Il Teatro Apollo (nella foto d’epoca 1), distrutto in seguito alla costruzione dei muraglioni del Tevere, sorse sulla celebre “Torre di Nona”, una torre quadrata, a tre piani e merlata, che apparteneva agli Orsini. Affacciava sul Tevere e già nel 1410 era adibita a prigione della Reverenda Camera Apostolica. Prima di essere adibita a carcere fu anche magazzino della “grascia”, ossia delle derrate che giungevano via fiume ed a questo scopo fu utilizzato un antico molo romano (scoperto dal Lanciani nel 1890) per i marmi che servivano ai monumenti del Campo Marzio: l’essere soggetta all’Annona papale le fece dare il nome con il quale fu conosciuta, “Tor di Nona”, ovvero dell’Annona. Come prigione fu tristemente celebre: c’era la cosiddetta cella “della vita”, dove fu rinchiuso anche Benvenuto Cellini, la cella “del fondo”, una specie di oscuro budello nel quale venivano gettati i rei di gravi delitti, la stanza della tortura, ove si estorcevano “confessioni” con ogni mezzo.
Nelle vecchie piante di Roma il luogo dell’orrida prigione era indicato da una torre con una corda penzolante, dalla quale pendevano, esposti agli sguardi di Roma, gli impiccati, muniti di cartello su cui si leggeva il loro nome, condizione e delitto. Nel 1655, con la costruzione delle Carceri Nuove, la torre cessò la sua funzione di carcere e rimase proprietà della Confraternita di S.Girolamo della Carità, che pensò di trasformarla, per scopi commerciali, in un teatro. La richiesta fu accolta nel 1669 da papa Clemente IX, anche grazie alla regina Cristina di Svezia. I lavori vennero affidati a Carlo Fontana ed il “Teatro Tordinona” (così si chiamò inizialmente), tutto in legno, iniziò ad operare nel 1670, con un grande della scena: il prode “Scaramuccia”, ovvero Tiberio Fiorilli. Poiché il teatro non era grande, si prolungò fin sull’argine del fiume e, così rinnovato, si inaugurò nel 1671 col dramma “Scipione l’Africano”. Nel 1695 fu rifatto interamente in muratura ma nel 1697 papa Innocenzo XII lo fece demolire fra le proteste unanimi e liti giudiziarie a non finire. Nel 1733 ne fu ordinata la ricostruzione da papa Clemente XII, a spese e naturalmente a profitto della Chiesa. Ma nel 1781 un furioso incendio lo distrusse completamente ed il disastro fu tale da ispirare drammi e tragedie. Avvenuta la ricostruzione, fu inaugurato nel marzo 1795 con il nuovo nome, appunto, di “Teatro Apollo”. Acquistato dai Torlonia, fu ricostruito nel 1829 dal Valadier. Nel 1839 passò all’impresario romano Vincenzo Jacovacci ed allora il teatro conobbe le opere più belle, i cantanti più bravi, le ballerine più acclamate. Giuseppe Verdi vi dette per la prima volta “Il Trovatore” nel 1853 ed il “Ballo in maschera” sei anni dopo. Passato nelle mani del Comune di Roma, dopo tanta gloria, il teatro fu demolito per la sistemazione degli argini del Tevere. Al suo posto, nel 1925, fu eretta la fontana (nella foto in alto sotto il titolo) a ricordo del teatro distrutto. L’acqua ricade da una valva di conchiglia in un sarcofago con incisioni verticali ed ornato con una figura che forse portava una lira. Dietro la vasca-sarcofago c’è una stele decorata con le classiche simbologie teatrali: mascheroni grotteschi, una lira e corone d’alloro. In un riquadro c’è un’epigrafe dove si leggono ridondanti frasi di Fausto Salvatori e si ricordano le celebri prime di opere di Verdi: “IL TEATRO APOLLO SULLE PIETRE DELL’ANTICA TORRE ORSINA A FASTI E GLORIE D’ARTE MUSICALE APRÌ LE DORATE SCENE E DOVE FOSCHEGGIÒ TORRE DI NONA LIBERA SI DIFFUSE LA MELODIA D’ITALA DEL TROVATORE IL XIX GENNAIO MDCCCLIII DI UN BALLO IN MASCHERA IL XVII FEBBRAIO MDCCCLIX QUI DOVE SUL TEATRO DEMOLITO PASSA L’ANTICA STRADA ROMANA IL GENIO DI GIUSEPPE VERDI AFFIDA L’ETERNA MELODIA CANORA ALL’ARIA AL SOLE AL CUORE UMANO – A RICORDANZA DELLA TORRE DEL TEATRO DEL GENIO CREATORE IL COMUNE DI ROMA POSE ANNO DOMINI MCMXXV“.