L’Arciconfraternita dei Pellegrini e Convalescenti della Ss.Trinità, fondata nel 1548 da S.Filippo Neri a favore dei poveri e dei malati, ebbe in dono da Papa Paolo IV, nel 1558, gli edifici dell’antica parrocchia trecentesca di S.Benedetto de Arenula, nota anche come “degli Scozzesi”. Nel 1559 la Confraternita acquistò nei dintorni della chiesa una casa da adibire ad ospedale e ospizio, ottenendo così un complesso dotato di dormitori e refettori di notevole capacità: in questa occasione la chiesa mutò nome e fu denominata Ss.Trinità dei Pellegrini (nella foto sopra). Alla fine del Cinquecento venne decisa la ricostruzione per lo stato di decadenza in cui la chiesa versava: i lavori furono affidati a Martino Longhi il Vecchio al quale, dopo la sua morte avvenuta nel 1591, subentrò Giovanni Paolo Maggi che portò a compimento l’opera nel 1616. La facciata fu commissionata da S.Giovanni Battista de’ Rossi e realizzata nel 1723 dall’architetto Giuseppe Sardi su disegno di Francesco De Sanctis.
Ad aprile 2024, grazie alla Soprintendenza Speciale di Roma, la chiesa è stata riportata al suo originale splendore al termine di un accurato restauro che non solo ha rimosso uno strato di intonaco marrone-ocra che era stato aggiunto all’edificio tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, ma ha donato alla chiesa una nuova e speciale illuminazione realizzata dall’architetto Egidio Ferrara.
La facciata in travertino (nella foto 1), preceduta da una breve scalinata, è separata in due ordini orizzontali da un architrave con la scritta commemorativa: IOES DE RUBEIS PEDEMONTANUS IN SS.TRINITATIS HONOREM F. F. A. MDCCXXIII, ovvero “Giovanni (Battista) de Rossi pedemontano (sinonimo di piemontese in quanto nativo di Voltaggio, in provincia di Alessandria) fece in onore della Ss.Trinità nell’anno 1723”.
La facciata è ornata da dodici colonne, sei nell’ordine inferiore e sei in quello superiore, con alta base e capitello composito: le otto colonne centrali inquadrano le nicchie con le statue dei Quattro Evangelisti, opera di Bernardino Ludovisi: in alto a sinistra S.Giovanni con l’aquila, in alto a destra S.Matteo con l’angelo, in basso a sinistra S.Luca con il bue ed in basso a destra S.Marco con il leone. L’ordine inferiore presenta il portale sormontato da una lunetta con testa di cherubino, mentre il secondo ordine presenta un finestrone sormontato da un archivolto anch’esso contenente una testa di cherubino ad altorilievo. Il timpano, infine, presenta al centro il simbolo trinitario circondato da una raggiera e putti in stucco.
La cupola (nella foto 2), molto semplice, presenta un tamburo dal quale si eleva la calotta, rivestita in piombo e divisa in otto spicchi da costoloni. Molto graziosa la lanterna, coperta da un cupolino cuspidato, sormontato dalla sfera e dalla croce.
La decorazione interna (nella foto 3) fu eseguita in tempi diversi. Verso la metà del Seicento, Giovanni Battista Ricci affrescò i pennacchi, nei quali si trovano i Quattro Evangelisti; all’Ottocento appartiene invece la decorazione della cupola. Alla base della lanterna, con al centro l’Eterno Padre, un affresco attribuito a Guido Reni, corre un’iscrizione: ARCHICONFRATERNITAS SANCTISSIMAE TRINITATIS AN(NO) SALUTIS MDCXII, ovvero “Arciconfraternita della Santissima Trinità nell’anno di Salvezza 1612”. Da qui partono dei finti cassettoni, resi a monocromo con lumeggiature dorate, che si allargano verso il basso: tra i cassettoni, che includono fiori ed arabeschi, sono inseriti quattro riquadri che contengono figure di angeli.
L’interno della chiesa (nella foto 4), a croce latina, presenta una navata unica e tre cappelle per lato. Il presbiterio è rialzato di alcuni gradini e delimitato da una balaustra del XVII secolo presso la quale si trovano due grandi torcieri in bronzo sbalzato e cesellato offerti dal popolo romano nel 1616, opera di Orazio Censore.
L’altare maggiore, affiancato da quattro colonne di marmo africano e realizzato nel 1616 da Domenico Pozzi, custodisce la grande e meravigliosa pala d’altare che raffigura la Trinità (nella foto 5), commissionata nel 1625 dal cardinale Ludovico Ludovisi, nipote di Gregorio XV, e realizzata da Guido Reni. L’opera raffigura sette personaggi principali: Cristo sulla croce, Dio Padre e la colomba sull’asse verticale e due coppie di angeli, una sul livello inferiore (che venerano Cristo) e una sul livello intermedio (che sorreggono la croce). Attorno a Dio, raffigurato con le mani aperte e distese in fuori, si sviluppa una schiera di angeli.
Nel transetto sinistro si trova la Cappella dedicata alla Madonna Ausiliatrice, a S.Giuseppe e S.Benedetto da Norcia (nella foto 6) dove è collocata, presso l’altare, la pala con S.Giuseppe e S.Benedetto da Norcia, olio su tela di Giovanni Battista Ricci: l’opera inquadra la piccola ed antica immagine miracolosa della Madonna Auxilium Christianorum che si trovava su una parete esterna di Palazzo Capranica ed alla quale sono attribuiti poteri miracolosi.
Nel transetto destro si trova la Cappella dedicata a S.Matteo (nella foto 7), dove è collocato, presso l’altare, il gruppo scultoreo raffigurante S.Matteo e l’angelo, realizzato in marmo da Jacob Cornelisz Cobaert e Pompeo Ferrucci.
Lungo la navata sinistra si aprono tre cappelle: la prima è dedicata a S.Carlo Borromeo (nella foto 8) e custodisce, presso l’altare, la pala con la Madonna e Gesù Bambino tra S.Carlo Borromeo, S.Domenico di Guzman, S.Antonio da Padova e S.Filippo Neri, olio su tela realizzato nel 1677 da Guillaume Courtois detto il Borgognone.
La seconda Cappella è dedicata a S.Agostino e S.Francesco d’Assisi (nella foto 9) e custodisce, presso l’altare, la pala con la Madonna e Gesù Bambino in trono tra S.Agostino e S.Francesco d’Assisi, olio su tela realizzato da Giuseppe Cesari, detto il Cavalier d’Arpino, all’inizio del XVII secolo.
La terza Cappella è dedicata a S.Gregorio Magno (nella foto 10) e custodisce, presso l’altare, S.Gregorio Magno che libera le anime del Purgatorio, olio su tela realizzato da Baldassarre Croce all’inizio del XVII secolo.
Lungo la navata destra si aprono le altre tre cappelle: la prima è dedicata al Santissimo Crocifisso (nella foto 11), nella quale si conserva un Gesù Cristo crocifisso del XVIII secolo in legno intagliato policromo, di ambito romano.
La seconda Cappella è dedicata a S.Filippo Neri (nella foto 12) e custodisce, presso l’altare, la pala con la Visione di S.Filippo Neri, olio su tela realizzato nel 1853 da Filippo Bigioli.
La terza cappella, originariamente dedicata alla Madonna Annunziata e poi a S.Giovanni Battista de Rossi (nella foto 13), custodisce, presso l’altare, S.Giovanni Battista de Rossi in gloria, olio su tela realizzato nel 1850 da Antonio Bianchini.
Il 23 marzo 2008 Papa Benedetto XVI, accogliendo la proposta del cardinale vicario Camillo Ruini, ha eretto a parrocchia la chiesa della Ss.Trinità dei Pellegrini, affidandola alla Fraternità Sacerdotale di San Pietro.
In questa chiesa operò anche S.Filippo Neri, o, come lo chiamavano i ragazzi del rione, “Pippo bbono”, il santo che parlava toscano ma che oramai era diventato romano e che non faceva che ripetere a tutti: “Siate buoni se potete!”. Il primo asilo della Compagnia di S.Filippo, fondata per aiutare i pellegrini che affluivano a Roma affinché non dormissero all’aperto, fu la chiesa di S.Salvatore in Campo e successivamente la vicina chiesa della Ss.Trinità dei Pellegrini. La pia istituzione del laico fiorentino, ottenuto il favore di Giulio III Del Monte e dei suoi successori, nonché di buone dame romane, assurse ben presto a grandiosa importanza. L’impegno di Filippo e dei suoi seguaci, che frequentavano le zone più povere, gli ospedali, le carceri, portando ovunque la carità cristiana, indussero Gregorio XIII nel 1575 ad erigere la canonica della Congregazione dei Preti dell’Oratorio, detti poi Filippini, assegnandole la chiesa di S.Maria in Vallicella.
La chiesa della Ss.Trinità dei Pellegrini ebbe un grande ospizio annesso (nella foto 14), costruito nel 1625 per consentire l’assistenza ai pellegrini durante il Giubileo di quell’anno. Nel refettorio avveniva la “lavanda dei piedi” dei pellegrini da parte di nobili e cardinali. La facciata presenta due piani con due finestre a riquadratura semplice ed un portale fiancheggiato da due finestre architravate ed inferriate con davanzali e mensoloni sottostanti e due cassette per elemosine laterali. Al centro della facciata, tra il primo ed il secondo piano, è presente l’iscrizione “OSPIZIO DEI CONVALESCENTI E PELLEGRINI”, mentre un’altra iscrizione, posta sopra la finestra situata alla sinistra del portale, ricorda che “IN QUESTO OSPIZIO GOFFREDO MAMELI POETA E MOLTI ALTRI VALOROSI MORIRONO DI FERITE A DIFESA DI ROMA PER LA LIBERTÀ D’ITALIA NELL’ANNO MDCCCXLIX” (1849), perché durante gli scontri avvenuti a difesa della Repubblica Romana l’ospizio era stato trasformato in ospedale militare. L’edificio attuale è quanto resta del vasto complesso che si estendeva tra la piazza e Via dei Pettinari: in gran parte demolito nel 1940, oggi il palazzo ospita alcuni locali utilizzati per scopi civili. L’edificio non è stato sottoposto a restauro e pertanto ci consente di vedere ancora il colore dell’intonaco marrone-ocra che la chiesa aveva prima del restauro.