Il Circo Massimo, il più grande edificio di spettacolo di tutti i tempi, fu il risultato di una serie di lavori che si prolungarono lungo diversi secoli. La prima installazione sarebbe stata opera del primo re etrusco di Roma, Tarquinio Prisco (616-579 a.C.), nel luogo dove, secondo la tradizione, sarebbe avvenuto il Ratto delle Sabine durante una gara di corse di carri. Per alcuni secoli la struttura rimase piuttosto semplice ed interamente in legno, finché nel 329 a.C. furono costruiti, sul lato corto settentrionale, i “carceres“, ovvero le gabbie di partenza per i carri.
Forse negli stessi anni fu costruita la “spina”, ovvero il muro attorno al quale correvano e giravano le quadrighe, oggi riconoscibile nella lunga aiuola mediana (nella foto 1 evidenziata dal cipresso). Al centro del lato curvo meridionale si apriva una porta, sostituita con un arco trionfale da Stertinio nel 196 a.C. Nel 174 a.C. furono poste, sulla “spina”, le sette uova (blocchi tondi di pietra) che servivano a contare i giri compiuti dalle quadrighe. Alle uova furono aggiunti, da Agrippa nel 33 a.C., sette delfini di bronzo, che avevano la stessa funzione. Sotto Augusto fu anche costruito, sul lato rivolto verso il Palatino, il “pulvinar”, il quale, piuttosto che un palco dell’imperatore, doveva essere una zona sacra riservata agli dei che presiedevano allo spettacolo. Nel 10 a.C. fu posto, sulla spina, l’obelisco di Ramsete II (poi trasportato, nel 1587, in piazza del Popolo). Nel 357, ad opera di Costanzo II, fu aggiunto un secondo obelisco, quello di Thutmosis III (collocato, sempre nel 1587, in piazza S. Giovanni in Laterano). Per una serie di incendi, nel 36, nel 64 e sotto Domiziano (81-96), il circo fu dapprima ricostruito finché venne ampliato da Traiano all’inizio del II secolo: arrivò a misurare oltre 600 metri di lunghezza per 140 di larghezza, con una pista che occupava oltre 45.000 metri quadrati ed una capienza di 250.000 spettatori.
Tutto quanto resta oggi di visibile dell’edificio sono il tratto della cavea, in laterizio, nella parte curva sotto il Palatino, e, accanto alla “Torre della Moletta”, i fornici, le scale per i piani superiori e le sostruzioni delle gradinate in laterizi (nella foto 2), databili all’età traianea. Per il resto l’impianto è suggerito dai rilievi erbosi e dal piano di ghiaia (notevolmente al di sopra di quello originale) sul quale la lunga aiuola centrale ripercorre la posizione della spina (nell’immagine 3 una magnifica ricostruzione del Circo ad opera dell’archeologo ed architetto francese Jean-Claude Golvin).
Vari altri restauri sono segnalati fino al IV secolo d.C. Il Circo era utilizzato prevalentemente per le corse dei carri, specialmente quadrighe, le più importanti delle quali avevano luogo nei “Ludi romani” o “magni“, dal 4 al 18 settembre. L’importanza delle corse crebbe continuamente fino a toccare la punta massima nel IV secolo d.C., quando le quattro “factiones” (squadre) degli aurighi (Albata, Russata, Prasina e Veneta) finirono per assumere il carattere di veri e propri partiti. La zona fu chiamata “in circulo” e quindi “ai Cerchi“; qui si ebbero le ultime esecuzioni capitali del governo pontificio, tal Lucatelli nel 1861 e Monti e Tognetti, gli ultimi, nel 1868, autori del fallito attentato alla caserma Serristori degli Zuavi pontifici. L’area fu destinata a zona di mercato, poi sistemato a viale Manzoni, mentre nei capannoni trovarono alloggio, come dormitorio pubblico, i barboni dell’epoca. Sul lato curvo sorge la piccola “Torre dell’Arco” che, già dall’anno 1145, risulta di proprietà dei Frangipane.
La torre (nella foto 4) è nota anche come “Torre del Molino” o “della Moletta”, perché si ergeva a difesa di un mulino che sfruttava un corso d’acqua, ora scomparso, che qui transitava e che era denominato la Marrana. I mulini furono abbattuti nel 1943 insieme ad alcune casette medioevali ed alcuni alloggi dei barboni, quando si pensò di ripristinare il Circo, ma si era in guerra ed il progetto venne sospeso: forse è proprio grazie a questo rinvio che la torre è arrivata fino a noi. La torre si presenta con una bella merlatura ghibellina, chiusa sul lato meridionale e con il piano superiore aggettante su beccatelli; l’intonaco, nel punto in cui è distaccato, lascia intravedere una bella trama in tufelli e mattoni. La torre è inoltre legata alle memorie di S.Francesco, poiché qui vi dimorava Jacopa de’ Normanni, seguace ed amica del grande santo e con lui sepolta ad Assisi.
Nella sezione Roma nell’Arte vedi:
Circo Massimo di E.Du Pérac