Via di S.Girolamo della Carità collega piazza di S.Caterina della Rota a via Giulia e prende il nome dalla chiesa omonima che presenta l’ingresso principale su via di Monserrato ed il fianco laterale sulla piazza di S.Caterina della Rota. Al civico 63 (nella foto in alto sotto il titolo) vi è l’ingresso al palazzo dell’Ospizio di S.Girolamo della Carità, la struttura originaria del quale risale alla metà del Quattrocento, quando fu costruito un ospizio tenuto dai padri minori Conventuali, a fianco del quale, nel 1490, fu eretta la chiesa di S.Girolamo della Carità, creando un complesso unico che fu affidato nel 1524 all’Arciconfraternita della Carità. E nell’ospizio visse S.Filippo Neri dal 1551 al 1583, trasformandolo in un “cenacolo”. Nel 1632 il cardinale Francesco Barberini, protettore dell’Arciconfraternita, incaricò l’architetto Francesco Peparelli di ristrutturare l’ospizio, che restò in funzione fino al 1840, quando l’edificio fu riadattato a sede conventuale collegata alla chiesa. L’edificio sviluppa su due piani ed un ammezzato con finestre a cornice semplice ed apre al pianterreno con un portale architravato (nella foto sotto il titolo) sovrastato da un bassorilievo ed affiancato da finestre inferriate tra le quali apre un portale ad arco.
Al civico 80 di Via di S.Girolamo della Carità (nella foto 1) vi è l’ingresso del palazzo del Convento di S.Caterina della Rota, risalente al Seicento ma ristrutturato nel Settecento insieme alla chiesa, alla quale ancora oggi è collegato. Nel 1932 l’Arciconfraternita dei Palafrenieri ottenne dalla Santa Sede la chiesa di S.Caterina della Rota ed in questa occasione restaurò tutto il complesso e s’insediò in una parte del palazzo conventuale.
L’edificio, di forme semplici e severe, sviluppa su tre piani di sette finestre a cornice semplice, sul lato di questa via, e di tre finestre sul lato della piazza di S.Caterina della Rota: notare, proprio all’angolo della via con questa piazza, lo stemma della Santa Sede (nella foto 2), costituito da una piccola tiara nella parte superiore e da due chiavi (seppure non decussate, cioè incrociate, ma affiancate) sorrette da un cordone.