Campo de’ Fiori sorse sull’area antistante il Tempio di Venere Vincitrice, forse la platea stessa del tempio, ed il suo nome deriva dalla presenza di un vasto prato fiorito, nonché di orti, che nel Quattrocento ornavano la piazza, chiusa da un lato da una fila di palazzetti appartenenti alla famiglia Orsini e dall’altro digradante verso il Tevere. Le prime opere di urbanizzazione si ebbero nel 1456 con Callisto III, che provvide a lastricare la piazza, e con Sisto IV, sia grazie alla bonifica della zona, come attesta la targa posta all’angolo tra Campo de’ Fiori e Via dei Balestrari, sia con l’apertura di Ponte Sisto. Molti palazzi vennero edificati e la piazza divenne un luogo di passaggio obbligato per i pellegrini, ma anche per personalità di spicco come ambasciatori e cardinali, che da Trastevere, passando per Ponte Sisto, lungo la direttrice Via della Trinità, Via Mercatoria, Campo de’ Fiori, Via Florea, Via dei Banchi Vecchi, si recavano a S.Pietro. Campo de’ Fiori divenne così sede di attività culturali e commerciali, di un fiorente mercato di cavalli che si teneva il lunedì ed il sabato, di botteghe di artigiani, vi si leggevano gli annunci pubblici e sui muri venivano affisse le bolle papali. Un ulteriore impulso lo ebbe con lo spostamento del mercato dal Campidoglio, in Piazza del Mercato, nella vicina Piazza Navona. La zona divenne così sede di numerosi alberghi, osterie e locande dai nomi più disparati, “della Nave“, “della Luna“, “dell’Angelo“, “della Scala” ed il più celebre di tutti, la “Locanda della Vacca“, situata ai numeri 11-14 del vicino Vicolo del Gallo e gestito, nel secondo decennio del Cinquecento, da Vannozza Cattanei, l’amante di Papa Alessandro VI Borgia e madre di Lucrezia, Cesare, Giovanni e Goffredo, tutti partoriti in questo palazzetto, sul quale si vede ancora lo stemma gentilizio di Vannozza (nella foto 1).
Si notino le quattro zone: in alto a sinistra un toro, in basso a destra sei fasce chiare e scure, ambedue arme dei Borgia, in alto a destra e in basso a sinistra, un leone rampante (arme dei Cattanei) ed un leone uscente (arme di Carlo Canale, terzo marito di Vannozza) oltre ad un compasso di riferimento oscuro. Nel 1869 il mercato generale di erbaggi e frutta, che fino ad allora si svolgeva soltanto a Piazza Navona, venne spostato a Campo de’ Fiori e da allora il mercato è rimasto sempre in attività, divenendo uno dei più antichi della città. La piazza non fu soltanto luogo di affari o di piacere, ma anche luogo di esecuzioni capitali, perlopiù condanne al rogo, e punizioni con tratti di corda: in un’incisione di Giuseppe Vasi si può notare il palo per la corda definito “Supplicio de malviventi e trasgressori delle leggi“. Era veramente un supplizio tanto che era chiamato “il tormento della corda” (ricordato anche dalla limitrofa Via della Corda): il colpevole veniva sospeso per le braccia con la conseguente quanto inevitabile dislocazione delle braccia.
Al centro della piazza si erge la statua in bronzo del filosofo Giordano Bruno (nella foto 2), messo al rogo per eresia il 17 febbraio 1600 proprio in questo punto: il 9 giugno 1889, la statua, opera di Ettore Ferrari, venne inaugurata alla presenza del Sindaco di Roma Alessandro Guiccioli nel tripudio di tutti i professanti il “libero pensiero”. Naturalmente non fu semplice collocare la statua del simbolo anticlericale in un ambiente clericale (non solo il Vaticano ma anche la Giunta Capitolina, a maggioranza clericale, si oppose): basti pensare che il Comitato universitario romano propose nel 1876 l’erezione della statua con i fondi raccolti tramite una sottoscrizione internazionale. La situazione si sbloccò soltanto nel 1888, con l’elezione di un nuovo Consiglio Comunale, e così l’anno dopo, il 9 giugno 1889, come sopra menzionato, il monumento venne inaugurato, ma i dissidi non terminarono se nell’allocuzione del 30 giugno dello stesso anno Papa Leone XIII definì il fatto come simbolo “di lotta ad oltranza contro la religione Cattolica“. Ai quattro lati del basamento in granito si possono notare otto medaglioni bronzei con effigi di eretici famosi, pannelli con scene di vita del protagonista e la significativa scritta di Giovanni Bovio: “A BRUNO IL SECOLO DA LUI DIVINATO QUI DOVE IL ROGO ARSE“.
Va ricordato che nel medesimo punto ove oggi si erge la statua dedicata a Giordano Bruno vi era posta, in passato, una fontana, decorata da delfini bronzei, costituita da una tazza ovale di marmo bianco e chiusa da un coperchio ricurvo, con al centro una palla, somigliantissima ad una zuppiera, tanto che fu battezzata la “Terrina“. Sul coperchio vi è una strana iscrizione: “Ama Dio e non fallire, fa del bene e lascia dire“, con la data MDCXXII (1622), probabilmente ispirata ai condannati al patibolo che permanentemente sorgeva vicino alla fontana. Nel 1889 la fontana venne smontata per lasciare spazio al Monumento a Giordano Bruno e, dopo essere stata lasciata ben 35 anni nei magazzini comunali, ricostruita nel 1924 in Piazza della Chiesa Nuova: la fontana odierna (nella foto 3), situata all’estremità settentrionale di Campo de’ Fiori, fu realizzata nel 1898, in occasione della nuova pavimentazione della piazza. La fontana ripete in parte la forma dell’antica consorella ma senza il coperchio ed è composta da un’ampia vasca ovale di granito rosato con bordi arrotondati, in mezzo alla quale, su un piedistallo quadrangolare, si erge una tazza quadrilobata sovrastata da un catino dal centro del quale si eleva uno zampillo d’acqua che si versa nella tazza per poi ricadere in sottile velo nella vasca sottostante. Come unici elementi ornamentali la fontana presenta alcuni maniglioni alternati a formelle decorate.
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Campo de’ Fiori di G.Vasi