Per raggiungere l’Abbazia delle Tre Fontane si deve percorrere via delle Acque Salvie (dal nome del luogo che fino a pochi secoli fa era così denominato, probabilmente per la presenza di alcune sorgenti), una strada che ricalca l’antico tracciato della “Via Laurentina” e dalla quale invece oggi si diparte. Immediatamente si ha la netta sensazione di un’immersione nel passato, un ritorno all’età medioevale, tanto è il fascino ed il mistero che questo luogo riesce a trasmettere. Al termine della via si giunge in uno spiazzo in cui si erge l’ingresso al complesso monastico dell’Abbazia delle Tre Fontane costituito da una serie di tre archi, il centrale dei quali in marmo. La struttura fu edificata al tempo di Onorio III (XIII secolo) e faceva parte di una cinta muraria con funzioni di difesa, come si deduce dalla presenza di cardini sui montanti dell’arco marmoreo con l’evidente scopo di sostenere una porta molto pesante. La costruzione è denominata “Arco di Carlo Magno” (nella foto sopra), perché un tempo le pareti interne erano affrescate con una decorazione, oggi quasi completamente scomparsa, che ricordava la donazione all’Abbazia delle Tre Fontane, avvenuta nell’805, di alcune proprietà in Maremma e nell’arcipelago toscano da parte di Leone III e Carlo Magno come ringraziamento per la miracolosa intercessione delle reliquie di S.Anastasio che contribuirono alla conquista di Ansedonia.
Oggi la struttura è decorata all’interno con alcuni affreschi dei “Quattro Evangelisti” e dei loro simboli e, sopra l’arco esterno, con un bassorilievo riproducente la “Madonna ed il Bambino” (nella foto 1). Superato l’ingresso notiamo la disposizione del complesso abbaziale: dinanzi la chiesa dei Ss.Vincenzo e Anastasio, fondata da Onorio I nel 625, mentre sulla sinistra vi sono gli edifici che racchiudono il chiostro ed il monastero, non visitabili perché luoghi di clausura; sulla destra la chiesa di S.Maria Scala Coeli del XII secolo e da qui, dopo un breve ed ombroso vialetto, la chiesa più antica, S.Paolo alle Tre Fontane, costruita dai cristiani nel V secolo sul luogo dove l’apostolo Paolo fu martirizzato e poi decapitato nel 67 d.C. Il primo insediamento nel monastero risale dunque al VII secolo con una comunità di monaci greci, per ospitare i quali Onorio I fece costruire un monastero accanto alla chiesa. Lo stato di abbandono del monastero costrinse, nell’XI secolo, papa Gregorio VII ad affidarne la gestione ai monaci benedettini dell’Abbazia di Cluny, ma le condizioni, nonostante i lavori di restauro, non migliorarono di molto, anche a causa della malaria che infestava la zona. Nel 1140 la decisione di Innocenzo II di affidarlo ai monaci cistercensi di S.Bernardo di Chiaravalle risultò determinante: la ricostruzione, durata fino al 1221, secondo le norme rigorose dell’Ordine, restituì un’Abbazia talmente bella e possente che la struttura che oggi possiamo ammirare risulta più o meno inalterata da allora. Lo stato di degrado riprese soltanto all’inizio dell’Ottocento, quando, a causa delle disposizioni napoleoniche che prevedevano la confisca dei beni religiosi, i monaci cistercensi furono costretti ad abbandonare il monastero. Nel 1868 papa Pio IX affidò l’Abbazia ad una compagnia di frati Trappisti, i quali, dopo aver bonificato la zona dalla malaria, vi piantarono una gran quantità di eucalipti, allora ritenuti una barriera al diffondersi della malaria, costituendo così un celebre e salubre bosco, mèta delle scampagnate dei romani che qui venivano a godere sia della pace e della bellezza del luogo, sia delle rinomate specialità dei frati come il cioccolato ed il liquore ricavato dalle foglie di eucalipto. Un’antica tradizione dei romani era quella di recarsi di buon mattino presso i frati Trappisti per gustarsi una rosetta (pane tipico di Roma) riempita di una buona dose di cioccolato caldo. Nel 1936 gran parte del territorio dell’Abbazia fu espropriato per la realizzazione dell’Esposizione Universale di Roma, denominata E42 perché, su decisione di Mussolini, venne fissata per il 1942, ventennale della marcia su Roma. La guerra bloccò il progetto e le costruzioni, che ripresero soltanto nel 1951, dando vita ad un nuovo quartiere chiamato EUR (dalla sigla dell’Esposizione Universale di Roma) che divenne sede di uffici, musei nonché zona residenziale.
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