Via di Torre Argentina prende il nome, come l’omonimo Largo, dalla torre che il vescovo Giovanni Burckard, cerimoniere pontificio della Curia di Alessandro VI, si costruì nel XV secolo accanto al suo palazzo in Via del Sudario e che chiamò “Argentoratina” dal nome latino della sua città natale Strasburgo (“Argentoratum“): con il tempo, per corruzione, il nome divenne “Argentina”.
Via di Torre Argentina collega Largo Arenula a Piazza di S.Chiara e custodisce alcuni edifici antichi, come Palazzo Origo (nella foto 1), con ingresso al civico 21, posto ad angolo tra Via di Torre Argentina e l’omonimo Largo e costruito da Orazio Torriani nella metà del Cinquecento per la famiglia Origo, originaria di Trevi ma trasferitasi all’inizio del Cinquecento a Roma, dove ebbe incarichi in Campidoglio ed anche un cardinale, Curzio, nominato nel 1712. L’edificio, sopraelevato nell’Ottocento, evidenzia nettamente i due piani originali della facciata con finestre architravate al primo e secondo piano e finestrelle quadrate a cornice semplice all’ammezzato, nonché un balconcino con ringhiera in ferro all’angolo (ben visibile nella foto 1), dove scorre un cantonale bugnato fino al ricco cornicione, sul quale si alternano crescenti e stelle dello stemma Origo. Il terzo piano e l’attico sono evidentemente strutture più moderne e fortemente contrastanti con il resto dell’edificio. Al pianterreno, tra numerose porte di negozio ottocentesche, apre un bel portale seicentesco dal quale si accede in un atrio ricco di busti, nicchie e frammenti di reperti archeologici.
Al civico 13 è situato Palazzo Pizzirani, costruito nel Seicento per i Bussi, originari di Viterbo, nei quali si estinse la famiglia Muti. L’edificio, indicato sulla pianta del Nolli come “Palazzo della Prelatura Bussi“, passò nell’Ottocento ai Pizzirani, che lo fecero restaurare e sopraelevare di due piani, alterandone notevolmente la struttura. Infatti il prospetto originale aveva un ammezzato e due piani con cinque finestre per piano su Via di Torre Argentina e sette su Via dell’Arco della Ciambella, e si concludeva con il cornicione, racchiuso agli angoli da cantonali bugnati, proseguiti anche nella sopraelevazione. Sull’architrave del portale d’ingresso (nella foto 2) è incisa la scritta “FRATELLI PIZZIRANI”; affiancano il portale alcune porte di negozio ad arco ribassato ed incorniciate.
Al civico 76 si trova Palazzo Sinibaldi (nella foto 3), costruito nel Seicento per i Sinibaldi di Monteleone, presso Spoleto, nobile famiglia che dette alti funzionari alla Chiesa ed al Campidoglio, estinguendosi nel 1804. La struttura originaria dell’edificio risale al Medioevo, quando esistevano nella stessa area le case dei Monterone di Siena, passate poi ai fiorentini Vettori, ai Peretti, ai Nari fino ai Sinibaldi, che le inglobarono nella nuova costruzione. Nella prima metà dell’Ottocento il palazzo fu sede di manifestazioni artistiche: si ricordano la rappresentazione dell’opera “Cesare in Egitto” di Giovanni Pacini nel 1826 e delle “accademie” di violino tenute da Niccolò Paganini l’anno successivo. Nel 1829 in alcune stanze del palazzo s’insediò l’Accademia Latina e, dal 1870, la Prefettura di Roma, alla quale subentrò la Pontificia Accademia di Archelogia, successivamente l’Accademia dei Nuovi Lincei e, nel 1884, quella degli Arcadi. Il palazzo prospetta sulle vie di Torre Argentina, Monterone e de’ Nari: quella su Via di Torre Argentina risale al Seicento e sviluppa su tre piani di nove finestre, riquadrate al terzo, quadre al secondo, architravate al primo. Il pianterreno è costituito da un bel portale bugnato sul quale poggiano mensole ornate da un rosone che sostengono il soprastante balcone, sul quale si apre una finestra con timpano triangolare; il portale è affiancato da quattro porte di bottega e quattro finestre quadre, tranne l’ultima, architravata ed inferriata su mensola. A coronamento un bel cornicione su mensole con rosoni.
Sul cantonale bugnato si trova un dipinto ovale (nella foto 4) raffigurante una “Vergine con il Bambino in braccio“, con S.Giuseppe in secondo piano, risalente ad un periodo tra il Cinquecento ed il Seicento: la cornice, decorata con nastri e con un motivo ornamentale a foglie ed ovuli, è in stucco e legno e risale al XVIII secolo. Un grande lampione con il braccio a girali di ferro battuto completa la composizione. Su Via de’ Nari il prospetto di Palazzo Sinibaldi è cinquecentesco, ma con poca uniformità nelle caratteristiche: ai tre piani aprono quattordici finestre, di cui dodici architravate e due riquadrate; al secondo, undici sono riquadrate, due delle quali con balconcino, ed altre tre quadre e poste più in basso; al terzo piano vi sono quattro finestre riquadrate, sette quadre e, più in basso, altre tre riquadrate. Al pianterreno il portale, riquadrato con timpano, è affiancato, al civico 14, da una porta di bottega e da finestre architravate ed inferriate su mensola.
Dopo la prima finestra, a sinistra del portale, si trova un’altra edicola sacra (nella foto 5) raffigurante una “Vergine con Bambino“: è un olio su tela rettangolare, inserito all’interno di un tempietto di forme classiche con due lesene a capitello ionico sormontate da un timpano: sia la Vergine sia il Bambino che tiene in braccio recano sulla testa la corona e l’aureola; alla base una semplice iscrizione, “Ave Maria”, ed un lumicino. Un ulteriore prospetto del palazzo si trova in via Monterone.
Al civico 71 si trova l’ingresso alla chiesa dei Ss.Benedetto e Scolastica (nella foto 6), dedicata ai due santi di Norcia e chiesa regionale dei Nursini (abitanti di Norcia). L’edificio che oggi accoglie sia la chiesa sia l’omonima Arciconfraternita dei Santi Benedetto e Scolastica, fondata agli inizi del XVII secolo, fu donato nel 1615 dal confratello Pier Matteo Lucarucci. Spogliata della maggior parte dei suoi averi dai francesi nel 1798 e durante la Repubblica Romana nel 1849, fu in seguito restaurata e riaperta al culto grazie ai pontefici Pio IX e Leone XIII. La facciata presenta un elegante portale incorniciato, preceduto da uno scalino e da una bassa inferriata, sormontato da un timpano spezzato al centro del quale è situato un tondo con la seguente scritta, posta su tre righe concentriche: “DIVIS BENEDICTO ET SCHOLASTICAE PATRONIS ORDO ET POPULUS NURSINUS” (ovvero “Ai Santi Benedetto e Scolastica patroni dell’Ordine e del popolo nursino”) ed al centro “A D MDCXIX“, ovvero “Nell’Anno del Signore 1619”. L’interno, a navata unica, presenta dipinti e decorazioni ottocentesche dei papi restauratori e la data dei lavori, 1878.
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