La chiesa di S.Francesco Saverio, meglio conosciuta come Oratorio del Caravita (nella foto sopra), sorge sui resti dell’antichissima chiesa di “S.Nicola de forbitoribus“, risalente al 1192 e con la funzione principale di sepolcro di famiglia per le nobili famiglie del luogo. Il termine “forbitoribus” si riferisce alla “Confraternita dei Forbiciai”, ovvero i fabbricanti ed i venditori ambulanti di forbici, coltelli ed altri oggetti da taglio, anche se rimane piuttosto incerto se l’attribuzione si deve al fatto che la chiesa era affidata alla loro Università o soltanto al motivo che gli artigiani avevano le loro botteghe in questa zona. La notte del 1° settembre 1405 la chiesa ed il suo campanile subirono gravi danni a causa di un fulmine. Il 14 settembre 1551 papa Giulio III concedette la chiesa ai Camaldolesi: questi riedificarono la chiesa, con monastero annesso, dedicandola a S.Antonio. Nel 1631 la Compagnia di Gesù, già proprietaria dell’adiacente Collegio Romano e della chiesa di S.Ignazio, acquistarono l’area dai Camaldolesi: chiesa e monastero furono demoliti per costruirvi un oratorio destinato ad accogliervi le riunioni della Congregazione della Ss.Comunione Generale, precedentemente situata all’interno del Collegio Romano. I membri della Congregazione, dopo le funzioni serali, ricevevano all’interno dell’oratorio una disciplina con la quale dovevano fustigarsi: il fattore buio determinava la fustigazione delle spalle del vicino di panca ed a quel punto la rissa era inevitabile, probabile motivo per cui la pratica venne poi sospesa. Dopodiché i membri uscivano in processione salmodiando per le vie di Roma per diffondere la pratica della Santa Comunione, avvolti in grandi mantelli neri per cui vennero denominati “Mantelloni”. L’oratorio fu inizialmente dedicato alla Ss.Trinità ed a S.Francesco Saverio, il padre gesuita morto missionario nel 1152, ma quando tra il 1670 ed il 1677 fu ristrutturato, probabilmente ad opera dell’architetto Giovanni Antonio de’ Rossi, fu nuovamente dedicato a S.Francesco Saverio Apostolo delle Indie ed alla Madonna della Pietà (come indicato anche nell’iscrizione posta sulla facciata), in onore della Sacra Immagine della “Mater Pietatis“, un affresco attribuito a Baldassarre Peruzzi e proveniente dalla chiesa di S.Rocco, dalla quale fu donata all’Oratorio nel 1670 e collocato nell’abside. Noto come Oratorio del Caravita, dal nome del suo fondatore, il padre gesuita Piero Caravita, venne inaugurato da Monsignor Altieri l’8 settembre 1633.
La facciata si presenta divisa in due ordini: quello inferiore è scandito in tre ordini verticali da lesene, al centro dei quali è situato il portale d’ingresso (nella foto 1), sormontato da un timpano spezzato al centro del quale si trova lo stemma papale di Benedetto XVI e dall’iscrizione che ricorda che la chiesa è dedicata a “MATER PIETATIS ET FRANCISCO XAVERIO INDIARUM APOSTOLO MDCXXXIII“, come sopra menzionato; l’ordine superiore presenta tre finestre sormontate da aperture ovali quadrilobate. A coronamento è situato un attico a balaustra sul quale si trova una croce in ferro e quattro vasi fiammeggianti in travertino. L’interno, a navata unica preceduta da un atrio, con abside ad emiciclo e deambulatorio retrostante, è funzionale ai riti propri dell’oratorio, che prevedevano le sacre rappresentazioni musicali o teatrali ed al Teatro delle Quarantore, l’adorazione pubblica del Sacramento nei tre giorni precedenti la Quaresima. La chiesa, restaurata nella seconda metà dell’Ottocento, conserva nella volta dell’atrio affreschi delle “Storie di Francesco Saverio” realizzati da Lazzaro Baldi, mentre sull’altare si trova una pala raffigurante la “Ss.Trinità e S.Francesco Saverio” di Sebastiano Conca. Degni di menzione i seicenteschi banchi scolpiti in noce lungo le pareti e le due acquasantiere, dove il granchio con il crocifisso bronzeo nella chela allude simbolicamente a S.Francesco Saverio. L’oratorio ospita anche due piccoli ma significativi ambienti: il “Sacello di S.Francesco Saverio” dove si trova un busto-reliquario in argento del santo risalente al XVII secolo ed il “Ristretto degli Angeli“, un luogo di riunione degli allievi del Collegio Romano con settecenteschi ornati in stucco di Giovan Battista Maini.
L’antico legame con il Collegio Romano è tuttora costituito dall’arco (nella foto 2) situato in via del Collegio Romano, conosciuto anche come “arco dei Gesuiti”, un corridoio coperto realizzato nel 1716 per collegare appunto l’Oratorio del Caravita al palazzo del Collegio Romano.