La storia di via Nazionale iniziò con l’acquisizione, da parte di monsignor Francesco Saverio De Merode, della vallata detta “di S.Vitale” (dal nome della omonima chiesa), che allora corrispondeva quasi interamente ai territori circostanti il tracciato della via. Il monsignore era proministro delle armi pontificie ma più che le armi e la tonaca lo seducevano i guadagni ingenti, tanto che nel 1880 lottizzò i terreni di cui era proprietario. Il suo sogno era di creare un quartiere moderno ma riuscì soltanto a far costruire tre edifici (utilizzando materiali di basso prezzo) all’inizio dell’odierna via Nazionale, ma allora chiamata “Nuova Pia” in omaggio a papa Pio IX. De Merode intuì l’importanza di collegare la Stazione Termini (in quel periodo ancora in costruzione) con il centro della città: infatti, ideò una via tra le chiese di S.Maria degli Angeli e di S.Vitale che conducesse fino a piazza Venezia. Tra il 1867 ed il 1872 De Merode concordò la cessione dei terreni con il Comune di Roma, che poté così realizzare i lavori per l’apertura della via, che venne chiamata via Nazionale in onore della giovane nazione Italia. Nella pianta di Roma del 1901 via Nazionale arrivava, come dal progetto del De Merode, fino a piazza Venezia: soltanto dopo la I Guerra Mondiale il tratto dopo largo Magnanapoli prese il nome di via Quattro Novembre (a ricordo della vittoria nella Prima Guerra Mondiale) e di via Cesare Battisti (in onore dell’eroe trentino impiccato dagli austriaci). Via Nazionale segue, in parte, il tracciato di un antico viario romano, il “vicus Longus“. L’apertura della via portò alla demolizione degli ultimi resti delle antiche Terme di Costantino ed al taglio di un terrapieno, sorretto da un muro, sul quale le Terme poggiavano: è lo stesso rialzo che ancora oggi serve da base per villa Aldobrandini. Via Nazionale, definita la maggiore strada del rinnovamento edilizio della “Nuova Roma”, appartiene a due rioni: da piazza della Repubblica all’incrocio con via delle Quattro Fontane al rione Castro Pretorio, dal suddetto incrocio fino a via XXIV Maggio al rione Monti.
Prendiamo qui in considerazione la zona appartenente a quest’ultimo rione: il primo monumento degno di nota è la basilica di S.Vitale (nella foto 1), inconfondibile perché situata alcuni metri sotto il livello stradale. Fu innalzata dalla pia matrona Vestina e dedicata a Vitale ed ai suoi due figli, Gervasio e Protasio. La chiesa ebbe un primo radicale restauro sotto Sisto IV nel 1475, allorché cadde in rovina e fu ridotta ad una sola navata rispetto alle tre originarie. Un secolo dopo venne restaurata per volontà di Clemente VIII: in questa occasione l’antico portico fu trasformato in vestibolo, poi riconvertito in portico poggiante su cinque colonne antiche alla fine degli anni Trenta.
Bellissimo il portale (nella foto 2), tra i più nobili del primo Rinascimento romano, con lo stemma di Sisto IV, anche se dai battenti lignei sono stati rimossi e posti in un luogo più sicuro i preziosi pannelli a rilievo del Seicento con scene del martirio dei santi titolari, Vitale, Valeria, Gervaso e Protasio ed i Ss.Ignazio e Francesco Saverio. La chiesa, che conserva tracce di antiche costruzioni, è uno dei monumenti cristiani più preziosi di Roma e fino al secolo scorso era depositaria di uno straordinario legato di carità: ogni venerdì si distribuiva gratuitamente il pane ai poveri della città e la cerimonia era dovuta alla disposizione testamentaria di un gentiluomo romano, Francesco Silla. Adiacente alla chiesa sorge il Palazzo delle Esposizioni (nella foto sotto il titolo), costruito da Pio Piacentini nel 1883, a spese del Comune e con l’intervento dello Stato.
L’edificio, progettato come centro d’esposizione, si presenta con una doppia rampa di scale che conducono all’ingresso, costituito da un arco a tre fornici (nella foto 3), con colonne, lesene e rilievi. Sul frontone vi è il gruppo scultoreo di “Arte affiancata da Studio e Pace” (nella foto 4), opera di Adalberto Cencetti; ai lati vi sono statue di artisti famosi. Le Esposizioni delle Belle Arti furono pianificate con cadenza biennale, che divenne poi quadriennale e voleva essere un’ alternativa alla Biennale di Venezia. La manifestazione fu in seguito più volte interrotta, finché il palazzo denunciò un pericolo di crollo nel 1986 e le esposizioni furono traslocate al Palazzo dei Congressi all’Eur.
I lavori di restauro e ristrutturazione iniziarono nel 1987, secondo un progetto di Costantino Dardi, che operò una serie di accorgimenti tecnici che resero il palazzo più funzionale, come il razionale sistema di illuminazione. Fu riaperto al pubblico nel 1990, con due grandi mostre dedicate a Rubens ed alla Roma del Tarquini, dopodiché ricominciarono le esposizioni con cadenza quadriennale. Da segnalare che il palazzo si erge sull’area della “Domus Flavii Sabini“, fratello di Vespasiano, e della casa di “Emilia Paulina Asiatica”: difatti, durante gli scavi effettuati per porre le fondazioni del palazzo, emerse il bellissimo mosaico con la “Scena nilotica” del II secolo.
Al civico 183 è situato il Teatro Eliseo (nella foto 5), sorto nel 1900 come teatro all’aperto nei giardini di palazzo Rospigliosi, poi ricostruito in muratura nel 1910 con il nome di “Teatro Apollo”. Fu il primo teatro con copertura in cemento armato, con sala in forma ellittica, mantenuta tuttora, e collegata ad un vasto ambiente ad uso ridotto: quest’ultimo, nel 1912, separato e gestito come locale per danze e varietà con il nome di “Sala Apollo”, mentre il Teatro prese il nome di Cines. Tra il 1936 ed il 1937 fu completamente ristrutturato da Luigi Piccinato, in occasione del quale il teatro aumentò sia in altezza che in profondità ed il palcoscenico fu allargato di 2 metri, raggiungendo così i 12 metri: da allora il teatro fu denominato “Eliseo” e la sala Apollo divenne il “Ridotto dell’Eliseo”, oggi denominato invece “Piccolo Eliseo”.
Al civico 91 sorge l’edificio della Banca d’Italia (nella foto 6), costruito da Gaetano Koch tra il 1886 ed il 1894 come sede centrale della Banca d’Italia, allora chiamata Banca Nazionale. Costruito sull’area del grande orto Mercurelli, il palazzo si affaccia sulla via con un ampio prospetto a due piani, oltre l’alto pianterreno di travertino, dove si aprono due ingressi a tre fornici fiancheggiati da una serie di finestre con arco a tutto sesto: sopra i due portali sono posti gli stemmi del Comune di Roma, di Firenze (il fiorino), di Torino (il toro) e dei Savoia (lo scudo sabaudo). La facciata è ripartita in un avancorpo centrale, originariamente coronato da due gruppi statuari, e due laterali. Il palazzo è circondato da un fossato con palme e lampioni mentre all’interno un grandioso scalone conduce al primo piano arredato con statue, dipinti e arazzi della collezione dell’industriale torinese Riccardo Gualino e reperti archeologici venuti alla luce durante le operazioni di scavo, come la statua di Antinoo, proveniente dall’officina di un marmorario di epoca medioevale. Quasi di fronte al palazzo della Banca d’Italia sorge un elegante edificio costruito alla fine dell’800 da Gaetano Koch: è la palazzina Huetter (che oggi ospita i locali del Cinema Quirinale), dalla notevole loggia di stile sansovinesco e dalla bella balconata del primo piano, considerata una delle migliori opere “puriste” del tardo Ottocento. Il tratto della via confinante con largo Magnanapoli è caratterizzato da un alto muro di contenimento che racchiude quanto resta di villa Aldobrandini, che per la costruzione di via Nazionale fu privata in gran parte del suo giardino.
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