Via dei Balestrari (nella foto sopra) prende il nome dai fabbricanti e venditori di balestre, costituenti la “felix societas” dei Balestrari e Pavesati (dal “pavese”, targone medioevale da torneo più che da guerra, ma usato anche in battaglia dalle milizie di Pavia, donde il nome). La “via Balistariorum” era citata già nel XV secolo e fu strada di grande importanza perché importante fu l’industria delle balestre. Cessato l’uso delle balestre, nella via presero stanza gli archibugieri ma la via non cambiò nome: apparentemente non sembra esserci un collegamento tra le due corporazioni dei balestrari e degli archibugieri, invece il termine “moschetto”, utilizzato inizialmente per indicare il corto archibugio, deriva proprio dalle “moschette”, ovvero le piccole frecce utilizzate per le balestre.
All’altezza del civico 2, proprio al di sopra della targa viaria, si trova una lapide (nella foto 1) scoperta nel 1863 durante alcuni lavori di restauro di un edificio situato in via del Pellegrino: “via Florea“, infatti, come indicato sull’iscrizione, è l’antico nome di via del Pellegrino. La lapide, in latino e datata 1483, è la più antica fra quelle stradali e rammenta la bonifica del luogo fatta da Sisto IV: “QUAE MODO PUTRIS ERAS ET OLENTI SORDIDA COENO PLENAQUE DEFORMI MARTIA TERRA SITU EXUIS HANC TURPEM XISTO SUB PRINCIPE FORMAM OMNIA SUNT NITIDIS CONSPICIENDA LOCIS DIGNA SALUTIFERO DEBENTUR PREMIA XISTO O QUANTUM EST SUMMO DEBITA ROMA DUCI – “VIA FLOREA” – BAPTISTA ARCHIONIUS ET LUDOVICUS MARGANIUS CURATORES VIAR(UM) ANNO SALUTIS MCCCCLXXXIII“, ovvero: “Terra di Marte, che poco fa eri fradicia e puzzolente di sudicio fango e piena di deforme incuria, sotto il principato di Sisto (IV) si libera di questo indegno aspetto ed ogni cosa appare ammirabile nell’elegante luogo. Degne lodi sono dovute a Sisto (IV), datore di salute. Quanto Roma è debitrice al sommo capo – “Via Florea” – Battista Arcioni e Ludovico Margani Curatori delle Strade nell’Anno di Salvezza 1483″.
Al civico 42-43 è situata una casa settecentesca costruita per l’Arciconfraternita dell’Immacolata Concezione (che aveva sede presso la chiesa di S.Lorenzo in Damaso), come indica la targa (nella foto 2) sovrastante il portale d’ingresso.
Tra questo ed una porta di bottega si trova una bella edicola mariana del XIX secolo (nella foto 3), realizzata in stucco, a forma di medaglione sorretto da un fiocco, ricco di motivi ornamentali in rilievo, fra i quali si notano in particolare le stelle a otto punte. All’interno, dipinta su tela, vi è raffigurata la Madonna che contempla il Figlio con sguardo amoroso, mentre lo copre con il suo manto bianco. L’edicola fu restaurata nel 1975. Sopra il pianterreno la facciata sviluppa su tre piani segnati con fasce marcapiano, dove aprono tre finestre incorniciate.
Al civico 15 di Via dei Balestrari si trova Palazzetto Giangiacomo (nella foto 4), un edificio settecentesco originariamente proprietà del Collegio dei Beneficiati di S.Lorenzo in Damaso, poi acquistato dai fratelli Pietro e Filippo Giangiacomo, della famiglia discendente dai marchesi di Monferrato. L’edificio prospetta sulla via con quattro piani di sei finestre a cornice semplice ed apre al pianterreno con un portale architravato, fiancheggiato da porte di rimessa ad arco ribassato. Sul cantonale un grande stemma in travertino con i simboli della basilica di S.Lorenzo in Damaso. Sull’edificio situato tra i civici 29-33 si trovano due immagini a forma di medaglione ovale della “Madonna della Quercia” che si staglia tra i rami frondosi dell’albero, a ricordo della pianta che ombreggia il ridotto ma delizioso spazio della limitrofa piazza della Quercia: il palazzetto, proprietà della Confraternita dei Macellai, ospita altri medaglioni con la medesima immagine della “Madonna della Quercia” sulla facciate che prospettano su piazza della Quercia e sul vicolo del Giglio.