Palazzo Milesi, situato in Via della Maschera d’Oro 7, fu costruito, riunendo e sopraelevando due case che qui precedentemente sorgevano, per la famiglia Milesi, di origine dalmata ma stabilitasi nel XIII secolo a Bergamo. Intorno al 1480 la famiglia si trasferì a Roma e nei primi anni del Cinquecento Giovanni Antonio Milesi fece costruire questo edificio, sulla facciata del quale furono affrescate (come l’antistante Palazzo Gaddi Cesi) da Polidoro da Caravaggio e Maturino da Firenze varie scene mitologiche. Purtroppo gli affreschi, come risulta da alcuni documenti dell’epoca, risultavano già rovinati al tempo del Sacco di Roma nel 1527, nonostante il Vasari li definisse “opera che di bellezza e di copia non potria migliorare“. Nel 1576 al centro della facciata fu riprodotta da Cherubino Alberti una maschera dorata a graffito dipinto, sostenuta da un putto al centro di un festone, che poi dette il nome alla via sulla quale il palazzo sorge.
Nel 1615 Marzio Milesi, andando via da Roma, vendette il palazzo ai Baccani. L’edificio presenta al pianterreno una superficie bugnata leggermente accennata, al centro della quale si apre un portale architravato a bugne sul quale vi è la scritta “MILESIA” (nella foto 1); ai lati vi sono quattro botteghe ad arco in parte chiuse.
La decorazione del palazzo (nella foto 2) è oggi ben visibile grazie all’intervento di restauro avvenuto nel 2006 che ha restituito all’edificio la sua originaria bellezza ed al visitatore la possibilità di ammirarne la sua straordinaria particolarità. Al di sopra del portale vi è una fascia in cui è riprodotta la “Storia di Niobe”, opera di Polidoro in coloritura monocroma a grisaille; al primo piano, fra le cinque finestre, vi sono dipinti vari personaggi storici, tra cui “Catone Uticense”, mentre al di sopra corre un altro fregio con vasi, trofei, scene di mitologia, di storia greca e romana, come il “Ratto delle Sabine” e le “Leggi di Numa Pompilio”. Altre figure erano tra le finestre del secondo e del terzo piano, come pure nel cortile. Molti disegni delle scene mitologiche raffigurate sulla facciata sono conservati agli Uffizi ed al Gabinetto Nazionale delle Stampe: proprio grazie a questi disegni, insieme alla professionalità, all’intuito ed alla notevole preparazione dei tecnici che hanno curato il restauro, è stato possibile ricostruire l’intero apparato pittorico.
Anche l’edificio adiacente, ovvero Palazzo Lancellotti, coevo, situato al civico 9 (nella foto 3), presenta una facciata decorata non da affreschi ma da incisioni monocrome praticate sull’intonaco, realizzate da Jacopo Ripanda nel Cinquecento. Bello il portale bugnato, architravato ed incorniciato, ai lati del quale sono presenti due stelle, facenti parte dello stemma della famiglia Massimo Lancellotti, proprietaria di entrambi gli edifici sopracitati. Anche su questo edificio la decorazione è costituita da fregi che segnano i rispettivi piani e che recano le raffigurazioni di eroti ed elementi vegetali al primo piano, di eroti musici, figure femminili con recipienti ricolmi di frutta e cornucopie al secondo, di figure fantastiche tratte dal mondo marino al terzo e di draghi al quarto; fra le finestre sono raffigurati episodi tratti dalla vita di Roma. All’angolo di quest’ultimo palazzo con vicolo di S.Simeone è situata una colonna tortile (nella foto sotto il titolo) su base antica di granito, probabilmente postavi sia come ornamento sia per proteggere l’edificio dalle ruote dei carri.