avancorpo di tutto il complesso ospedaliero che si sviluppa alle sue spalle, è scandita da paraste e da una fascia marcapiano con due ordini di finestre e cornici semplici; al pianterreno, al centro dell’edificio, apre un portale con timpano curvo, affiancato da altri due piccoli portali secondari intervallati dalle finestrelle dell’interrato. Sopra lo spiovente del tetto, al centro, è situato un bel campanile a vela con orologio.
L’edificio posto all’inizio di Via S.Giovanni in Laterano, con aspetto a forma di chiesa, è invece il Palazzo dell’Ospedale delle Donne (nella foto 13), ovvero il Reparto Maternità dell’antistante Ospedale del Salvatore, realizzato nel 1655 su progetto di Giovanni Antonio De Rossi. Sviluppa su un corpo di fabbrica prominente, dal timpano triangolare tra quattro paraste, dove apre al pianterreno il portale fiancheggiato da due finestre inferriate a cornice semplice e sovrastato da un finestrone ad arco. Ai lati sono posti due elementi di fabbrica a due piani più un sottotetto, tutti con due finestre a cornice.
> Vedi Cartoline di Roma
Nella sezione Roma nell’Arte vedi:
S.Giovanni in Laterano di G.Vasi
S.Giovanni in Laterano di G.B.Piranesi
Piazza di S.Giovanni in Laterano di L.Rossini
Scala Santa di G.B.Falda