Febbre da Cavallo

febbre da cavallo

Regia: Steno
Anno di Produzione: 1976
Sceneggiatura: Alfredo Giannetti, Steno, Enrico Vanzina
Produzione: Roberto Infascelli
Musiche: Franco Bixio, Fabio Frizzi, Vince Tempera
Costumi e Scenografia: Bruna Parmesan, Franco Bottari
Interpreti:
Gigi Proietti: Bruno Fioretti (Mandrake)
Enrico Montesano: Armando Pellicci (er Pomata)
Catherine Spaak: Gabriella
Mario Carotenuto: avvocato De Marchis
Francesco De Rosa: Felice Roversi
Gigi Ballista: conte Dallara
Nikki Gentile: Mafalda
Adolfo Celi: giudice
Ennio Antonelli: Otello Rinaldi (Manzotin)
Marina Confalone: Giuliana Pellicci
Nerina Montagnani: nonna di Armando
Renzo Ozzano: Jean-Louis Rossini
Giancarlo Gregorini: Spartaco (er Ventresca)

Trama: Febbre da Cavallo nasce dalla testimonianza che Mandrake (Gigi Proietti) rende in tribunale (inizialmente riscontrabile dalla voce fuori campo) raccontando come si siano svolti i fatti che a suo parere lo vedono “vittima” nel processo a suo carico. “Febbre da Cavallo” è un film del 1976 diretto da Steno (Stefano Vanzina) e narra le disavventure di tre amici con il vizio delle scommesse ippiche. Mandrake (Gigi Proietti) è un indossatore squattrinato, “Er Pomata” (Enrico Montesano) è un disoccupato e truffatore e per questo sempre rincorso dai creditori (in particolare da “Er Ventresca”), mentre Felice è un posteggiatore abusivo. Sempre alla disperata ricerca di denaro che consenta loro di scommettere, a Tor di Valle, come in altri ippodromi fuori Roma, i tre amici danno libero sfogo alla loro fantasia con truffe di ogni genere (o “mandrakate”, come amano definirle): dal falso vigile che multa un incolpevole automobilista al disperato nipote che, morta la nonna, restituisce in farmacia le medicine, ormai inutili, trafugate in ospedale da un complice-infermiere, ma più spesso ai danni di Manzotin, ovvero Otello Rinaldi, così soprannominato in quanto macellaio e nemico dei tre protagonisti. Gabriella (Catherine Spaak), fidanzata di Mandrake, stanca delle continue perdite al gioco del compagno, si rivolge ad una cartomante, che estrae dal mazzo di carte tre cavalli e poi un asso di spade, un re ed un fante. Gabriella chiede a Mandrake di collegare le tre carte ad altrettanti cavalli e lui li associa a tre cavalli realmente esistenti: Soldatino, King e D’Artagnan. Questi cavalli, oltre ad essere dei veri e propri brocchi, casualmente corrono tutti e tre nella tris di Cesena. Gabriella, nonostante sia contraria alle scommesse, consegna a Mandrake 30.000 lire per giocarle, ma lui, consigliato da Pomata, le gioca sul super-favorito “Antonello Da Messina”. La tris naturalmente esce e Mandrake, disperato per aver perso 20.000.000 di lire e per non sapere come affrontare Gabriella, si unisce ai creditori che aspettano er Pomata davanti al portone di casa. Intanto Soldatino, il cavallo di proprietà dell’avvocato De Marchis, che non aveva mai vinto prima una corsa, inizia a fare tempi strepitosi e così l’avvocato decide di iscriverlo al Gran Premio degli Assi. Il Conte Dallara, nemico acerrimo dell’avvocato, nonché proprietario di una vera scuderia, è impaurito dai tempi di Soldatino e, dato che vuole vincere il Gran Premio, chiama dalla Francia l’invincibile fantino Jean Luis Rossinì affinché conduca alla vittoria la sua cavalla Bernadette. L’avvocato De Marchis, a questa notizia, è talmente disperato che vuole suicidarsi ma poi, convinto dai tre amici, ci ripensa e tutti insieme si recano in un ristorante. Qui si accorgono che Rossinì è talmente somigliante a Mandrake che progettano di sostituirlo con il fantino italo-francese al fine di far perdere Bernadette, consegnando così la vittoria a Soldatino ed intascando il premio finale di 60.000.000 di lire. Mandrake, inizialmente contrario, decide di accettare quando si rende conto che Gabriella aveva già firmato cambiali per 15 dei 20 milioni che avrebbe vinto con la tris per ristrutturare il bar di cui è proprietaria. Rossinì viene prelevato da Pomata all’aeroporto ed isolato in una casa di campagna, mentre Mandrake, travestito, prende il suo posto. Il fantino di Soldatino intanto, abbandona l’avvocato De Marchis perché da tempo non percepisce la paga e così Pomata diventa il fantino di Soldatino nel Gran Premio. Durante la gara, però, Mandrake rovina tutto il piano: si fa prendere dall’impeto della competizione e conduce alla vittoria Bernadette, suscitando l’inevitabile ira dei compagni. Svelato l’imbroglio, i quattro finiscono in tribunale, ma quando la condanna sembra ormai scontata, si scopre che anche il giudice (Adolfo Celi) è uno scommettitore incallito e così finiscono per essere tutti quanti assolti. Gabriella (che segretamente aveva comunque giocato la Tris vincente, realizzando così la vincita) riesce finalmente a farsi sposare da Mandrake e tutto sembra tornare come prima, con la novità che anche il giudice entra a far parte del gruppo di scommettitori.

Quando uscì nelle sale cinematografiche Febbre da Cavallo passò quasi del tutto inosservato e probabilmente era destinato ad essere uno dei tanti “film all’italiana” e, come tale, ad essere ben presto dimenticato. Con il passare del tempo, grazie ai ripetuti passaggi televisivi, alla forza dirompente dei personaggi, della trama, del linguaggio e delle battute dei due protagonisti, Febbre da Cavallo divenne un cult della commedia all’italiana, che da “filmetto accolto con freddezza”, come affermò lo stesso Proietti, arrivò ad essere presentato nel 2010 alla 67ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.

Febbre da Cavallo inizia all’interno dell’Ippodromo di Tor di Valle.

La scena che vede Mandrake, Er Pomata e Felice rimanere senza benzina e senza soldi dopo essersi giocati tutto all’ippodromo e Manzotin (Ennio Antonelli) sfotterli sventolando 300.000 lire appena vinte, si svolge nei pressi dell’ippodromo, sulla via del Mare, come si può dedurre dal cavalcavia pedonale presente nell’inquadratura. Qui Pomata sciorina una delle sue frasi divenute celebri, rivolta proprio a Manzotin: “Tu pôi solo scommette che tu moje te mette le corna che vinci de sicuro!

scena a via del mare di febbre da cavallo
Via del Mare

La “sede operativa” dei tre “cavallari” è il bar gestito da Gabriella, corrispondente al Gran Caffè Roma, in piazza d’Aracoeli, locale tuttora esistente ma profondamente rimaneggiato: nell’immagine sottostante vediamo i tre amici intenti a leggere il giornale “Cavallo”, dinanzi al bar nella via della Tribuna di Tor de’ Specchi, dove possiamo anche notare il sottopassaggio che immette nel vicolo Margana. Qui i tre amici progettano giocate imperdibili e discutono di cavalli imbattibili, tanto che Pomata è convinto che “A rega’, parlamo come un cavallo stampato. Ma poi io che leggo a fa’, che leggo a fa’, c’ho tutto qui nella capoccia, so’ un computer equino, a me me dovrebbero da’ ‘na laurea in scienze del cavallo”.

scena a via della tribuna degli specchi a febbre da cavallo
Via della Tribuna di Tor de’ Specchi
scena al gran caffé roma a febbre da cavallo
Gran Caffé Roma

Sempre in questa piazza, proprio dinanzi alla fontana, abitano Gabriella e Mandrake, come possiamo vedere nella foto, con Mandrake che si affretta ad entrare nel portone per rincorrere Gabriella.

scena a piazza d'aracoeli a febbre da cavallo
Piazza d’Aracoeli

Il portone della casa der Pomata, invece, si trova nella vicina piazza Margana, al civico 24, ancora oggi perfettamente uguale: si tratta, in particolare, di palazzetto Velli Cardelli. Qui sta sempre appostato “er Ventresca” in attesa che Pomata rientri a casa per chiedere “gentilmente” la restituzione della somma di denaro o per “gonfiarlo de botte”, magari “smontandolo come ‘na radiolina”, come teme “er Pomata”.

scena a piazza margana a febbre da cavallo
Palazzetto Velli Cardelli a piazza Margana

La scena famosa del vigile, quello del “È un whisky maschio senza raschio!“, è girata di fronte alla chiesa di S.Rocco. Non è difficile riconoscere celebri elementi architettonici presenti nelle inquadrature: sullo sfondo si può notare la piazza del Porto di Ripetta, mentre quasi dinanzi a loro si intravvede l’Ara Pacis.

scena a largo s.rocco a febbre da cavallo
Largo S.Rocco

La scena seguente della multa, invece, è girata nell’adiacente piazza Augusto Imperatore. Mandrake deve forzatamente multare l’automobilista per ottenere il denaro necessario ad effettuare la giocata all’ippodromo per cui dice all’innocente autista: “Lei è in contravvenzione perché venendo dalla 4° zona centro e invertendo la marcia a U nel settore preferenziale BZA adibito a traffico locale, si incanalava nel 5° settore P esclusivo per i giorni dispari, e convergeva in una zona mercato… tassativamente vietata al traffico, soprattutto dopo le severissime disposizioni pedonali, e contravveniva a più riprese agli articoli: 1, 2, 13, 35, 26, 1959, 54 e 11 del codice della strada! Sono 47.500 lire…, me pare!

scena a piazza augusto imperatore a febbre da cavallo
Piazza Augusto Imperatore

L’ospedale dove “er Pomata” ricetta i medicinali rubati da un infermiere (Luciano Bonanni) è il Fatebenefratelli sull’isola Tiberina, in particolare dinanzi all’ingresso del Pronto Soccorso: nella foto a lato possiamo riconoscere anche ponte Garibaldi alle spalle. Qui Pomata viene a conoscenza della giocata che Gabriella ha commissionato a Mandrake e così reagisce: “Na stronzata così nun s’era mai sentita da quanno l’omo inventò er cavallo!”.

scena sull'isola tiberina a febbre da cavallo
Ospedale Fatebenefratelli sull’Isola Tiberina

Anche la farmacia dove “er Pomata” rivende le medicine è sull’Isola Tiberina, tuttora esistente ed affatto cambiata rispetto all’epoca del film.

scena alla farmacia dell'isola tiberina a febbre da cavallo
Farmacia sull’Isola Tiberina

L’ambientazione dove Mandrake, Pomata e Felice discutono sulla riva del fiume finché entra in scena l’avvocato De Marchis (Mario Carotenuto) che vuole gettarsi in acqua è fin troppo facile da riconoscere: si tratta dello storico ponte Milvio, subito sotto via Capoprati.

scena a ponte milvio a febbre da cavallo
Ponte Milvio
 

Febbre da Cavallo si chiude con Mandrake che abbandona temporaneamente Gabriella sul treno per andare a giocare con i suoi amici, ai quali stavolta si è aggiunto anche il giudice (Adolfo Celi): l’insegna indica che è la stazione di Cesena, ma in realtà è la Stazione S.Pietro, a quel tempo ancora abbastanza modesta, oggi irriconoscibile a seguito dei notevoli cambiamenti ed ampliamenti.

scena alla stazione s.pietro a febbre da cavallo
Stazione S.Pietro